NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Crac banche popolari: «Ora serve ripartire»

I vertici delle categorie economiche beriche analizzano la situazione, guardando al futuro e affiancando le aziende

di L.P.

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Crac banche popolari: «Ora serve ripartire»

Il terremoto finanziario, caratterizzato dalla "morte" di Banca Popolare e Veneto Banca, ora entrambe sotto il controllo del Gruppo Intesa San Paolo, sta avendo la ribalta a livello nazionale, non solo nell'ambito economico e finanziario. Anche il portale www.ladomenicadivicenza.it ha voluto approfondire il tema, sentendo il parere delle tre principali associazioni di categorie che operano in città e provincia. Ecco cosa è emerso.

 

Luciano Vescovi, presidente Confindustria Vicenza: «Siamo arrivati ad un punto conclusivo, adesso è necessario creare una nuova normalità»

Crac banche popolari: «Ora serve ripartire» (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)«Quello delle banche venete non è, come qualcuno impropriamente ha voluto chiamarlo, un salvataggio. Quando si parla di liquidazione significa che si sta parlando di un fallimento, punto. E rappresenta il fallimento, oltre che dei controllori istituzionali, di un gruppo dirigente il quale, senza che ci si nasconda dietro a un dito, era composto da banchieri, manager, economisti e imprenditori che non sono riusciti ad affrontare un contesto di mercato di crisi, in cui si è riscontrato un eccesso di offerta».

È decisa e convinta la posizione di Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza, che tiene a precisare che un anno fa «ho detto pubblicamente davanti ai nostri imprenditori, agli stessi ex membri dei cda bancari, al Governatore Zaia, ai parlamentari e a tutte le autorità, che 'Chi ha sbagliato paghi'. Voglio sottolineare, per onestà intellettuale, che questa volta la politica, in particolare quella veneta, non c'entra proprio nulla. Alle istituzioni dello Stato, anzitutto la Magistratura, il compito di valutare se ci sono stati errori, colpe e dolo: chi ha sbagliato venga giudicato, più in fretta possibile. Questa è la posizione di Confindustria Vicenza anche oggi. Nel frattempo sono trascorsi mesi in cui abbiamo assistito alla rassegna dei profeti del giorno dopo, capaci di esprimere giudizi senza appello su come uscire da questa crisi gravissima, ma senza mai avere nulla di concreto in mano. In parallelo vediamo le Procure che si rimbalzano le competenze, allungando così i tempi e facendo temere che finisca tutto in un nulla di fatto».

Per Vescovi è tempo di guardare avanti. «Pensiamo ad andare avanti a testa bassa - il suo auspicio - basandoci su quello che è l'oggi e quello che dovrà essere il domani. La soluzione della bad-bank non era sicuramente quella auspicabile all'inizio del percorso di Atlante, ma oggi è la migliore tra le alternative, l'unica davvero concreta sul tavolo. Sicuramente migliore del bail-in che per obbligazionisti, correntisti e forse anche per i fidi delle imprese e per i mutui delle famiglie, avrebbe significato un ulteriore disastro per un Nordest che, lo dicono i dati Istat, sta trainando, più di tutte le altre aree d'Italia, sia l'economia che l'occupazione. Ora ci troviamo in una situazione in cui la confluenza sotto un unico istituto di tre attori fortemente presenti nel territorio potrà portare a decisioni di ridurre gli affidamenti ad aziende impegnate con le tre banche, con effetti pesantissimi per alcuni. La futura banca dovrà fare il proprio mestiere, ma ancora una volta non si butti via il bambino con l'acqua sporca. Le aziende clienti contemporaneamente delle tre banche hanno subito perdite patrimoniali a causa dell'azzeramento del valore delle azioni. Si tratta magari di buone aziende, il cui rating è stato fortemente peggiorato per questo. Intesa San Paolo deve fare un investimento su questo, se vuole valorizzare gli istituti inglobati e la loro clientela».

Sono numeri importanti quelli che snocciola il presidente di Confindustria Vicenza. «Complessivamente il gruppo Intesa San Paolo si ritroverà ad avere il 31,9% del totale dei fidi concessi in provincia sommando il 13,9% di Cassa Risparmio del Veneto (il marchio territoriale del gruppo Intesa San Paolo, ndr.), il 14,1% di Banca Popolare di Vicenza e il 3,9% di Veneto Banca. Questo dato evidentemente suscita diverse preoccupazioni sia per la concentrazione del rischio, che può risultare elevata dal lato banca e dal lato azienda; sia per la tendenza, in provincia di Vicenza, a ridurre le quote di mercato, per cui è ragionevole pensare che una quota dei fidi oggi in essere presso le due ex popolari transiterà su altre banche. Sarà quindi necessario che da un lato Intesa San Paolo abbia la capacità e la volontà di gestire un importante incremento di fidi su molta clientela industriale e, dall'altro, che le altre banche siano disponibili a collaborare nel raggiungimento di un nuovo equilibrio di mercato. È fondamentale, inoltre, che alle imprese venga dato il tempo sufficiente per procedere a un adeguamento alla nuova situazione».

