NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Giovani e lavoro, è sempre allarme occupazione

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Giovani e lavoro, è sempre allarme occupazione

Gianfranco Refosco, segretario provinciale Cisl: «Frattura tra il mondo della scuola e quello del lavoro, una carenza strutturale che va risolta con progetti»

Giovani e lavoro, è sempre allarme occupazione (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Nel dibattito abbiamo coinvolto anche Gianfranco Refosco, segretario provinciale della Cisl, il principale sindacato per numero di iscritti nel Vicentino. «Sono dati preoccupanti – la sua prima analisi – perché una realtà in cui il tasso di disoccupazione giovanile risulta alto, ha come conseguenza una società sostanzialmente bloccata non solo dal punto di vista lavorativo ma anche della vivacità e dei consumi. Per la verità nulla di così sorprendente, in quanto si tratta di un trend già chiaro da anni. Il calo di posti di lavoro è collegato alla chiusura di aziende ma anche ai pochi nuovi posti di lavoro, senza dimenticare che l'aumento dell'età lavorativa ha di fatto penalizzato l'ingresso dei giovani visto che si è rallentato anche il turn-over. Tuttavia il dato più preoccupante a livello assoluto è il dato riferito alla rassegnazione dei nostri ragazzi in cerca di un lavoro».

C'è inoltre una carenza strutturale, secondo Refosco, a complicare le cose. «A livello scolastico – precisa - siamo in ritardo rispetto alla media europea sulla percentuale di laureati, da noi più bassa rispetto a molti altri Paesi. Da tempo nel nostro Paese esiste una frattura tra il mondo della scuola e quello del mondo del lavoro. E' un problema da risolvere con progetti seri e articolati, che consentano ai giovani di essere accompagnati in quella fase, una volta ottenuto il titolo di studio, relativa all'ingresso nel mondo del lavoro. Come Cisl Vicenza siamo impegnati per colmare questa lacuna».

Proprio il segretario della Cisl Vicenza, assieme ai responsabili provinciali degli altri due sindacati (Marina Bergamin della Cgil e Grazia Chisin della Uil) è stato

coinvolto in questi giorni nella proposta di un innovativo modello aziendale che prevede la partecipazione dei lavoratori alla vita dell'impresa. Il progetto, presentato domenica 22 febbraio al Ministro del lavoro Giuliano Poletti dai vertici degli industriali e degli stessi sindacati, prevede che, su base volontaria, i lavoratori delle aziende possano aderire all'iniziativa destinando una componente dello stipendio, o del premio o comunque una parte del salario, lasciandolo in azienda come forma di risparmio. «E' un cambiamento culturale per imprenditori e per lavoratori – spiega Refosco - ma anche un investimento reciproco: se il lavoratore investe nell'impresa, l'impresa deve investire in quel lavoratore. Se riusciamo nel progetto, cambia tutto nel rapporto tra lavoratore e impresa, perché la condivisione porta a rapporti di tipo più collaborativo che conflittuale: un ruolo dei lavoratori più attivo può portare anche a dei miglioramenti nella gestione delle imprese.

«La figura ideale per un progetto simile – conclude Refosco – è proprio quella del giovane, che ha sicuramente una maggiore capacità di mettersi in gioco e di recepire nel modo migliore un input del genere, soprattutto in un momento in cui le difficoltà di nuovi posti di lavoro sono evidenti. Non è un caso che sono in crescita i giovani che aprono una partita Iva».

 

Luca Romano, sociologo: «All'estero gli inserimenti nel mondo del lavoro maggiormente strutturati, per questi molto giovani emigrano in Europa e sono apprezzati»

Infine concludiamo questa carrellata con il sociologo Luca Romano, con un passato anche da amministratore ed ex-politico, al quale abbiamo chiesto di commentare i risultati della ricerca.

Giovani e lavoro, è sempre allarme occupazione (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)«Questi dati, così come altri che emergono da statistiche simili - tiene a precisare Romano, responsabile della società "Local Area Network” di Padova, che si occupa anche di queste dinamiche - vanno presi con le pinze, anche se indubbiamente nell'ultimo decennio è cresciuto il tempo in cui un giovane dopo aver conseguito un titolo di studio trova un lavoro stabile o comunque soddisfacenti. Questo periodo, all'inizio degli Anni Duemila era di circa un anno e mezzo, adesso siamo nell'ordine di una media attorno ai 3 anni. I casi più frequenti sono riferiti ai giovani che hanno acquisito un titolo di studio importante, una laurea ma anche un buon diploma, che non rende facile i processi di inserimento nel mondo del lavoro. Non sempre si può parlare realmente di "scoraggiato", direi più "allarmato" in quanto viene proposto al giovane un lavoro ritenuto, anche giustamente, inferiore rispetto al titolo acquisito. Si entra molto spesso in quella che viene definita un'area grigia, fatta di lavori sommersi o saltuari, di collaborazioni o impegni a tempo».

Per il sociologo vicentino, così come prima accennava il segretario provinciale della Cisl, il nodo cruciale è legato alla scuola. «Il discorso parte da distante, sin dalla scelta – fa notare Luca Romano – spesso ci vorrebbe più logica. Ad esempio esiste una carenza generale di ingegneri, soprattutto nel settore della chimica, al contrario ci sono migliaia di laureati in settori completamenti opposti che fanno fatica a trovare un posto. Lo stesso discorso vale per i cuochi e gli chef, una professione molto pubblicizzata dalle trasmissioni televisive, quando invece servirebbero maggiormente tecnici specializzati e artigiani»

Anche per Romano «è necessario preparare maggiormente gli studenti al mondo del lavoro, gli strumenti ci sono, è necessario applicarli e intensificarli: mi riferisco all'alternanza scuola-lavoro e all'orientamento. All'estero sono più avanti di noi: ad esempio in Germania portano avanti il progetto che prevede sei ore a scuola e sei ore in azienda, forse non è un caso che in questo Paese ci sia il tasso di disoccupazione giovanile più bassi in Europa. Perché i nostri giovani sono attratti dall'esperienza fuori dall'Italia? Perché all'estero gli inserimenti nel mondo del lavoro sono più strutturati, in particolare nelle multinazionali. Il fatto che poi gli studenti italiani siano ben accetti, significa che la nostra formazione è comunque buona».

 

nr. 08 anno XX del 28 febbraio 2015 



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