NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il grillo parlante: parte XXIII

Il positivismo: sola natura

di Italo Francesco Baldo

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Il grillo parlante: parte XXIII

Introduzione

Nell’ambito della riflessione filosofica, quella che si è sviluppata nel secolo decimonono è ancor oggi punto di riferimento per il dibattito intorno alla libertà. Diverse sono le correnti di pensiero che sono elaborate. Una fa riferimento alla filosofia positiva di A. Comte, che ha avuto seguaci importanti in tutta Europa e costituisce, ancor oggi, un riferimento preciso per coloro che ritengono che solo le scienze della natura e della psiche possano dare risposte certe alla vita degli uomini. La seconda fa capo all’idealismo tedesco e ha come sue apice da un lato il marxismo e dall’altro il neoidealismo italiano (B. Croce e G. Gentile) che non ha però avuto seguaci Oltralpe. Accanto vi è il pensiero cattolico quale si sviluppa nella filosofia di A. Rosmini e altri e nella ripresa del pensiero della Scolastica con particolare riferimento a San Tommaso d’Aquino e a San Bonaventura da Bagnoregio, come indica l’enciclica Aeterni Patris di Leone XIII del 1879. Particolare attenzione meritano gli antihegeliani che con originalità di pensiero aprono alla riflessione del Novecento, tra questi A. Schopenhauer, F. Nietzsche e soprattutto il meno “amato”, soprattutto da Marx e dal marxismo in genere, M. Stirner. Accanto tanti altri pensatori e la nascita della riflessione filosofica negli Stati Uniti d’America, che mutua da quella europea, particolarmente il positivismo, ma anche l’idealismo, ma troverà con W. James e soprattutto con J. Dewej un’originalità di pensiero e di prospettiva.

 

Il positivismo

Il grillo parlante: parte XXIII (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Non è sempre facile indicare quale sia l’anno di nascita di una corrente filosofica, ma per il positivismo l’abbiamo con certezza, è il 1830. In quell’anno Auguste Comte (1798-1857) inizia la pubblicazione del primo dei sei volumi del Corso di filosofia positiva (Cours de philosophie positive, Paris, Bachelier, 1830. Il pensatore aveva già utilizzato il termine “positivo” in precedenza e per l’esattezza nella ristampa del Piano dei lavori scientifici necessari per riorganizzare la società, edito nel 1822, ma riproposto nel 1824 col titolo Politica positiva. Il termine era stato probabilmente mutuato dal Maestro Claude-Henri de Rouvroy de Saint-Simon (1760-1825), il celebre autore del Nuovo Cristianesimo, che lo aveva utilizzato ne il Catechismo degli industriali nel 1823, che riassumeva la sua visione dell’industria del 1817 (cfr. {L' industrie, ou Discussions politiques, morales et philosophiques. Dans l'intérêt de tous les hommes livrés à des travaux utiles et indépendans).

 Il Corso di filosofia positiva ebbe varie edizioni e traduzioni, lo stesso Comte ragguagliò sul significato del termine nell’opera del 1844 Discours sur l'esprit positif. Il lavoro del filosofo francese iniziò, come abbiamo detto, una corrente filosofica, ma più che di un ambito di studiosi si può parlare di “ atteggiamento positivista” che si diffuse e ebbe proprio nel secolo della massima industrializzazione europea seguaci in ogni sfera culturale e sociale, finendo addirittura con il modernismo di influenzare la fede cattolica.

 Positivista dunque è colui che riguarda al valore assoluto delle scienze che hanno per oggetto la natura e solo le scienze possono fornire le risposte agli interrogativi, perché esse si basano sui “fatti”, che sono le uniche verità cui fare riferimento. Esse sono distinte, già dal filosofo Leibnitz dalle verità di ragione che il filosofo tedesco riteneva essere le leggi che Dio si è compiaciuto di dare alla natura (Teodicea, Discorso, par.2).

