NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Franco Perlotto
uno "Spirito Libero"

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Franco Perlotto<br>
uno "Spirito Libero"

Mirella Tenderini scrive nella prefazione che il suo spirito di vagabondo non si conciliava con le regole della sponsorizzazione

Franco Perlotto<br>uno "Spirito Libero" (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"Il frutto più tangibile di questo mio modo d’essere è stata l’assenza di quattrini in tasca che ha caratterizzato e continua a definire la mia vita intera. Non si tratta di una scelta ma, sottolineo, di un modo d’essere. Nei primi anni ottanta ho lavorato come consulente entusiasta su nuovi prodotti per il free climbing con aziende leader del settore contribuendo alla nascita di linee di abbigliamento, scarpe e attrezzature più adatte alla nuova filosofia. Ho contribuito concretamente alla loro divulgazione con impegni culturali e tecnici sulla stampa e in televisione. Sicuramente ho avuto enorme soddisfazione, ma non era questo il metodo della sponsorizzazione. Non avevo il carattere per fare il testimonial che faceva pesare la propria improbabile superiorità, né il physique du rôle. Mi ricordo che l’amico Claudio Cavalieri D’Oro mi aveva consigliato di farmi crescere almeno qualche pelo sulla faccia da impiegato che avevo. Per un periodo ho provato con un paio di baffi..."

Il suo libro s'intitola Spirito libero: cos'è per lei la libertà e che prezzo ha?

"Copertina e titolo non li ho scelti io, bensì l’editore, come di prassi. Piaceva molto anche a Mirella Tenderini che ha curato questa edizione di miei racconti di scalate e di vita. Probabilmente vedendomi talmente tagliato fuori dalle righe e dagli schemi hanno sintetizzato il mio essere intollerante a qualsiasi inquadramento con questo titolo... almeno io l’ho capita così. In realtà non sono mai andato in cerca della Libertà, con la elle maiuscola. Mi sono sempre mosso come veniva consono al mio modo d’essere. Certamente avrò sicuramente pestato i piedi a filosofi e vati della libertà chiacchierata e sbandierata con l’unico risultato concreto di essere perennemente senza quattrini in tasca. Vedo tuttavia che qualche sensazione positiva, qualche idea. alla fine l’ho lasciata nell’aria e per questo ci sono molte persone che mi stimano. Questo non ha prezzo".

Lei scrive del "senso del grandioso", a cosa si riferisce?

Franco Perlotto<br>uno "Spirito Libero" (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"Il senso del grandioso, uno ce l’ha o non ce l’ha. Mettersi a piangere da soli di fronte ad un paesaggio, ad una sensazione, ad un evento umano o della natura, credo sia successo a molti. Ma a molti, purtroppo, non riesce. Si tratta di quella sensazione comune che incanta, stupisce, commuove sia nelle piccole che nelle grandi cose. Un gesto, una parola talvolta, una visione che fa percepire qualcosa di grande, di grandissimo, di suggestivo e maestoso. Tanto per rendere l’idea: cosa c’è di grandioso su una pietra appoggiata sopra ad un’altra come segno di passaggio umano su un ghiaione qualsiasi? Qualcuno lo percepisce, altri no. Questione anche di circostanze e di momento, ma anche un semplice sasso può essere grandioso. Basta vederne il senso...".

Qual è l'impresa che le è rimasta di più dentro?

"Non ho mai cercato di fare un’impresa. Ho fatto salite difficili senza cercare il record. Se qualcuno ora chiama imprese alcune mie scalate non è sicuramente volontà mia: talvolta ne sono meravigliato, sicuramente ora ne sono soddisfatto. Non ho mai cercato la via famosa sulla cima famosa per diventare famoso. Per esempio quella volta che nel 1977 stavo scendendo dalla solitaria della via degli Svizzeri al Gran Capucin e i miei amici Carabinieri di stanza al confine di Punta Helbronner mi sono venuti incontro, l’impresa mi è sembrata piuttosto la risalita della rampa del Col Flambeau verso il rifugio Torino. Nessuno di noi sapeva che era una prima solitaria: l’ho scoperto qualche anno dopo quando fui interpellato da Gino Buscaini che stava riscrivendo la guida del Monte Bianco. Nel 1983, quando i rocciatori dell’epoca andavano soprattutto in Patagonia o su altre pareti celebri, Gianni Bisson ed io in quattro giorni salimmo una via sulla destra orografica del Salto Angel, la cascata più alta del mondo in Amazzonia: eravamo coscienti che le imprese comunemente intese erano altre. Ora sentire chiamare “impresa” quella salita mi fa grande piacere. Ma dentro di me sono rimaste soprattutto le solitarie del Trollryggen, del Breitind e del Kongen in Norvegia, di Lurking Fear sul Capitan in California, di quelle senza corda sulle Dolomiti...".

Non ha solo scalato montagne ma anche compiuto missioni umanitarie: cosa le ha dato questo suo impegno?

"L’impegno alla cooperazione è arrivato quasi per caso nel 1989 in uno dei miei momenti di profonda crisi economica. Le aziende del settore alpinistico non mi consideravano più e serviva qualche quattrino per la sopravvivenza. Era un lavoro che mi si addiceva e che mi riusciva particolarmente bene, anche se purtroppo mi ha tenuto per anni lontano dalle montagne. Ho avuto grandi soddisfazioni soprattutto negli anni passati in Amazzonia che mi sono valsi una laurea ad honorem dall’Università di Viterbo. Ma anche la Palestina, lo Sri Lanka, il Congo, il Sud Sudan, il Ciad sono state esperienze che mi hanno dato molto umanamente. Dare una mano a chi ha meno di me mi ha aiutato molto, ma anche questa non è stata una scelta filosofica".

 

Franco Perlotto è guida alpina, viaggiatore, giornalista. Ha visitato una cinquantina di paesi in tutto il mondo e ha scalato alcune migliaia di montagne, molte delle quali da solo. Ha vissuto per tre anni con gli indios Yanomami nella foresta brasiliana e per quattro anni ha coordinato un programma del Ministero degli Esteri contro gli incendi forestali in Amazzonia. Ha operato in missioni umanitarie in Afghanistan, Palestina, Ciad, Bosnia, Zaire, Rwanda, Sudan, Congo, Sri Lanka e Brasile.

 

nr. 08 anno XXII del 4 marzo 2017

Franco Perlotto<br>uno "Spirito Libero" (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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