NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Liberi o mossi dal destino?

La risposta ai singoli spettatori che hanno potuto partecipare all'Edipo dei Mille, lo spettacolo portato su diverse scene della città dalla compagnia teatro del Lemming

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Liberi o mossi dal destino?

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

La compagnia Teatro del Lemming è stata grande protagonista a Vicenza la scorsa settimana con un progetto che riprende uno dei lavori più celebri del teatro di ricerca italiano, firmato da Massimo Munaro, direttore della compagnia: “L’Edipo dei Mille-parte III”. Andato in scena in varie location della città per 10 giorni, lo spettacolo prevede la partecipazione di un solo spettatore a replica che viene bendato e che vive l’esperienza in totale interattività con gli artisti. Il Teatro del Lemming tornerà in scena a Vicenza prossimamente all’Olimpico con uno spettacolo sul mito di Amore e Psiche, per due spettatori, un uomo e una donna, e al TCVI a dicembre per la rassegna “luoghi del contemporaneo-prosa” con “Romeo e Giulietta”. Info http://www.teatrodellemming.it/vicenza/ab23

 

Questo spettacolo hai cominciato a concepirlo alla fine degli anni ’90.

Liberi o mossi dal destino? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Massimo Munaro: “Sì, l’“Edipo- tragedia dei sensi per uno spettatore” nasce nel ’97, per me rappresenta il grado zero perché un solo spettatore è il grado minimo dell’esperienza teatrale. È una sorta di manifesto della nostra poetica ed è sempre rimasto in repertorio anche perché ha una valenza pedagogica per l’attore e per lo spettatore, è un’esperienza a suo modo radicale, una sorta di ribaltamento delle abitudini. Nel 2011, nel 150°anniversario del’Unità d’Italia, interrogandomi su come era possibile passare questa esperienza, ho immaginato un progetto pedagogico spettacolare che ampliasse l’esperienza dell’Edipo. Ho preparato degli allievi come ho fatto qui a Vicenza, divisi in più gruppi che in contemporanea realizzano Edipo in 10 giorni, per 300 spettatori. L’“Edipo dei Mille” è l’idea di come nell’immaginario collettivo l’Unità d’Italia si fondi sul coraggio, fa parte costitutiva anche del mito, non mi interessa la storia: 1000 giovani, e non a caso erano giovani, rischiano il tutto per tutto per un’utopia totale perché l’Italia era scissa e sono riusciti in qualche modo a produrre una grande trasformazione. L’idea che dei giovani possano comunque incarnare e presentare un altro modo possibile di fare teatro e che in qualche modo lo affermassero nei luoghi storici e simbolici della città, oltre all’ab 23 che è la nostra sede da qualche mese qui a Vicenza, abbiamo deciso di realizzarlo a Palazzo Cordellina, un palazzo storico della città, e alla Basilica Palladiana che è l’emblema della città. Allora l’Edipo, così diverso dalle abitudini dello spettatore di oggi, in realtà ritorna e si afferma nella centralità del corpo in tutti i sensi: corpo della città, dello spettatore e del corpo scenico, che diventa soggetto drammaturgico di un’esperienza. Gli occhi sono chiusi ma per aprire e per far esplodere gli altri sensi che diventano elementi della drammaturgia".

Nella teatralità convenzionale l’interazione dello spettatore con l’artista è la risata oppure lo stupore, oppure il pubblico ha la possibilità di orientare lo sguardo verso dei particolari prescelti. Qui invece ho avuto l’impressione che l’interattività determinasse l’andamento drammaturgico.

“L’idea è che almeno in due momenti fondamentali del lavoro lo spettatore è “costretto”a scegliere, uno è “prendo la mela o non prendo la mela” l’altro è il momento in cui non può non scegliere, quando appaiono due figure, una bianca e una nera. Uno dei temi dell’Edipo di Sofocle e del mito di Edipo è il tema della libertà: siamo liberi o siamo mossi dal destino? Allora lo spettatore è libero di fare quello che vuole ma comunque è sempre mosso dagli attori. Come nella vita in cui siamo liberi però forse ci sono delle forze che ci muovono: la psicanalisi ci dice che è l’inconscio ci muove. Lo spettatore fa esperienza in questi 30 minuti in modo vertiginoso del suo statuto di essere libero ma non del tutto, a volte essere costretto a una libertà è una cosa anche angosciosa: alcuni spettatori fanno fatica a scegliere per esempio tra il bianco e il nero, passa un tempo indefinito".

Tutto quello che succede in ambito teatrale per quanto possa essere forte, ti può smuove delle opinioni però fisicamente non può mai essere pericoloso: tu arrivi, chiudi la porta dietro di te e hai una guida.

“Quando Edipo viene esiliato, alla fine, è la figlia-sorella Antigone che si prende cura del vecchio padre. L’idea è che ci sia sempre una guida, un angelo, un’Antigone che appunto ti protegge. Tutte le esperienze anche estremamente forti e violente sono comunque accettate dallo spettatore perché viene sempre accudito. C’è una dimensione estremamente affettiva nel lavoro: quando dico “grado zero” è perché ci riporta ad un atto primario e fondamentale dell’esperienza teatrale che è quella della relazione, del contatto umano, della solidarietà, della fraternità, dell’amore, se non fosse difficile usare questa parola. Anche nei momenti più crudeli e più forti, c’è sempre un’affettività potente e questo lo spettatore lo sente e sente che tutto ci che accade non è gratuito. Il teatro è uno dei pochi luoghi che ci sono rimasti in cui possiamo costruire e vivere un’esperienza di condivisione emotiva di fraternità e affettività tra sconosciuti".

Liberi o mossi dal destino? (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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