 Non vi è dunque che la natura, la materia e le sue leggi, che, scoperte, danno la certezza della conoscenza e solo queste garantiscono all’uomo un’esistenza precisa e non soggetta ad arbitri umani. Lo stesso pensatore ben esprime questo concetto in una Lettera a Henri Dix Hutton (1824-1907): “ solo il positivismo può renderci sistematicamente liberi, cioè subordinati a leggi immutabili e conosciute, che ci liberano da ogni impero personale" (Lettere a Henri Dix Hutton, 8 Dicembre 1853). Vi sono dunque solo le leggi naturali e se non conosciute ancora, esse sono comunque presenti ed operanti; si tratta solo di scoprirle e di seguirle. Infatti, solo la natura con le sue leggi è alla base dell’esistenza umana e della vita sociale. Quest’ultima deve regolarsi appunto sulla base delle leggi di natura, dove l’individuo trova insieme agli altri individui la sua stessa ragion d’esistere; per l’uomo non c'è salvezza che nello "spirito d’insieme e nel sentimento del dovere", perché questo non è nient’altro che l’accettazione delle leggi naturali, che il legislatore deve considerare nella formulazione delle leggi dello Stato, che si presenta come un corpo che deve essere organizzato e solidale nel fine, che non può essere ultraterreno o deciso liberamente, ma deve seguire appunto le leggi di natura.

 Si può certo parlare di determinismo, ma questo non è che l’accettazione di quanto la natura prescrive ed ogni individuo, condizionato dalla natura non è un essere libero, ma soggetto alla sua natura materiale, oggi diremo genetica e alla dinamica della sua volontà che non è l’espressione della libertà ma della sua peculiare caratteristica materiale. L’unica possibilità è data dall’omologazione alla legge di natura e alle leggi dello Stato, formulate appunto su quelle di natura. Vale pure la relazione inversa, ossia che lo Stato deve omologare il comportamento individuale, dettato dalla volontà, poiché questo non è libero arbitrio, ma determinazione della natura propria dell’individuo. Gli individui, cittadini nello Stato, mutuano tra loro la solidarietà, come compensazione alle difficoltà soprattutto materiali, ma questo solidarismo, inteso come interdipendenza tra i cittadini, come si evidenzia, per fare un esempio, l’art. 2 della Costituzione della Repubblica Italiana.

 Il processo di graduale acquisizione da parte dell’uomo della visione positiva, è ben descritto da Comte nella “legge dei tre stadi”, che, seppur ricorda G. Vico, non ha però lo stesso fine, ma solo quello di evidenziare che lo stadio positivo è l’unico che garantisca all’uomo la soddisfazione della sua realtà naturale.

   

La legge dei tre stadi

Il grillo parlante: parte XXIII (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)L’uomo nel corso della sua storia, si userà successivamente il termine “evoluzione” attraverso tre stadi. Il primo, quello teologico, attribuisce la realtà dei fenomeni naturali ad entità nascoste e/o ultraterrene, con un passaggio dall’idolatria, al politeismo e al monoteismo, che non è altro che l’ultima spiegazione che questo stadio riesce a fornire. Nel successivo, definito stadio metafisico, la spiegazione dei fatti è attribuita ad essenze forze occulte o principi astratti, che sono elaborati per mancanza di reale conoscenza delle natura e delle sue leggi. L'ultimo stadio, quello in cui domina la scienza, l'uomo ricerca e utilizza solo le leggi effettive dei fenomeni che consoce ed elabora e rifiuta qualsiasi altra spiegazione. Non vi è una causa prima, ma solo le leggi dei fenomeni che non rivestono mai la dimensione dell’assoluto, ma solo quella relativa ai fenomeni spiegati.

 L’uomo percorre questi tre stadi e man mano elabora anche scienze sempre più precise e legate ai fenomeni (scala delle scienze). Dapprima si sviluppano le scienze più astratte come la matematica ma con l’astronomia, la fisica e la chimica la conoscenza del mondo inorganico raggiunge le sue più alte vette. A queste si affianca la conoscenza del mondo organico con la biologia e la fisica sociale, detta anche successivamente sociologia. Dalla conoscenza che queste scienze portano all'uomo, egli può costituire il suo mondo organizzato, che è dipendente appunto dalle leggi scoperte. Il legame tra gli uomini è quello stabilito dalle leggi naturali che devono essere accettate e considerate con venerazione. A questo scopo lo stesso Comte istituì una Chiesa positivista che promuova la conoscenza scientifica, e la relazione solidaristica tra gli uomini, dove un Grande Essere, una sorta di Coscienza assoluta della specie umana sia guida nel privato, nella dimensione domestica e in quella pubblica. Il filosofo elaborò rituali, calendario liturgico e promosse una sorta di sacerdozio a tale scopo, ma non ebbe grandi sviluppi.

