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O piccole o grandi le memorie patrie, è dovere di conoscerle, perché nel passato è gran parte del nostro avvenire, scriveva Niccolò Tommaseo, patriota e scrittore italiano dell'800, autore del Dizionario della Lingua Italiana e del Dizionario dei Sinonimi. E così, riscoprire la storia di Vicenza attraverso i documenti antichi conservati negli archivi, è il compito che si è assunto il vicentino Luciano Parolin, con la stessa appassionata ricerca usata nel precedente Giornali di Pietra del 2011. Con Giornali Murali, volume che raccoglie i manifesti pubblici ritrovati consultando l' archivio storico del Comune di Vicenza, Parolin ci offre oggi ulteriori spunti e approfondimenti. Il libro, presentato in questi giorni a Palazzo Trissino alla presenza dell'autore e del Vicesindaco Jacopo Bulgarini, a corollario del weekend dedicato ai festeggiamenti per La Rua, raccoglie una serie nutrita di documenti storici: dallo Statuto albertino del 1848, primo esempio di costituzione breve, alla proclamazione del Regno d’Italia del 1861 e alla fine della dominazione austriaca in Vicenza nel luglio 1866 proseguendo con le innovazioni che hanno trasformato l’assetto e il quotidiano dei vicentini, utilizzando i relativi proclami e avvisi di riferimento che, a seconda dei casi, recavano l’aquila bicipite, lo scudo sabaudo fino ad arrivare alle insegne cittadine con il consolidamento delle strutture amministrative locali, a cominciare dalla definizione degli organismi deliberativi comunali della Giunta e del Consiglio.
Con questo lavoro Parolin illustra la comunicazione istituzionale dell'epoca analizzando come le decisioni prese da un organismo deliberativo pubblico venivano trasmesse ai cittadini con termini e modalità comprensibili ai più come manifesti murali e proclami. Come scrive nella prefazione del libro Antonio Ranzolin, responsabile dell'Archivio Comunale, capita a volte, ed è questo il nostro caso, che qualche appassionato ricercatore per la trattazione di un argomento storico, anziché ricorrere a studi recenti oppure a poco note e spesso fascinose pubblicazioni d’epoca, decida di accedere direttamente alle fonti e quindi, forzatamente, entrare nell’universo parallelo degli archivi e della documentazione che questi ordinatamente conservano. La documentazione conservata negli archivi infatti, diversamente da altre forme di raccolte artificiali come possono essere quelle di musei e biblioteche, risponde ad un preciso compito che è quello di dare testimonianza di un fatto realmente accaduto garantendo al contempo l’autenticità del contenuto e delle forme con cui lo stesso è riferito nella materialità del suo supporto che lo conserva. I fatti sono lontani nel tempo e gli attori hanno abbandonato il contesto reale dei relativi accadimenti? Non è un problema: a volte risulta sufficiente anche quanto riferito da una breve nota autografa conservata di un protagonista o da un testimone dell’evento su cui si sta indagando per ricostruire dinamiche e situazioni allo stesso connesse; il tutto poi spesso lo si trova reso con una vivacità e immediatezza per cui sembra quasi di assistervi personalmente se non da protagonisti per lo meno da spettatori.
L’impostazione didascalico - antologica accompagna il lettore in maniera leggera ma puntuale nel fargli rivisitare gli episodi a partire da quella data storica del 1848 che non fu solo cittadina ma coinvolse gli assetti istituzionali e la geografia politica dell’epoca. Nella pubblicazione, accanto alla riproduzione del manifesto, spesso è riportato l’antefatto che lo aveva prodotto o l’interpretazione a posteriori data dalla stampa dell’epoca, che oltre che riportare la decisione cercava di interpretare, anche se parzialmente, gli umori dei cittadini.
È evidente che in una situazione come quella contemporanea in cui siamo bombardati dalle news in ogni momento del quotidiano - scrive ancora Ranzolin - la dematerializzazione dei supporti ha non solo ha relegato quelli fin qui considerati in un angolo buio: obsoleti, surclassati sempre più da altre fonti di informazione – distrazione in costante aggiornamento tecnologico. Tante informazioni dunque che non sono quasi mai definitive o risolutorie dal momento che la loro valenza è complementare a quelle che usciranno in sequenza e in breve termine: l’ultima uscita brucia la precedente in un percorso senza soluzione di continuità. D’altronde siamo o non siamo nell’era dell’informazione permanente? Celerità nelle informazioni e caducità delle stesse quindi; la fretta personale poi dà il suo contributo per cui il loro contenuto viene dal singolo soggetto al massimo provvisoriamente parcheggiato in una forma di memoria volatile che non è certo destinata a durare nel tempo dal momento che è il contenuto stesso dell’oggetto ad avere vita breve.