NR. 41 anno XXVIII DEL 25 NOVEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Perché i vicentini sono “magnagati”?

Beppe Bigazzi scacciato dalla trasmissione televisiva "La prova del cuoco" trova riferimenti per la sua affermazione in antichi documenti anche inglesi

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Perché i vicentini sono “magnagati”?

Per aver sostenuto che i gatti in padella "sono molto più buoni di tanti altri animali", Beppe Bigazzi è stato cacciato dalla trasmissione "La prova del cuoco", vittima illustre del "gato in tecia", come i vicentini che da cinquecento anni sono chiamati "magnagati". Da dove nasce questa nomea? A questi interrogativi cerca di dare una risposta Antonio De Lorenzo, nellibro "Vicentini magnagati" (Terra Ferma), anche se non riesce a dare una risposta esaustiva sull'origine di questo detto. Di Lorenzo è un cultore di cose vicentine e sotto lo pseudonimo di "Anonimo Berico" ha scritto libri di irresistibile e intelligente comicità come "Il dono dell'Ubiquità" (Galla libreria editrice) e "L'Arcipelago Gulasch".Sono state verificate le leggende e i racconti popolari che associano i vicentini ai gatti.

Antichi proverbi
La più importante stanel documento più antico (1535), citato nei proverbi di Manlio Cortelazzo, in cui si parla di vicentini e gatti, il che potrebbe significare semplicemente che i primi sono "furbi", perché nel dizionario del dialetto vicentinoTurato-Durante "gato" è sinonimo di uomo accorto. Le accezioni gastronomichetrovano documento nel decreto salva-gatti del prefetto nel 1943 che proibiva, in un periodo bellico di fame e carestia, di uccidere e mangiare i gatti, decreto, peraltro, emanato non solo a Vicenza, ma in tutte le province d'Italia.Ulderico Bernardi, in "Veneti", associa l'epiteto a "episodi bellici medievali, in cui i vicentini, ridotti allo stremo si sarebbero mangiati anche i gatti".

Anche gli inglesi

Comunque non sono solo i vicentini a essere chiamati "gattofagi", ma anche Charles Dickens, ne "Il Circolo di Pickwick", scrive di un "pasticcio di gatto", mangiato allora abitualmente dagli inglesi. Hanno il felino fra le loro ricette tradizionali i cinesi della provincia del Guangdong, dove sembra che finiscano nel piatto quattro milioni di mici all'anno. Quindi non solo i vicentini hanno questa triste nomea di divoratori di felini ed allora sorge il problema storico da dove possa essere nata questa antichissima e storica diceria.


Lo sfottò dei padovani

L'unico collegamento storico è rintracciabile nel 1509. Padova è attaccata dalle truppe della lega di Cambrai, allestita contro la Serenissima Repubblica. Tra gli aggressori ci sono i vicentini, tradizionali nemici dei sudditi dei Carraresi. E sarebbe a loro che i padovani mostrano in segno di disprezzo dall'alto delle mura una gatta appesa a una lancia: «Lo sfottò era riferito alla macchina da guerra conosciuta come "il gatto" e utilizzata anche dalle truppe imperiali». L'invito è a sfondo sessuale: «Venite a prendere, nel senso biblico di "possedere", la gatta, se ne siete capaci».

 

Le leggende

Poi ci sono le leggende. Una raccolta dello scrittore Virgilio Scapin, secondo il quale negli anni Venti del ‘400 i veneziani invasi dai topi avrebbero chiesto alcune centinaia di gatti a Vicenza (città che sarebbe stata piena di gatti richiamati dall'aulente profumo del baccalà), ma i vicentini non riuscirono a rispondere all'appello perché i gatti erano tutti spariti "come se qualcuno se li fosse mangiati". Un'altra racconta il contrario: furono i vicentini, preoccupati da un'invasione di topi agli albori del Settecento, a chiedere ai veneziani una fornitura di felini rastrellati per calli e campielli e portati sotto il monte Berico in barca lungo il Bacchiglione per non essere mai più restituiti.

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