NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Professione medico: il confronto con la realtà

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Professione medico: il confronto con la realtà

È all'organizzazione della medicina nella sua rete sul territorio che ora si deve guardare tenendo presente che la domanda di servizio dell'utente si estende alle 24 ore di ciascuna giornata, che l'ambulatorio del medico di famiglia, anche formato da una associazione di medici, non può tenere il passo di questo numero di ore, che esiste per questo la guardia medica, e che infine c'è l'ospedale. Ma in assenza di risposte possibili specie durante i fine settimana la tendenza di chi ha bisogno di cure è quella di rivolgersi direttamente al pronto soccorso sul quale in questo convergono urgenze autentiche e urgenze fasulle, provocando quegli affollamenti di cui le statistiche rendono ottima testimonianza quando si tratta di fare i conti della spesa sanitaria. E infine, sullo sfondo di tutto questo ritrovarsi in difficoltà c'è la domanda se per caso non sia lo Stato a denunciare invalicabili momenti di fatica strutturale e se quindi non sia il caso di trovare una armonizzazione vantaggiosa tra medicina pubblica e medicina privata.

Su tutto questo la visione complessiva dell'altra generazione, quella dei medici appena laureati, rivela non soltanto perfino prevedibili preoccupazioni personali verso il futuro, ma anche e diremmo soprattutto una notevole capacità di analizzare la realtà e di trarne poi le conseguenze relative.

Chiara Salgarelli e Cesare Cappellina, che rappresentano appunto l'altra generazione, sono in diversa condizione di avanzamento lungo il progredire della professione (Chiara, 25 anni, ha appena sostenuto l'esame di Stato, Cesare si è laureato due anni fa e dopo quasi un anno di guardia medica ad Asiago sta svolgendo da mesi la specializzazione in chirurgia a Padova), ma rappresentano un punto di vista molto interessante che tiene conto della realtà attuale, che si fonda su esperienze pratiche già avvenute e anche in atto, che non prescinde da tutte le considerazioni collegabili al futuro della medicina nel nostro Paese, nell'attuabilità dei progetti di un giovane professionista, nella sua capacità di vedere buone occasioni anche in una dimensione che si può saggiamente limitare e circoscrivere al momento e alla circostanza, per procedere poi passo dopo passo verso altri obiettivi.

Professione medico: il confronto con la realtà (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)A Chiara Salgarelli abbiamo chiesto ad esempio che cosa ne pensa dell'impatto con la professione, il che significa anche sollecitare una analisi pressoché completa di tutti o quasi tutti i parametri in gioco: dall'aspettativa di una vita professionale soddisfacente fino al significato dell'Università così come si concepisce oggi, senza tralasciare il tema della medicina pubblica e privata. "L'impatto è forte. Il fatto è che l'Università ha un metodo di insegnamento ottimo sotto il profilo teorico, ma quasi nullo dal punto di vista pratico. A fare un prelievo di sangue ho imparato da laureata lavorando in un ambulatorio. Questo è il primo fatto che determina la differenza tra studio e pratica. Poi però debbo anche dire che occorre buttarsi, provare, non avere paura di tentare e quindi adeguarsi alla realtà che ci si ritrova tra le mani. Io sostengo la validità della medicina pubblica e ci credo fortemente. Ci sto lavorando da almeno un anno, sia in ambulatori con altri colleghi sia in guardia medica. Prendiamo la guardia medica: il personale è inadeguato perché tra sabato e domenica da cinque si riduce a tre o quattro medici nelle ore notturne. È qui che mi sono resa conto di quanto possa essere varia la gamma della richiesta di servizio. In guardia medica arrivano urgenze autentiche ma anche ci si presentano richieste di un medicinale o poco più: è chiaro che le urgenze vengono subito dirottate al pronto soccorso perché in guardia medica non ci sono i supporti tecnici per fare esami o accertamenti di qualche importanza. A Sovizzo ho fatto una ottima esperienza in un ambulatorio di medicina di gruppo, quello che dovrebbe essere l'assetto futuro nella rete territoriale della medicina. È una formula molto buona, permette al singolo medico all'occorrenza di confrontarsi con il parere di colleghi con maggiore esperienza ed ha come dotazione base un infermiere che può effettuare i prelievi ed una segreteria che svolge il suo compito organizzativo: più o meno come un piccolo reparto ospedaliero".

Uno dei punti chiave di questa posizione è rappresentato comunque dalla rispondenza della preparazione teorica universitaria a quella che è poi la realtà: Chiara Salgarelli ha alle spalle anche una esperienza in Spagna dove al contrario la parte pratica dello studio della medicina segue passo passo quella teorica al punto che di ciascun esame ci sono due parti distinte e che si integrano offrendo perciò un diverso grado di esperienza allo studente.

Un passato notevolmente significativo è anche quello di Cesare Cappellina, 28 anni, oggi alla clinica universitaria per la specializzazione in chirurgia, ma con una esperienza di quasi un anno nella guardia medica di Asiago.

Ci sono pro e ci sono contro, dice, guardando con attenzione alle due possibili soluzioni della professione in chiave futura: "Dico la verità che l'esperienza ad Asiago non è stata affatto male, anzi: entrato bene nel lavoro ho avuto spesso la sensazione di una considerazione notevole e mi sono sentito molto bene per questo. In clinica universitaria sei un isolato che lavora senza uno straccio di aiuto e senza considerazione, dicendola tutta: una specie di numero tra tanti. E si capisce anche perché in quanto si affronta un livello di studio e di pratica della medicina che non permettono altro se non un profondo immedesimarsi in quell'impegno".

Dell'Università Cesare Cappellina osserva l'altra parte, cioè quella che spetta allo Stato e al suo programmare: "I numeri parlano chiaro visto che si laureano diecimila nuovi medici ogni anno e che solo un terzo di questi arriva allo studio di specializzazione. Ammesso che poi tutti vadano fino in fondo, ci sono gli altri settemila che necessariamente puntano verso altri obiettivi il primo dei quali è la professione del medico di famiglia attraverso i vari passaggi previsti. Io credo che in questa situazione di numeri e tenuto conto che la spesa sanitaria corrisponde oggi ad oltre la metà del bilancio nazionale attraverso le Regioni, il futuro di questa medicina sarà sempre più legato alla medicina privata".

Come dire che lo Stato ha il fiato corto e prima o poi dovrà arrendersi all'evidenza di non poter tirare avanti ancora per molto? Più o meno sì, è la risposta dello specializzando chirurgo: "Credo che si possa dire proprio così e che in effetti ci sia un pericolo di collasso da parte del pubblico. Come andrò a finire non lo so, ma la sensazione è che prima o poi si dovrà trovare una via comune da percorrere con il settore privato". Il destino alternativo per tanti nuovi medici -è la conclusione- quale sarà se non tentare la carta dell'emigrazione in Europa? È già un fatto concreto, ma potrebbe trasformarsi in un fenomeno molto più rilevante. Il biglietto aereo da comprare? Germania, Gran Bretagna, Francia, Paesi scandinavi.

 

nr. 32 anno XIX del 20 settembre 2014



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