NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Lo stesso che nuotare da… Vicenza a Zanè

di Giulio Ardinghi

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Lo stesso che nuotare da… Vicenza a Zanè

Lo stesso che nuotare da… Vicenza a Zanè (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)MA SE L’HANDICAP LO FA L’AMBIENTE…- Riccardo Cagnes dello sportello per la disabilità "Diamoci una mano" gestito dalle associazioni aderenti al Comi.Vi.H. (Anffas, Aias, Agendo, associazione genitori Nuovo ponte, H81, Autismo Triveneto, Aquilone 2004), associazioni impegnate nella disabilità, dice che quello di Enrico Giacomin è il caso limite al quale bisogna fare riferimento quando si parla di disabilità e recupero. Chi si occupa da anni di questo settore, spiega Cagnes, sa benissimo che è il contorno a creare le difficoltà peggiori a chi deve affrontare una vita in costante recupero di spazi, situazioni, misure. È l’ambiente che riesce a peggiorare gli stati di handicap, non è il contrario. Penso sempre che se le città fossero fatte a misura dei disabili andrebbero benissimo anche per noi; è il contrario che non va: le città sono fatte a misura nostra, per noi che non abbiamo problemi, e mettono invece in grande difficoltà proprio loro, i disabili. Le imprese di Enrico Giacomin sono una vera e propria affermazione di valori; si tratta di una sfida che non coinvolge lo spirito agonistico, se mai uno gareggia con se stesso; è invece un modo formidabile per ristabilire alcuni principi che debbono trovare riconoscimento vero e non essere mai messi in discussione. Quando parlo di ambiente che è capace di mettere in difficoltà i disabili non mi limito a quelle persone che come Giacomin hanno problemi di movimento quale che ne sia la causa, allargo il discorso anche alle disabilità mentali e intellettuali. Anche per queste persone che ne sono portatrici vale il discorso di un ambiente che opprime e non facilita, di tutto un contorno sociale e civile che non aiuta e che anzi tende a chiudere in un angolo queste situazioni, come fossero colpe da scontare. Ripeto: se le città fossero a misura dei disabili saremmo anche noi non disabili a poterne usufruire in modo vantaggioso, ma le città sono fatte per noi e non per loro e questo provoca tutti i disagi che conosciamo benissimo per pratica quotidiana, con tutti gli ostacoli che si incontrano ad ogni angolo di strada. Spero che l’esempio di Enrico Giacomin venga seguito e faccia tanti altri proseliti perché è un punto di riferimento prezioso. Del resto ricordiamoci che le Paraolimpiadi, quelle appena concluse in Brasile, sono nate proprio per celebrare la capacità dell’uomo in difficoltà che sa tirarsene fuori e affermare la propria voglia di vivere come tutti i suoi simili. È questo l’insegnamento più importante per tutti…”.

Lo stesso che nuotare da… Vicenza a Zanè (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)È NATA “DIAMOCI UNA MANO”- A proposito di lavoro in difesa della disabilità, da registrare come abbiamo già accennato l’ultimo importante avvenimento in città: dove per anni ha operato il laboratorio artigiano dell’Anffas ha trovato posto anche la nuova sede di “Diamoci una mano”. All’avvio di questa nuova realtà oltre all’assessore Sala c’erano il presidente Comi.Vi.H. Riccardo Cagnes, il presidente di Anffas Vicenza Vanni Poli e il responsabile dell'Unità disabilità dell'Ulss 6 Mauro Burlina. Aperto nei locali comunali già in uso all'Anffas per la bottega artigiana in cui operano persone con disabilità intellettiva frequentanti il Ceod di Lisiera, lo sportello offrirà informazioni e competenze specifiche per accedere alla rete dei servizi presenti sul territorio rivolti alle persone con disabilità e ai loro famigliari, e mirerà ad essere un ponte fra le famiglie e con l'intera comunità. Questa nuova realtà è il frutto del centro di Lisiera intitolato a Ferruccio Poli, vero unico e indimenticabile pioniere del grande lavoro compiuto nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dell’organizzazione sanitaria per affermare la necessità di dare ai disabili di tutti i gradi una dignità che fino agli anni 60 gli era stata negata nei fatti perfino dalle stesse famiglie per le quali il problema della gestione di un ragazzo disabile era per definizione inaffrontabile. Fu proprio Ferruccio Poli che si presentò un 1. ottobre alla scuola elementare vicina a casa per reclamare il diritto dei figlio, autistico dalla nascita per un trauma provocato al parto, a frequentare la scuola pubblica. Il diritto era innegabile, ma la scuola non era attrezzata, non aveva la minima idea di come rispondere ad una sollecitazione come quella di Poli. Il quale reclamava l’accoglimento della sua richiesta anche sotto l’altro profilo: non solo quello del diritto dei figlio, ma anche quello del dovere suo proprio di padre che secondo la Costituzione italiana era obbligato a fornire al ragazzo l’istruzione pubblica prevista.

Quel 1.ottobre 63 è rimasto a fissare una data indimenticabile che fa da punto di partenza ad un lavoro durato poi decenni lungo i quali le famiglie dei ragazzi disabili e subnormali hanno imparato a riconoscere i giusti termini della questione, hanno messo da parte il sentimento di disagio e vergogna in cui avevano vissuto tenendo chiusi in casa i propri figli per arrivare finalmente ad un progetto di convivenza e riabilitazione che non poteva non coinvolgere oltre alle famiglie anche le istituzioni. Se oggi, pure in mezzo a mille difficoltà e altrettanti tentativi di investire di meno in questo settore da parte dei politici, esistono realtà che rispondo alla domanda di fondo di ciascuno dei genitori di un ragazzo disabile il merito è di Ferruccio Poli e di quella sua iniziativa. La domanda è quella più scontata: che ne sarà di loro dopo di noi? Il grande lavoro delle associazioni e delle stesse famiglie è servito e serve anche e soprattutto a rispondere in chiave positiva: ci sarà qualcuno che prenderà il testimone e provvederà a che questi ragazzi non rimangano da soli e possano contare ancora su una casa accogliente e su una organizzazione che a questo punto è molto ben collaudata.

 

nr. 34 anno XXI del 1 ottobre 2016

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