NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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I Castellani di Mezzaselva

La storia di una famiglia che risiedeva in un grande edificio costruito dalla Repubblica di Venezia diventa un romanzo che narra la quotidianità della gente comune di questa parte dell’Altopiano tra il 1908 e il 1918

di Alessandro Scandale

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I Castellani di Mezzaselva

I Castellani di Poggio Selvaggio - Storie di pace e guerra 1908/1918, romanzo postumo di Umberto Martello Martalar, a cura della figlia Paola Martello, autrice e disegnatrice già conosciuta nel Vicentino, è una storia ambientata a Mezzaselva e in alcuni luoghi protagonisti del profugato e della Prima Guerra Mondiale sull'Altopiano dei Sette Comuni. Il libro, che aveva già avuto una prima presentazione estiva a Mezzaselva, è stato presentato in sala consiliare di Asiago lo scorso 5 gennaio e narra le vicende di una famiglia di Mezzaselva che vive in un grande edificio costruito dalla Repubblica di Venezia, chiamato “Castello” dove il ritratto di un Doge ricordava l’alleanza che univa l’Altopiano alla Serenissima. Come la stessa curatrice fa notare, a dispetto del titolo, non è un libro che racconta la storia di gente di nobile lignaggio, bensì di "gente semplice e dignitosa che parlava un linguaggio molto diverso dall’italiano e della sua quotidianità in un periodo di grandi cambiamenti sociali. Gli ingredienti non sono la povertà, il dolore, il piangere su una vita destinata all'emigrazione, come qualcuno potrebbe pensare, bensì di gente semplice e dignitosa che parlava un linguaggio molto diverso dall’italiano e della sua quotidianità in un periodo di grandi cambiamenti sociali. Il libro si apre sullo spaccato di vita del piccolo paese nel 1908. È un momento di importanti migliorie per la vita del villaggio portato da un’aria nuova dovuta a una serie di accadimenti e innovazioni". La Grande Guerra, con le sue tragedie e i suoi caduti, agisce sull’Altopiano - e nel libro - come uno spartiacque: c'è un “prima” in cui un’economia povera e di sussistenza convive con la lingua degli avi, il cimbro, e un “dopo” quando il territorio si trova devastato dal conflitto e inizia il lento declino della cultura originaria. È probabile che molte storie narrate nel romanzo abbiano riferimenti autobiografici, ma è bene ipotizzare che l’autore possa aver usato nomi e raccontato fatti anche di fantasia, dal momento che non si tratta di un libro di storia bensì un romanzo, anche se con uno sfondo storico ben preciso.

I Castellani di Mezzaselva (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il libro di nostro padre Umberto è stato iniziato probabilmente negli anni '50 e finito nel maggio del 1980 - scrivono i figli Tiziana, Carlo e Paola nell'introduzione - . È quindi un romanzo che lo ha accompagnato per moltissimi anni della sua vita e che è rimasto inedito per lungo tempo vedendo ora la pubblicazione grazie agli auspici dell’Istituto di Cultura Cimbra di Roana. Nella versione del romanzo originale i nomi dei paesi e delle località erano di fantasia ma facilmente individuabili, mentre nei capitoli riguardanti la guerra e cioè la seconda parte del libro, erano stati riportati quasi sempre i nomi reali delle località menzionate. Per uniformare l’insieme, si è deciso di usare i nomi veri dei luoghi, quindi Poggio Selvaggio, protagonista delle vicende narrate, torna ad essere Mezzaselva. Si può pensare che molte storie narrate nel romanzo abbiano riferimenti autobiografici sia per la prima parte che riguarda la vita del paese, sia per la seconda, incentrata sugli avvenimenti che sconvolsero la terra e le genti dell’Altopiano durante la Prima Guerra Mondiale e sugli episodi di guerra vissuti da nostro padre durante la sua partecipazione al conflitto. È però opportuno ipotizzare che l’autore possa aver usato nomi e raccontato fatti anche di fantasia perché non è un libro di storia bensì un romanzo, anche se con uno sfondo storico ben preciso. I protagonisti del libro si muovono nel contesto di un piccolo paese di montagna dove si parla una lingua di origine tedesca denominata cimbro. Essi si trovano in territorio italiano a due passi dal confine austriaco, oltre il quale vivono popolazioni di lingua italiana, ma di nazionalità austriaca. Oltre confine sopravvive anche un’altra isola linguistica germanica, Luserna, che con l’ Altopiano dei Sette Comuni condivide confine, lingua e cultura. Le due località si troveranno schierate in guerra su fronti opposti e rappresentano la situazione paradossale e tragica in cui si viene a trovare la gente di confine costretta a combattere una contro l’altra in un conflitto sanguinoso pur avendo dei legami culturali comuni. La lingua cimbra ancora parlata nelle famiglie del paese, ma già in parte compresente al veneto - italiano, vedrà con l’esodo massiccio dei profughi in fuga dalla guerra verso la pianura, il suo lento, ma inesorabile declino.

I Castellani di Mezzaselva (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)I protagonisti sono persone semplici, oneste, laboriose, come Maso Selmi, proprietario di una grande casa chiamata “Castello”, la saggia moglie Claudia, ideale femminile di un tempo, il loro figlio Osvaldo, poi Nazzarena, madre di Maso e Don Policarpo, Parroco benevolo del luogo. Molti altri protagonisti si muovono in situazioni di normale vita quotidiana, ancora ignari della tragedia della guerra che sta per incombere su di loro. Nell’ultima parte del libro l’autore racconta, attraverso Maso, le vicende vissute in prima persona nella Prima Guerra Mondiale essendo stato arruolato nel 1917 come “Ragazzo del 99” combattendo sul Grappa e sul Piave. Le stesse vicende lo porteranno in seguito a schierarsi sempre per una soluzione non violenta dei conflitti assieme a un sincero apprezzamento delle cose semplici della vita che ben si realizzava nell’amato ambiente di montagna. Con la fine della Prima Guerra Mondiale si conclude il libro, scritto non a caso in italiano, quasi a suggellare la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra ancora in evoluzione. Il momento ci porta a riflettere attentamente sul nostro passato e sulla memoria di esso, per tenere uniti i fili della storia della nostra comunità e guardare alle sfide del futuro con una salda consapevolezza della propria identità.

Sono trascorsi ormai molti anni dalla morte di nostro padre, ma chi lo ha conosciuto ha apprezzato i suoi modi gentili nel rapportarsi con le persone. Gli piaceva stare a lungo a Mezzaselva dove abitava la numerosa parentela e si fermava a salutare e chiacchierare in cimbro con tutti, soprattutto con il fratello Luigi (Gjio) e con le sorelle Pierina (Prini) e Maddalena (Nena). Negli anni, il rapporto di affetto con il suo pese natio si è sempre più rafforzato fino a rappresentare il rifugio sicuro dove ritornare dopo i lunghi periodi di lontananza e una vita ricca di esperienze, tra cui la più significativa e profonda, oltre alle guerre, è stata la permanenza in Australia. La giovanile esperienza nel Primo Conflitto Mondiale ha forgiato in nostro padre una sua personalissima visione del mondo che gli faceva guardare sì con severità alle aspettative di gloria dei guerrafondai, ma anche con sorridente benevolenza alle scherzose ingenuità e alle innocenti debolezze della sua semplice e pacifica umanità che la Grande guerra ha segnato con una cesura profonda. Ed è ai protagonisti di uno degli avvenimenti più tragici della nostra Storia che questo libro è idealmente dedicato.

In occasione della presentazione ad Asiago abbiamo incontrato Paola Martello.



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