«Siamo arrivati - il suo ultimo pensiero - ad un punto che considero conclusivo: dobbiamo, tutti e insieme, aspirare ad una nuova normalità che ridefinisca radicalmente il rapporto tra banca e impresa. In questi ultimi anni le aziende sono state costrette a ripensare tutto il proprio modello di business, ora tocca anche a quella fetta di sistema del credito che non lo ha ancora fatto. Questo percorso dovrà essere progressivo e pianificato, non si può sentire esclusa nemmeno la politica».

 

Agostino Bonomo, presidente Confartigianato Vicenza: «Sfiorata crisi epocale, i nostri uffici già al lavoro per sostenere e affiancare gli associati»

Allarmato per la situazione venutasi a creare con la "chiusura" di Banca Popolare e Veneto Banca è Agostino Bonomo, presidente sia di Confartigianato Vicenza che di Confartigianato Veneto, ruolo quest'ultimo che ricopre dal novembre scorso. «Non è facile commentare una situazione del genere - tiene a precisare Bonomo, che già in passato sulle vicenda della Popolare di Vicenza era intervenuto con posizioni decise, nelle quali chiedeva chiarezza ai vertici - di certo siamo di fronte a un sconquasso economico e sociale senza precedenti non solo nella nostra regione. La situazione rimane delicata e in questo momento la preoccupazione e nel contempo anche la speranza è che ci siano iter parlamentari o altri intralci che possano bloccare il passaggio al Gruppo San Paolo: la guerra politica che si sta facendo è notevole, mi auguro che la vicenda non venga strumentalizzato più di quanto si è fatto finora, sarebbe un ulteriore dramma nel dramma».

Crac banche popolari: «Ora serve ripartire» (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il presidente Bonomo ricostruisce quando avvenuto lo scorso fine settimana, con il "via" libera del Governo arrivato di domenica pomeriggio, in un giornata peraltro dedicata alle elezioni amministrative in molti comuni italiani. «A coloro che sostengono che esisteva la possibilità di altre soluzioni, il dico che arrivati in questa situazione si è scelto sicuramente il male minore e anche la decisione più logica. L'alternativa era che lunedì mattina le due banche, ovviamente mi riferisco a Popolare di Vicenza e Veneto Banca, non aprissero gli sportelli, ma soprattutto si bloccasse improvvisamente tutto quel sistema incrociato fatto di ricevute bancarie di pagamento e di riscossione, utilizzo di carte di credito e prelievi bancomat, insomma decine di migliaia di operazioni all'ora, insomma un caos tremendo di proporzioni tali che mi viene la pelle d'oca solo a pensarci. In breve si sarebbe creato il panico con un'azione domino su tutta la finanza e l'economia italiana che avrebbe avuto conseguenze drammatiche, probabilmente con la sospensione per ribasso di tutti i titoli bancari a Piazza Affari. Insomma una situazione da tragedia dalle conseguenze non immaginabili, anche perché nella storia della finanza italiana non è mai successo nulla del genere e quindi non sarebbero esisti casi analoghi su cui fare riferimento. A conti fatti rimane il rammarico per gli azionisti della Popolare di Vicenza che non avranno più in mano le azioni del valore di 10 centesimi per azione, ma sono convinto che l'effetto "tsunami" che andrà avanti per un po' di anni nell'economia vicentina è più legata al crollo delle azioni che non a quest'ultimo passaggio».

Il presidente degli artigiani vicentini e veneti guarda avanti. «Anche per il futuro non nascondo la mia preoccupazione - ammette Bonomo - a cominciare dall'inevitabile chiusura di molti sportelli, che andrà inevitabilmente a ripercuotersi sotto il profilo occupazionale, con tagli che peraltro sono già stati annunciati. Ogni azienda, legata alle due popolari per i crediti, dovrà andrà a rivalutare le aziende con valutazioni diverse e per questo noi come Confartigianato Vicenza già da giorni ci siamo attivati, muovendoci in due direzioni: la prima attraverso un censimento per capire quante e quali delle nostre aziende si trovano in queste situazione e la seconda per iniziare a studiare le soluzioni migliori per coloro che si rivolgeranno ai nostri sportelli, in particolare al Consorzio Fidi. A tal proposito noi ci siamo arrivati a livello veneto, vista che la nostra Regione è tra le più attive in Italia nel mettere a disposizione di strumenti, penso ad esempio a Veneto Sviluppo, garantendo una serie di prodotti e proposte diversificate. Questo è un momento delicato ma sapremo aiutare ed essere vicino alle nostre aziende».

