Lunedì 30 settembre, al Teatro Remondini di Bassano, per la rassegna Bmotion di Operaestate, la compagnia "Collettivo Cinetico", ha portato in scena l'opera "XD". Presentato per "Bmotion teatro" è effettivamente uno spettacolo di danza, incentrato sull'indagine dei rapporti e sull'interazione tra corpo e spazio. Ne abbiamo parlato con Francesca Pennini, autrice e protagonista dell'opera.
Tu e gli altri danzatori preparate la scena nudi e seminudi, alcuni hanno addosso delle strisce colorate che ricordano le tute da ginnastica. Come mai hai lasciato il retropalco a vista?
Francesca Pennini: «È un lavoro sul dentro e fuori la scena, in cui il fuori, cioè quello che non deve essere visto, viene visto ma si instaura una sorta di contratto con lo spettatore per cui è come se non fosse visto. Un po' come le tute della Adidas, che sono esplicitamente fasulle ma che lasciano vedere la pelle».
Come le avete realizzate? Con del colore?
«No, è proprio nastro adesivo isolante».
Il pubblico entra in sala mentre la scena viene allestita con degli oggetti e dello scotch. Ad un certo punto, uno dei ragazzi chiude la porta del palco e l'azione prosegue. Un altro spegne le luci. Si è necessariamente legati a una convenzione secondo la quale lo spettacolo inizia quando si fa buio in sala? Effettivamente c'è un'introduzione che dura una ventina di minuti.
«Gioca proprio su questa norma per cui, per convenzione, lo spettacolo comincia quando si spengono le luci: posso usare questa convenzione per spostare l'attenzione. Comunque viene vista la scelta di far vedere il "prima" ma devo stare al gioco e quindi inizia quando si spengono le luci. Questa idea di "fuori" e "dentro" la scena, attraverso queste vignette di scotch, fatte con i metri, la possibilità di un vestito che è segnalato solo da una marca, è come un vestito nominale, è l'idea del vestito. Non c'è un'intenzione sociale dal punto di vista del personaggio: è una marca talmente famosa che mi consente di far apparire la tuta. Il brand è talmente impressionato nel cervello di tutti, che mi consente, attraverso un'attività di marketing che qualcun altro ha fatto, di restare vestita e nuda allo stesso tempo».
Dal punto di vista sensoriale, luce, corpo e immagine è come se camminassero parallelamente. Il pensiero del primo personaggio, che tu interpreti indossando la maglietta con la X, è espresso con sigle e simboli tipici delle chat. Sembra che venga descritta un'incomunicabilità tra corpo e anima.
«Non è tanto simbolico quello che avviene dentro queste vignette, è più un tentativo di creare dei personaggi che abbiano una funzione prettamente d'immagine e che siano filtrati a livello comunicativo: una volta sono doppiati da questo megafono, una volta da un altro suono. Ci sono vari step comunicativi attraverso i quali l'immagine viene letta. È per filtrarla più che per rendere un personaggio con una scissione interna».
Come mai hai evitato qualsiasi forma di espressione legata alla parola?
«Noi generalmente siamo nella stagione della danza, non lavoro con danzatori, perché nessuno dei ragazzi lo è, io lavoro come danzatrice ma a livello di nomenclatura per me può stare in entrambe. Sicuramente la tensione non è sulla parola ma sul movimento. C'è creazione d'immagine, sull'aspetto visivo del palco e su alcune norme che fanno parte sia del teatro che della danza. Loro non sono danzatori, sono tutti stati sportivi e ginnasti e fanno teatro».
La semeiotica legata alle emoticons usate in rete ha cambiato in qualche modo l'espressività corporea e gestuale, secondo te?
«La scelta delle emoticons, anche nel titolo "XD", nasce come volontà di avere, al posto della parola, un'immagine. L'emoticon sono due lettere ma in realtà sono la sintesi estrema dell'espressività, per cui c'è la volontà di portare nel codice utilizzato, questo sistema di sintesi in cui diventa distillata la caratteristica saliente del movimento».