NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il consigliere Enrico Busa, socialdemocrato

di Mario Giulianati

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Il consigliere Enrico Busa, socialdemocrato

Una vita, praticamente, nel dopoguerra, vissuta con il sogno della unità socialista, tentata anche una volta o due, naufragata, almeno nel vicentino, non per causa sua. Enrico Busa, reduce dai campi di concentramento in Germania, prima ancora di pensare a guardarsi attorno e decidere cosa fare per campare, si getta nella tenzone politica, da socialista e poi segue le orme di Saragat diventando il leader locale del PSDI. In verità il lavoro non gli manca. Assieme a un gruppo di reduci gestisce una sala cinematografica, il Cinema Arlecchino di proprietà comunale.

Il consigliere Enrico Busa, socialdemocrato (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ormai chiusa e abbandonata da tanti anni è li in attesa che qualcuno decida cosa farne, di questa e del resto dei padiglioni che si affacciano ai Giardini Salvi. Nessuno, che io sappia, sollevò mai il conflitto di interessi proprio perché pareva che di affari il cinema ne facesse pochi, giusto per camparci lui e un paio di maschere, reduci di guerra anche quelli. Ciò non gli aveva vietato di essere un candidato storico del PSDI al Consiglio Comunale e di occupare una sedia nell’Assemblea per circa venti anni quando, dopo una esperienza di collaborazione amministrativa con la DC, della quale comunque si era sempre dichiarato amico, se ne andò ad occuparne una più tranquilla alla presidenza delle AMCPS, l’azienda servizi e manutenzioni del Comune,oggi assorbita dalle AIM. È eletto più volte in Consiglio Comunale di Vicenza e li esprime tutta la sua personalità che si rivela più complessa di quanto non si potesse pensare. Moderato nei fatti, dirompente,a volte nel linguaggio, sempre disponibile a dialogare per giungere a una soluzione condivisa, spesso isolato dal resto delle Minoranze, che agivano,, secondo la moda del tempo, più per ragioni ideologiche che per valutazioni tecniche, non rinunciava mai a definirsi socialista, naturalmente, democratico.

Il consigliere Enrico Busa, socialdemocrato (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)A dire il vero a quel tempo, siamo tra il 1970 e il “90, non si rinunciava, come aderenti ad altre sigle politiche, ad affermare che la linea scelta da lui e dai suoi sodali, era errata, ma si cominciava anche a pensare che le cose non stavano proprio così. Ci è voluto un periodo lunghissimo, dal tempo del Fronte Popolare, per comprendere che Saraga aveva reso un grande servigio al Paese. Enrico Busa aveva, e lo dimostrava ad ogni occasione, però senza usare toni apocalittici, un sentimento forte di anticomunismo, sia in Consiglio Comunale sia nelle manifestazioni pubbliche o nelle riunioni tra partiti, ma senza mai cedere alla tentazione di personalizzare il dibattito. Insomma il comunismo era una cosa e i consiglieri compagni comunisti era un’altra faccenda. Con la DC aveva un sodalizio forte e inattaccabile, proprio in virtù del suo atteggiamento negativo verso tutto quel che sapeva di falce e martello. Sul piano personale però non faceva discriminazione. Gli amici erano tali indipendentemente dalla camicia che indossavano.

Aveva la debolezza di raccontare che mi aveva introdotto nella politica cittadina, cosa non del tutto vera ma nemmeno del tutto falsa. In realtà molti decenni fa mi aveva indicato, pur essendo io non iscritto ad alcun partito e tanto meno al suo, quale amministratore del locale istituto musicale comunale, il glorioso Canneti, ora Conservatorio statale “Arrigo Pedrollo”. Da indipendente, su suo invito, presi parte al tentativo di fusione del PSDI con il PSI, miseramente fallito ma da lui tenacemente per quanto inutilmente perseguito e sostenuto, e partecipai a qualche riunione in una vecchia sede del partito che ti faceva sentire un socio della carboneria. Poi però aderii al PSI. Il linguaggio fiorito di termini stravaganti si accompagnava ad una oratoria inesauribile ma non priva di contenuti politici autentici. Quando prendeva la parola in Consiglio Comunale, tutti zittivano e si mettevano in un attento ascolto, non solo per sentire i contenuti del suo discorso ma anche per quali perle avrebbe infilato. Fosse una faccenda di intuito, di fiuto, di istinto o pura fortuna e casualità, in realtà sul terreno politico, locale, non ne sbagliò molte, assai meno di tanti altri che parevano essere dei politici navigati e colti o che almeno così si dipingevano. La socialdemocrazia vicentina gli riconobbe per molti lustri la posizione di guida, più o meno illuminata e, seppur non mancassero i contestatori all’interno del partito, lo rispettarono e lo sostennero quasi sempre, con lealtà. Non molto alto e abbastanza dimesso nel vestire, bonaccione e molto semplice sia nei rapporti umani come nel muoversi e nel rapportarsi agli altri, gran fumatore non disdegnava un buon bicchiere e non rinunciava a far quattro chiacchiere sotto la luna quando si faceva notte in Consiglio. Era uno del popolo, nell’antichità avrebbe potuto essere considerato un tribuno della plebe livello locale, un capopopolo, e sono convinto che rappresentasse veramente l’anima del popolo.

 

nr. 20 anno XXI del 28 maggio 2016

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