NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il Museo Chiericati
studi il suo futuro

Il Museo Chiericati<br>
studi il suo futuro

Il Museo Chiericati<br>studi il suo futuro (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)QUELLA PROPOSTA DI 20 ANNI FA- Critico d’arte e apprezzato universitario, Fernando Rigon parla dal punto di vista di uno che alla direzione dei musei c’è stato parecchio tempo e anche con successo di iniziative e di risultati. La sua è una sintesi tutta concentrata sul ruolo che andrebbe attribuito ad un direttore che fosse anche manager , ma con la condizione preliminare di creare al 1livello regionale una struttura che si occupi del coordinamento, una segreteria regionale vera e propria che si occupi tra le altre cose anche di contributi e finanziamenti, alleggerendo così del tutto le spalle del direttore-manager che deve arrivare ad essere tale soltanto partecipando ad un concorso: “Quel che serve è un direttore di tipo professionale, uno che possa prendere decisioni e fare proposte in piena autonomia intellettuale, posto che per forza di cose dovrà tener conto delle esigenze di bilancio che la Regione gli segnalerà, ma non occupandosi per niente di tutto quello che è per un intellettuale autentico il meccanismo burocratico. Un professionista dell’arte e delle cose dell’arte non deve essere costretto a perdere autonomia ed è per questo che serve sempre un concorso fatto e pensato sulla base della caratteristica vera di quanto si richiede ad un direttore e manager. Questa proposta di costituire un ufficio centrale regionale di coordinamento e controllo delle varie direzioni di museo io personalmente l’ho presentata a metà degli anni 90, ma non mi risulta che abbia avuto accoglimento di qualche tipo; debbo anche dire che mi sono poi occupato di altre cose, ma se torno ad esaminare la situazione attuale dei musei debbo concludere che non è per niente cambiata e che quindi rimane tale e quale. Certo che può anche succedere che un direttore dirigente si riveli anche un direttore manager, ma è successo pochissime volte, è una rarità. Se si vuole davvero che i musei prendano un’altra via di proposta e di vita verso il territorio bisogna modificare a monte il meccanismo che porta alla loro guida. Il principio a cui ci si dovrebbe ispirare, prima che sia davvero troppo tardi, è quello del saper distinguere tra conservare e gestire un qualcosa. Recentemente ho riletto Guerra e Pace e constatato di nuovo che Leone Tolstoi si preoccupa di mettere in primo piano proprio questo concetto fondamentale: non è sufficiente, scrive, essere scampati alla guerra perché dopo la guerra bisogna saper presidiare il territorio. Perché presidiare evita di provocarne altre. Con la stessa logica si può aggiungere che per far funzionare un museo in progresso di idee e di iniziative non basta la pur necessaria preparazione burocratica: quella dovrebbe essere affidata agli uffici regionali incaricati di coordinare le varie direzioni, mentre il mestiere di pensare e progettare bisogna lasciarlo in perfetta autonomia al manager che si deve occupare della vita futura del museo, pensando una serie di progetti che lo rendano sempre attuale e sempre in rapporto con il territorio”.

