NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Accorpare i Comuni con meno di 5 mila abitanti. Si può?

Limiti e pregi di una proposta che viene direttamente dal PD in attesa della eliminazione delle Province

di Luca Faietti
faiettil@tvavicenza.it

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Accorpare i Comuni con meno di 5 mila abitanti. Si

Accorpare Comuni con meno di 5 mila abitanti e dare loro una forma organizzativa in materia di servizi univoca e condivisa, primo passo per arrivare in futuro alla eliminazione delle Province. È questa la proposta forte del PD di Padova che giocoforza rimette al centro della battaglia politica Accorpare i Comuni con meno di 5 mila abitanti. Si (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)la cosiddetta lotta agli sprechi nelle amministrazioni locali e nella politica più in generale. Ma è una ipotesi realmente percorribile? Certe forme di “consorzialismo” se è consentito il neologismo, già sono in essere nella nostra provincia. Quel che è certo è che accorpare i Comuni, anche quelli vicentini può sì portare ad una riduzione dei costi, ma anche ad un accentramento dei servizi che potrebbe causare grossi disagi alla popolazione. Ben 55 sono infatti i Comuni vicentini con meno di 5 mila abitanti, poco meno della metà degli esistenti. E se è vero che vi sono realtà davvero microscopiche che non raggiungono nemmeno le cento unità è pur vero che molti sono i Comuni strutturati e con una storia alle spalle. Difficile ipotizzare una loro riallineamento dentro canoni comunitari che non sempre potrebbero essere davvero consoni. Certo è che il dibattito impazza in questi tempi di tagli dello Stato sempre più rilevanti e che una sorta di sondaggio alla nostra politica che ci rappresenta a Roma era a dir poco doveroso. Vediamo dunque che ne pensano i parlamentari vicentini e quali sono le loro considerazioni al riguardo e quali forme di organizzazione si potrebbero dare ai Comuni senza provocare problemi alla gente.

I Comuni del vicentino sotto i 5000 abitanti sono 55. Che ne pensa della proposta del PD di sviluppare un piano di accorpamento ed unione di queste realtà amministrative?

Stefano StefaniAccorpare i Comuni con meno di 5 mila abitanti. Si (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) parlamentare della Lega Nord: «Tutti gli strumenti per ridurre i costi della politica (ma forse sarebbe meglio dire gli sprechi della politica, laddove essi si manifestino: non bisogna mai cedere, come purtroppo si fa, alla facile e gratuita demagogia) devono essere sempre valutati, perché, in una contingenza difficile come quella che vive il Paese, tacere su questo delicato argomento sarebbe ipocrita, per non dire ottuso. Un progetto che razionalizzi la presenza degli enti locali sul territorio non può però, a mio avviso, essere deciso su mere basi aritmetiche, come dire che sotto una soglia numerica di abitanti si deve, ope legis, procedere ad un accorpamento. Sarebbe opportuno, invece, pensare ad unificare alcuni servizi che, ad esempio, oggi fanno segnare un forte peso economico e che invece, in una logica più ampia, per dire, consortile, potrebbero essere razionalizzati e, di conseguenza, pesare meno in termini di costi. Ma vorrei aggiungere che l'accorpamento, su cui non sono affatto contrario, dovrebbe tenere conto delle specificità, delle particolarità, anche della storia dei Comuni».

Daniela SbAccorpare i Comuni con meno di 5 mila abitanti. Si (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)rollini, parlamentare del PD: «Penso sia una proposta seria e realistica, ovviamente il tema non lo si può affrontare con i freddi numeri su scala nazionale, il tutto va verificato su scala locale. Non è la stessa cosa se si accorpano Comuni piccoli tra loro passando da 5.000 a 6.000/7.000, le situazioni cambiano se si moltiplicano o triplicano gli abitanti; in questo caso vanno ridiscussi anche tutti i servizi precedenti che ovviamente non sarebbero più correttamente dimensionati. Insomma il tema, come si vede è complesso, e dovrebbe essere gestito con il massimo coinvolgimento dei territori. Questa però è una scelta obbligata, non è più possibile mantenere strutture e spese costanti per la gestione di Municipalità sottodimensionate. Non è semplice, ma avere un comune di dimensioni medio grandi, comporta una economia di scala e una forza contrattuale nel territorio sicuramente maggiore».

Stefano Giunta, responsabile enti locali coordinamento FLI Vicenza: «È necessario precisare che non si tratta di certo di una novità: la legislazione, fin dai primi anni '90, ha Accorpare i Comuni con meno di 5 mila abitanti. Si (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)individuato una strada, mai sufficientemente percorsa, per facilitare l'unione di comuni troppo piccoli per essere funzionali. Fin dal testo unico degli Enti Locali, che risale al 2000, si parla poi di unioni e consorzi tra comuni e gli strumenti per favorire anche la vera fusione e unione tra due territori non mancano. Manca invece, nel Vicentino come in tutta Italia, la volontà di superare campanilismi e retaggi storici. I comuni sono l'identità stessa della nostra Nazione, ma non dobbiamo neppure dimenticare che i comuni italiani dall'Unità a oggi sono aumentati in maniera incomprensibile, passando dai 7720 nel 1861 agli 8092 di oggi. Dobbiamo invertire questa tendenza all'individualismo amministrativo, per ridurre costi ma, soprattutto, per migliorare la qualità dei servizi alla cittadinanza: solo alcune dimensioni demografiche garantiscono efficienza ed economicità di gestione. Perché è soprattutto di questo che abbiamo bisogno».

Paolo Franco, senatore Lega Nord: «È evidente come nell'era dell'informatica e della riorganizzazione profonda del tessuto socio-economico, risulta difficile mantenerAccorpare i Comuni con meno di 5 mila abitanti. Si (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)e intatto il ruolo dei comuni più piccoli. Lentamente (ma il percorso è già iniziato con le recenti norme di legge che impongono lo svolgimento di funzioni in forma associata) anche il quadro della geografia comunale dovrà cambiare. Non vorrei però creassimo confusione, come mi sembra facciano gli esponenti del PD: il Paese deve cambiare profondamente allo scopo di garantire ai cittadini le funzioni amministrative essenziali a costi sostenibili. Riferendosi ai comuni, non si possono porre dei limiti esclusivamente per quanto riguarda il numero di abitanti: un comune di montagna è molto diverso rispetto ad uno di pianura! E i comuni sono il punto di riferimento più prossimo, nonché spesso più efficiente, cui i cittadini si rivolgono per le loro esigenze. Pertanto, pur comprendendo come non possano di norma esistere comuni di poche centinaia di abitanti, credo che il problema di questo Paese insista più sullo Stato e sulla burocrazia centralista che sugli Enti locali. ancora più chiaro: se davvero si vuole mettere mano alle inefficienze e ridurre i costi, occorre partire dal Parlamento. È stato depositato un disegno di legge di riforma costituzionale che dimezza il numero dei parlamentari: il Partito Democratico intende votarlo oppure, come già successo per l’analoga riforma approvata dal Parlamento nel 2005 e poi purtroppo bocciata da un referendum popolare, si comporterà come allora contribuendo fortemente al voto contrario? Predicare bene non basta, bisogna poi concretizzare queste importanti riforme. In questi giorni il Presidente della nostra Regione Luca Zaia ha proposto la riduzione del numero dei Consiglieri regionali. Perché il PD è contrario?».

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