 Una prospettiva che fu con chiarezza criticata da J. Stuart Mill, che pure condivideva con Comte il valore delle scienze. Il pensatore inglese, riferendosi a quello francese, afferma: “ E alcuni di quei moderni riformatori che si sono più violentemente opposti alle sette nella loro asserzione del diritto alla dominazione spirituale: in particolare Comte, il cui sistema sociale, descritto nel suo Système de Politique Positive, mira a instaurare 8anche se con mezzi morali, più che legali, un dispotismo della società sull’individuo che oltrepassa qualsiasi ideale politico del più ferreo e severo filosofo antico (Platone?) (J. Stuart Mill, Saggio sulla libertà tr. it. S. Magistretti, Prefazione G. Girello e M. Mondadori, Milano, Net, 2002, p.17).

La filosofia positiva ebbe molti seguaci anche in Italia, dove contribuì al grande sviluppo della medicina, della chirurgia, della fisica e delle altre scienze. Tra gli esponenti meritano di essere ricordati R. Ardigò (1828-1920) e il veneto A. Gabelli (1830.1891) per le prospettive pedagogiche.

 A.Comte, il fondatore, ma anche l’erede di una visione illuministica del mondo e dell’uomo, contribuì a far sviluppare ed è anche oggi la base di una visione scientista dell’uomo e del mondo, fu quella che fosse sempre necessario e assoluto il alle scienze naturali, riducendo tutto ad esse.

 

Gli sviluppi

Importantissimi furono gli sviluppi del positivismo al quale si riferirono tutte le scienze, che ebbero nel secolo decimonono grande sviluppo e soprattutto grandi applicazioni industriali. Possiamo dire che Comte originò una mentalità, dove solo la scienza e la conoscenza delle sue leggi aveva importanza.

 L’uomo seguace delle scienze non può errare e se lo fa, ciò dipende dalla mancanza di conoscenza delle leggi naturali. Certo non tutte sono state evidenziate, ma proprio per questo ogni realtà nel mondo sia inorganico sia organico, uomo compreso, dipende dalla natura e dalle sue leggi. Non vi è libertà, questa consiste solo nel seguire appunto le leggi della natura e il solidarismo sociale non può che tentare di temperarle, ma alla fine deve lasciar fare alla natura. In quest’ottica si muovono i cosiddetti pietismi e buonismi attuali.

 Elencare tutti gli esponenti del positivismo è impresa ardua, ma si può ben affermare che il movimento di pensiero influenzò tutti gli ambiti scientifici conosciuti e influenzerà quelli che iniziavano il loro cammino, come l’evoluzionismo di C. Darwin, l’antropologia criminale di C. Lombroso, la sociologia di E. Durkheim e M. Weber, la stessa psicoanalisi di S. Freud, l’antropologia culturale di C. Levi Strauss, e oggi possiamo dire anche la genetica, che in alcune prospettive tende a considerare l’uomo e le sue azioni come risultato del suo DNA.

Non fu estraneo nemmeno l’elaborazione di K. Marx al positivismo, si può affermare che proprio l’elaborazione della sua massima opera, Il capitale, risenta del clima positivistico con il suo “comunismo scientifico, ma soprattutto l’elaborazione di quel materialismo dialettico che intravede nella natura leggi fondamentali e tali da condizionare tutta l’esistenza umana, volta alla ricerca della propria sussistenza materiale.

Il grillo parlante: parte XXIII (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

 La scala del modernismo

 

 Anche nell’ambito delle scienze storiche il positivismo ebbe grande influenza, gettando le basi delle moderne ricerche e investendo anche gli studi intorno alla Bibbia. Proprio l’accettazione di una visione storico-scientifica della Sacra Scrittura farà nascere quel movimento che papa Pio X definirà con l’enciclica Pascendi Dominici gregis del 1907 come “modernismo”. L’opposizione del pontefice, non riguardava le scienze tout court, ma il loro utilizzo nell’ambito della fede cattolica e con chiarezza ricorda come i modernisti finiscano con il negare la natura divina di Gesù Cristo: “fatta audacemente schiera, si gittano su quanto vi ha di più santo nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo.”

 Se il modernismo non ebbe immediati grandi sviluppi, certo li ha avuto in seguito, quando anche teologi dei seminari insegnano che l’Eucaristia è un “gesto comunitario”, finendo con il negare in tal modo la natura sovrannaturale proprio dell’Eucaristia stessa.