Il Museo Chiericati<br>studi il suo futuro (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)SPECCHIARSI NEL MONDO DI QUI- Il teorema non è poi di così facile soluzione, ma neppure è impossibile arrivarci in fondo. Antonio Stefani sottolinea che questo è probabilmente il momento per girare davvero pagina e ricominciare: se il Chiericati è stato museo di conservazione a tutti gli effetti fin dalla sua trasformazione dopo essere rimasto in possesso della famiglia Chiericati dal suo completamento alla fine del 1600, ora è il momento di trasformarlo in una “cucina” in permanente attività. Sono tre le direttrici principali da seguire: la disponibilità al pubblico negli orari, ad esempio, e poi la strutturazione di una organizzazione che utilizzando il volontariato d’arte, sempre disponibile, crei percorsi di conoscenza all’interno delle collezioni; e infine, aggiunge Stefani, rivolgersi al territorio nel modo più naturale e diretto: “È auspicabile che dentro i nuovi spazi che si sono creati con la ristrutturazione si pensi da subito ad uno spazio supplementare riservato all’arte di casa nostra, alla vitalità che ha prodotto personaggi come Santomio, Quagliato, Di Maria, Toni Vedù e tanti altri, senza dimenticare anche i più vicini nel tempo come si è visto nella mostra in Basilica dedicata agli illustratori. Credo che avere il museo nuovo e bello serva a poco se non si va subito oltre la celebrazione di una soddisfazione che si capisce benissimo, ma che non può rimanere l’unica novità sul tema”. Accanto a questa, che è poi la chiusa dell’intervento di Antonio Stefani, ci sono i punti salienti del discorso i quali prendono l’avvio da che cosa succederà ora che il museo è diventato più moderno e quindi più praticabile per tutto ciò che dovrà essere progetto e programma proiettato al futuro. Ma da cosa partire? “È chiaro che bisogna collegare il museo al territorio. Come lo si può fare? Secondo me intervenendo su alcuni punti che ritengo fondamentali. Partiamo dagli orari: perché non aprire di sera? Perché non aprire di sabato sera? Se ho voglia di andare al museo devo trovarlo aperto. So che le obiezioni riguarderanno subito le spese che non ci possiamo permettere, ma bisogna subito rispondere che non è questo il problema. Il problema è di organizzazione. Utilizzando al minimo il personale che così non peserebbe come investimento, l’amministrazione potrebbe chiedere l’intervento del tutto gratuito di tutti quei volontari che a vario titolo sono già presenti in vari settori culturali della città; non esiste solo il volontariato sociale e sanitario, esiste anche quello costituito dalle centinaia di pensionati in perfetta forma che si dimostrano disponibili a qualsiasi buona iniziativa per la città. Una volta assicurata la presenza di una minima percentuale di personale istituzionale il resto, la sorveglianza potrebbe essere affidata appunto ai volontari. Altro punto importante riguarda l’offerta gratuita di guide in grado di spiegare al visitatore che cosa sta vedendo, caratteristiche, scuole, provenienze, tutti quei particolari che fanno uscire un’osservazione normalmente distaccata e quasi distratta per abbracciare molto di più, per saperne di più. Io credo che costruendo all’interno del museo vari percorsi di narrazione l’afflusso aumenterebbe e aumenterebbe anche l’interesse del pubblico. Ricordo di aver seguito in Basilica le presentazioni di Goldin: era un viaggio vero e proprio in tutto quanto avevamo sotto gli occhi con il beneficio della grande conoscenza tecnica e culturale di chi narrava. Chi potrebbe assumersi questo incarico? Ma naturalmente tutti quelli che a Vicenza fanno teatro e lo fanno anche molto bene. Ad esempio la Piccionaia, per non dire di quelle vere e proprie lezioni a tema tenute a suo tempo da Piergiorgio Piccoli. Insomma, i talenti ci sono, il materiale su cui lavorare anche, le idee potrebbero non mancare e poi moltiplicarsi. Occorre fare tutto questo al più presto. Per capire che cosa farà da grande, per così dire, il museo Chiericati deve aprirsi, capire che ha un territorio con risorse grandissime a cui rivolgersi e capire anche, finalmente che è obbligato a specchiarsi in questo suo territorio”.

Il Museo Chiericati<br>studi il suo futuro (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)MA CHI VALORIZZERÀ I NUOVI SPAZI?- Un’altra e ultima tessera a questo nuovo diario del museo di Vicenza che potrebbe cambiare la propria storia ce la fornisce Stefano Ferrio. Parla appunto della sostanza del nuovo in rapporto a quel che se ne vuole o se ne potrà fare, con quali risorse e con quali uomini. Torna il concetto dello specchio sulla realtà che abbiamo sotto mano, una realtà che offre più di uno spunto molto credibile. Ecco che cosa dice Ferrio: “Palazzo Chiericati, capolavoro del Palladio, nonché museo civico. L'equazione dice che dovrebbe essere, almeno in parte, Museo Palladiano, per fare la gioia delle migliaia di turisti che escono dal teatro Olimpico aspettandosi di dover solo attraversare la strada per trovare una meraviglia del genere. Invece no, nel suo nuovo corso, così come nel vecchio, palazzo Chiericati deve affannarsi a conseguire una propria identità ricorrendo ad altro, il che è un pesante gap nella competizione con le altre piazze venete. I sotterranei, da poco consegnati alle visite, costituiscono una risorsa potenzialmente straordinaria, si tratta solo di sfruttarla a dovere, puntando soprattutto su mostre spiritiche e visionarie degne di una location del genere. A cui si aggiungono ora altri spazi. I migliori auguri a chiunque è chiamato a valorizzarli, con notevoli benefici se sapesse consultarsi con chi a Vicenza è, nel proprio ambito, un'autorità in tema di promozione culturale: come il direttore del Palladio Museum, Guido Beltramini, oggi ammirato in tutta Italia per avere concepito, assieme ad Adolfo Tura, la mostra dedicata da Ferrara ai 500 anni dell'Orlando Furioso. O come Vladimiro Riva, amministratore delegato di "Vicenza è", dimostratosi capace di attivare interessi prima inespressi per patrimoni architettonici ed enogastronomici della città”.

 

nr. 37 anno XXI del 22 ottobre 2016

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