 

Flavio Lorenzin, presidente di Apindustria Vicenza: «Le colpe sono di tutti. Attivati per i nuovi accordi che dovranno stipulare le nostre aziende»

Sulla vicenda riguardante la Popolare di Vicenza abbiamo interpellato anche Flavio Lorenzin, presidente di Apindustria Vicenza che non nasconde la sua preoccupazione anche per quanto il futuro e i nuovi accordi che dovranno stipulare le aziende appartenenti all'Associazione delle piccole e medie industrie.

Crac banche popolari: «Ora serve ripartire» (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)«Nella storia noi di Apindustria siamo tra i pochi - esordisce Lorenzin, che è anche vicepresidente nazionale di Confimi Industria - a non aver mai fatto parte del consiglio o aver occupato posti strategici in Banca Popolare di Vicenza, anche se visto quanto successo si tratta di una magra consolazione. Detto questo sono il primo a dire che le colpe sono di tutti, anche se indubbiamente erano molto difficile penetrare in quelle "cortine" e quegli ambienti molto protetti. Indubbiamente molti di noi, non solo gli operatori di mercato, si chiedevano come fosse possibile che la Popolare di Vicenza, a fronte di altri istituti che hanno visto dimezzare i valori del proprio titolo per un lungo periodo degli Anni Duemila, riuscisse ad alzare il proprio valore dell'azione e nel contempo riuscisse anche ad elargire dividendi molto ricchi. Alla fine era una situazione che faceva comodo a tutti. Il risultato è che alla fine si è creato un vero dissesto economico, che ha colpito tutti, dal piccolo risparmiatore e all'anziano che ha perso tutto, al grande imprenditore».

Lo stesso presidente analizza quanto successo nell'ultimo biennio. «Anche per quest'ultimo periodo - dice Lorenzin - le cose sono state poche chiare, perché rispetto a quanto venne detto da Iorio al suo arrivo le cose sono andate in maniera completamente diversa. La verità è che i veri conti non sono mai stati resi noti e nel contempo non è mai stato detto veramente a quanto ammontasse il buco, forse meglio chiamarla voragine, di bilancio. È facile intuire poi cosa possa essere successo nell'ultimo biennio: molti hanno portati via i soldi dalla banca o comunque nessuno ha più investito o immesso denaro liquido, mentre nel contempo la voce stipendi e costi complessivi è rimasta la stessa. Le strategie del passato della Banca Popolare di Vicenza? Non c'è dubbio che per decenni si è privilegiato maggiormente l'imprenditore come persona fisica rispetto al vero valore e ai fondamentali dell'azienda: se vogliamo possiamo chiamarla "leggerezza", di certo era il modo di agire, dalla direzione generale sino all'ultima filiale. Non sta a me dirlo, ma altri istituti bancari hanno agito con maggiore attenzione».

La preoccupazione di Flavio Lorenzin, che all'inserto dell'Associazione delle piccole e medie industrie di Vicenza, ha operato per 10 anni nel Consorzio Fidi («Con una media di 1500 pratiche all'anno riguardanti finanziamenti di aziende», precisa), è ora legata al futuro e all'attività delle aziende associate. «Attualmente la propensione a rischiare del sistema bancario è vicino allo zero, visto che ormai nessun istituto può permettersi di rischiare. Da parte nostra, con l'ufficio credito-finanza, assisteremo tutti i nostri associati per aiutarli a trovare una situazione, ad esempio per gli affidamenti mentre i prestiti andranno via via a scadenza. Tanto per fare un esempio se un'azienda aveva 100 mila euro di cosiddetto "sconfinamento" con la Popolare di Vicenza, 100 mila con Veneto Banca e 100 mila con Banca Intesa, ora dovrà rinegoziare il tutto ma di certo non potrà disporre di un tetto totale di 300 mila. Questo lo costringerà ad appoggiarsi ad altre banche o a puntare su altre forme di finanziamento: noi invitiamo i nostri imprenditori ad uscire dal finanziamento sul breve per spostarsi invece sul medio e lungo termine. Ancora con mutui a più lunga scadenza si cercherà di affidarsi il meno possibile al sistema bancario».

 

nr. 25 anno XXII del 1 luglio 2017

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