 

Ultimi esiti

 Il positivismo come mentalità ha una grande storia e impregna di sé anche.la realtà del quotidiano, quando si afferma che solo la natura ha le sue leggi e che esse vanno seguite, anzi proprio queste condizionano tutta la vita del mondo, uomo compreso, che non è altro che un essere (?) organico che spartisce uno stesso territorio con altri esseri (muschi, licheni, funghi, piante, protozoi, bacilli, virus, tacchini, leoni e forse altri esseri sparsi nell’universo, dove esistono certamente perché non possono non esistere). Affidarsi dunque alle leggi di natura anche nell’alimentazione (macrobiotica, vegana ecc.) consente di vivere sotto la buona protezione della natura stessa. Proprio questa è la base di quella visione politica che culmina nel nazional-socialismo, dove però l’individuo scompare per fra posto alla massa come unica realtà nella quale identificarsi in modo assoluto e dalla quale vengono espulsi coloro che sono “diversi” per natura. Nulla di differenze del razzismo ideologico praticato dal primo totalitarismo, ossia il comunismo.

 

Nella prospettiva positivista l’unico elemento che appare ancora poco conosciuto e incanalabile è quello dello “volontà” con la quale si fa coincidere la stessa libertà. Ciò che io voglio è l’espressione del mio arbitrio, che non deriva altro che dalla natura che mi ha determinato.

 Così non si può parlare di libertà e quindi di morale se non si presuppone la ricerca, inaugurata da Darwin, di specifici comportamenti orientati a fini vitali (la sopravvivenza della specie e non solo (cfr.L. Boella, Neuroetica, la morale prima della morale, Milano, R. Cortina, 2008, p.42).

 Quanto è legato alla dimensione naturale, materiale, determina tutti i comportamenti, ma fino a quando rimaniamo nella considerazione della “specie naturale, uomo” ciò può apparire in qualche modo fondante degli stessi comportamenti che si possono, a livello legislativo normare, ma con le ricerche intorno al DNA dobbiamo parlare di realtà singolari, ognuna delle quali provvista di “spinte organiche” non necessariamente uguali o simili a quelle di altri singoli. (cfr. I.F. Baldo, Le ultime frontiere per la negazione della libertà, in Neuroscienze e libertà, a cura di G.L. Brena, Padova, Cleup, 2009, pp.83-104).

 Viene superata così quella visione di una grammatica morale universale modellata da Noam Chomsky, (cfr. M. Hauser. Menti morali. Le origini naturali del bene e del male, tr. it. A.Pedeferri, Milano, il Saggiatore, 2007) e si deve necessariamente ripiegare su una visione singolare dei comportamenti, che non sono deliberati, ma frutto della struttura genetica e neurologica. Si dà, pur con frasi diverse, ragione proprio al determinismo di C. Lombroso.

Il grillo parlante: parte XXIII (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

Il sogno alchemico: l’homunculus

 

Il positivismo finisce così in uno scientismo di maniera, dove tutto ciò che riguarda l’uomo appare condizionato da leggi di natura, conosciute e sconosciute, e viene negata la possibilità d stesso della libertà come atto razionale, indipendente anche dalla realtà materiale e storica. Non vi è nessuna verità assoluta, tutto si consuma nella natura e il sogno dell’homunculus fatto in laboratorio non è solo quello che abbia occhi azzurri e cappelli biondi, ma che abbia quei comportamenti che nella società sono accettati. L’ingegneria genetica non è una questione estetica, ma di futuro possibile comportamento di un “essere uomo”. Se coniughiamo quanto scriveva G. Orwell in 1984 con le possibili future combinazioni del DNA avremo l’immagine dell’uomo futuro, incapace di autodeterminazione e quindi di autentica libertà, ma anche di volontà psicologica, perché questa sarà costruita con determinati parametri. Era ciò che voleva un piccolo dittatore, che è sempre stigmatizzato, ma poi molto seguito nella sua indicazione eugenetica, che essa stessa è figlia di quel positivismo, che ha prodotto grande importanti risultati, ma che, abbandonato a se stesso e senza una prospettiva trascendente, finisce dapprima con materializzare l’uomo nell’attimo fuggente per poi inseguire l’uomo automa, privo di ragione e libertà, che non sarà problemi, ma che non sarà più uomo.

 

nr. 24 anno XXI del 25 giugno 2016



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