NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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La riforma della scuola

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La riforma della scuola

In questi giorni si è ripresentata, alla ribalta della politica nazionale, l’ennesima riforma della scuola. Non esiste un governo, della prima e della seconda repubblica,che non si sia cimentato con una riforma della scuola.

Alcuni ministri hanno affrontato il tema-problema con l’autentico desiderio di risolverlo. Uno per tutti questi il Senatore Amintore Fanfani che ha dato un bel slancio all’apparato scolastico riportandolo a livelli accettabili anche nel confronto di altre strutture pubbliche e private. Ma senza andare, alla fine, ad affrontare il nodo del problema. Altri si sono impegnati in riforme molto parziali e sempre con l’ombra sovrastante del grande riformatore Giovanni Gentile, Ministro della Pubblica Istruzione del Governo Mussolini, che la varò, con la collaborazione di Giuseppe Lombardo Radice, nel 1923, e che durò, praticamente intatta, fino al 1962.

Ma lo spirito di quella riforma rimase sempre sulla testa e nella testa degli addetti ai lavori. Non sempre in positivo, però sempre incombente.

Addirittura un Ministro, il prof. Luigi Berlinguer, secondo una mia modestissima opinione, cercò di contrapporsi alla fama della riforma Gentile (e ne fu, virtualmente, sconfitto) e ne varò una, nel 2000, durante il Governo D’Alema, che ebbe pochissimo successo e che venne mandata in soffitta, giustamente, dalla riforma Moratti. Ora è la volta della Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, una carriera di tutto rispetto nel mondo universitario, Professoressa Ordinaria di Glottologia e Linguistica, è stata Rettore dell’Università per stranieri a Perugia, dove, molti anni prima, diversi decenni, ha insegnato la lingua italiana agli stranieri con un proprio metodo divenuto famoso praticamente in tutto il mondo, il prof. Romano Guarnieri. Sul terreno della politica attiva scende in campo nel 2013, candidandosi nella lista “Con Monti per l’Italia” e viene eletta senatrice. Un anno dopo, nel febbraio 2014, divenne Ministro nel Governo Renzi. Se come docente universitaria ha avuto una carriera del tutto normale, almeno nei tempi, e comunque prestigiosa, in quella politica bisogna riconoscere che è stata una carriera fulminea. Una analisi delle proposte della Ministro Giannini andrà fatta con un testo completo in mano, con molta attenzione e con altrettanta disponibilità ad accoglierne i lati positivi. L’augurio che mi faccio è che vi si trovi l’indicazione di una nuova “filosofia” per la scuola che allarghi l’orizzonte. Mi limito ad una considerazione, tratta da vari commenti di esperti e giornalisti, che sottolineavano il fatto che nella riforma, per quel poco che avevano avuto a disposizione, appariva chiaro un obbiettivo sintetizzabile con la formula “chi più lavora, più guadagna”.

In teoria un concetto più che accettabile ma, senza volerne sviscerare le peculiarità, è l’indice di un modo di procedere che non pare sia cambiato negli ultimi cinquanta anni: quello di riformare la struttura della scuola, come si potrebbe riformare una azienda, o pressappoco. Non ritengo assolutamente che la scuola, nel suo insieme nelle sue particolarità sia paragonabile ad una azienda. Anche se reputo che in diversi settori della scuola l’azienda dovrebbe essere presente e non come soggetto passivo. Ma una azienda ha il compito di produrre e fare utili. Altrimenti non ha ragione di esistere. La scuola ha un compito diverso, indipendentemente dalla resa economica, ed è quello di preparare il futuro della società.

Una riforma autentica dovrebbe, a mio avviso, iniziare dalla identificazione delle necessità future della società. Studiare e analizzare il passato e il presente tentando di individuare un percorso positivo, concreto, realizzabile verso il domani.

Una riforma non deve essere promossa a favore della dirigenza scolastica – personalmente ritengo un errore l’aver cancellata l’antica denominazione di direttore didattico e di preside - del corpo docente, del personale, degli alunni e delle famiglie degli alunni e magari del turismo o della editoria e della edilizia scolastica. Certo sono tutti elementi importanti e da non trascurare affatto. Primo di tutto gli alunni.

Ma una riforma deve essere costruita per l’utile dell’intera società e al servizio di questa, per una sua elevazione. Per migliorare il livello di vita di tutti, ampliare la conoscenza e per far fronte alle necessità della società stessa. Quindi serve una visone prospettica e dinamica sopportata da una struttura operativa elastica.

Tutto questo presuppone una preparazione attenta e non breve, nessuna improvvisazione, nessuna superficialità, la qual cosa non significa allungare i tempi all’infinito ma nemmeno ritenere che quel che passa per la testa di un qualsiasi relatore, per quanto possa essere ritenuto un profondo conoscitore, sia una verità assoluta, senza procedere ai necessari riscontri.

A monte necessita un ritratto preciso, il più possibile, dell’oggi, sotto ogni angolazione e la individuazione di una visione concretamente realizzabile del domani. Ma di questo, nelle passate riforme, salvo la riforma Gentile, non vi è gran che di traccia. Ma nemmeno si trova traccia di un ragionamento di prospettiva nelle varie indicazioni che appaiono sulla stampa a commento, da parte di lettori, che si comprendere essere informati dell’argomento, ma che affrontano il problema con l’ottica della riduzione, o ampliamento, degli orari o in funzione del merito e del demerito dei docenti. Accentuare l’insegnamento dell’inglese aumentando le ore di insegnamento. Oppure per la contrazione dei licei da cinque a quattro anni, e cose similari. Tutte indubbiamente da affrontare e risolvere ma che non sono prioritarie per una autentica riforma che non si limiti ad aggiustare la struttura.

 

Mario Giulianati

 

nr. 30 anno XIX del 6 settembre 2014 



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