NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il teorema Landini? Non si capisce la tesi...

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Il teorema Landini? Non si capisce la tesi...

IL DIFETTO DELLA COPERTA CORTA- Tiri da una parte, si scopre l'altra: è il difetto della coperta corta, non basta mai perché non ha sufficiente misura per ottenere il risultato. Da quanto hanno detto finora Ubaldo Alifuoco ed Egidio Pasetto, con la sua parabola sull'ALFA e l'OMEGA, chiarisce oltre ogni dubbio possibile come in realtà la nuova formazione politico-sindacal-movimentista di Landini abbia dietro questa sua sigla tutto sommato accattivante un qualcosa di molto distante dalla possibilità di farne un vero progetto politico: Coalizione Sociale potrebbe insomma rivelarsi un altro fantasma della vecchia sinistra, proprio come è accaduto e continuerà ad accadere a Sinistra E Libertà di Niki Vendola, una specie di ectoplasma ricco magari di voglie nemmeno tanto nascostamente espresse ma in realtà vuoto di contenuti e ancora di più di qualsiasi possibilità di arrivare ad una sintesi che convinca quel popolo di sinistra che secondo il leader della FIOM dovrebbe appoggiarlo e fornirgli la materia prima per passare dalle parole ai fatti, dalla teoria alla pratica, lungo un comunque difficile percorso che nelle intenzioni ha come traguardo finale null'altro se non il Parlamento. Ma le premesse, come da parere di Alifuoco e Pasetto non sono esattamente entusiasmanti se è vero come è vero che sindacalisti di marca alta e di lunghissima esperienza dentro questa proposta non ci vedono niente più che molta confusione e ancora maggiore incertezza nel fare qualcosa, come e coinvolgendo chi. Il panorama dei pareri si chiude con Bruno Oboe, ancora oggi vicinissimo alla CISL vicentina della quale è stato un vero e proprio guru, la guida negli anni bollenti quando ogni vertenza era una battaglia anche sulle virgole, l'uomo che ha guidato la segreteria provinciale ed è poi passato ai direttivi del Veneto e nazionale. Oboe come vedrete tra poco esprime gli stessi dubbi dei suoi due colleghi, ex colleghi di allora, ma ci aggiunge qualcosa che va oltre: si augura che Landini decida al più presto che cosa e come fare togliendo il disturbo nel più breve tempo possibile: con le idee confuse che si ritrova, dice Oboe, se continua così finirà col coinvolgere e travolgere anche il suo sindacato, un sindacato che ha ottimi elementi pronti a sostituirlo con piena facoltà e lucidità. Se non se ne va, conclude Bruno Oboe, provocherà danni veri al sindacato, ai suoi iscritti e anche ai lavoratori che di questi tempi di tutto hanno bisogno tranne che di vedersi complicare ulteriormente la vita.

Bruno_Oboe (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)UN AUGURIO: SE NE VADA AL PIU' PRESTO- Non è tenera la formula con cui Oboe liquida la questione Landini: meglio che se ne vada al più presto, rischia di fare danni irreparabili ai lavoratori. Sul progetto Oboe è anche più esplicito: "È tutt'altro che chiaro questo programma, Landini è confuso, non sa dove andare, con chi e per fare che cosa ed in questo modo rischia davvero di sfaldare la forza del suo sindacato. Io penso che prima se ne va tanto meglio sarà; non ci saranno rimpianti. teniamo presente che la CGIL ha tanti ottimi dirigenti in grado di fare molto meglio di lui. La cosa che mi ha sorpreso di più e anche infastidito di più è stato il tentativo per presentare come acquisito e ottenuto il placet della Camusso. Ma la Camusso, poche ore dopo, ha detto in conferenza stampa e successivamente con un comunicato molto chiaro che la CGIL non ha nessuna intenzione di affiancare Landini e la FIOM così come lui la interpreta presentando questo progetto che non convince nessuno. Io mi domando perché non ci sia abbastanza lucidità per capire che certe sovrapposizioni non si possono fare, sono indecenti. Quando mi è stato proposto di entrare in politica ed ho deciso che mi andava di farlo la prima cosa a cui ho pensato è dare immediate dimissioni dal mio ruolo nel sindacato. L'ho fatto due mesi prima di decidere che volevo entrare in politica, non ho pensato neppure per un attimo di sommare una cosa all'altra. Invece lui tenta di mischiare, come già in passato tanti altri che sapevano praticamente tutto e che sono falliti uno dopo l'altro: è successo a Di Pietro, Ingroia, Bertinotti, di esempi ce ne sono in abbondanza e mi stupisce molto che la storia non insegni niente. Sono atteggiamenti che provocano disagio, che appesantiscono qualsiasi organizzazione, di qualsiasi genere; non credo che il Partito Democratico darà una qualunque sponda a Landini, ma credo davvero che se non se ne va alla svelta dal sindacato otterrà l'unico risultato di provocare danni che alla fine si ripercuoteranno una volta di più sui lavoratori. Dovrebbe chiedersi almeno se questa prospettiva è accettabile o no, se è il caso o no di causare danni ai lavoratori che di questi tempi di tutto hanno bisogno tranne che di farsi complicare la vita da avventure di questo tipo".

DALLE 150 ORE ALLA DISAFFEZIONE- Una breve puntualizzazione dei vent'anni tra gli anni 70 e il 1990, quando gli orientamenti contrattuali fissati nel 1969, trovarono conferma nella successiva tornata dei contratti nazionali sia sotto il profilo dell'egualitarismo (parificazione tra operai ed impiegati) sia sotto il profilo della stabilità dell'impiego e delle garanzie del salario. I rinnovi contrattuali del 1972-1973, ebbero come protagoniste le federazioni di categoria ed in particolare la federazione unitaria dei metalmeccanici (FLM) nata nel 1972. Furono introdotti istituti nuovi come le 150 ore annuali di diritto allo studio. In linea di massima la flessibilità produttiva delle aziende venne compressa riducendo la mobilità del lavoratore e il ricorso allo straordinario. Tuttavia la firma dei contratti non garantì le aziende sulla riconquista della pace sindacale perché la conflittualità interna continuò a essere alta per la richiesta di ulteriori miglioramenti salariali. Nel panorama industriale italiano cominciò, pertanto, a verificarsi la disaffezione, vale a dire l'abbandono o il disinvestimento da parte degli imprenditori; in altri casi gli imprenditori erano attenti a non superare la soglia dei 15 dipendenti che avrebbe fatto scattare le garanzie sindacali e d'impiego previste dallo statuto dei lavoratori. Tutto questo accentuò notevolmente la frizione tra piccola e grande impresa caratteristica della dialettica interna di Confindustria negli anni '70.

 

nr. 12 anno XX del 28 marzo 2015



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