Comunque non sono solo i vicentini a essere chiamati "gattofagi", ma anche Charles Dickens, ne "Il Circolo di Pickwick", scrive di un "pasticcio di gatto", mangiato allora abitualmente dagli inglesi. Hanno il felino fra le loro ricette tradizionali i cinesi della provincia del Guangdong, dove sembra che finiscano nel piatto quattro milioni di mici all'anno. Quindi non solo i vicentini hanno questa triste nomea di divoratori di felini ed allora sorge il problema storico da dove possa essere nata questa antichissima e storica diceria.
L'unico collegamento storico è rintracciabile nel 1509. Padova è attaccata dalle truppe della lega di Cambrai, allestita contro la Serenissima Repubblica. Tra gli aggressori ci sono i vicentini, tradizionali nemici dei sudditi dei Carraresi. E sarebbe a loro che i padovani mostrano in segno di disprezzo dall'alto delle mura una gatta appesa a una lancia: «Lo sfottò era riferito alla macchina da guerra conosciuta come "il gatto" e utilizzata anche dalle truppe imperiali». L'invito è a sfondo sessuale: «Venite a prendere, nel senso biblico di "possedere", la gatta, se ne siete capaci».
Poi ci sono le leggende. Una raccolta dello scrittore Virgilio Scapin, secondo il quale negli anni Venti del ‘400 i veneziani invasi dai topi avrebbero chiesto alcune centinaia di gatti a Vicenza (città che sarebbe stata piena di gatti richiamati dall'aulente profumo del baccalà), ma i vicentini non riuscirono a rispondere all'appello perché i gatti erano tutti spariti "come se qualcuno se li fosse mangiati". Un'altra racconta il contrario: furono i vicentini, preoccupati da un'invasione di topi agli albori del Settecento, a chiedere ai veneziani una fornitura di felini rastrellati per calli e campielli e portati sotto il monte Berico in barca lungo il Bacchiglione per non essere mai più restituiti.