Questa settimana, al ridotto del Teatro Comunale di Vicenza è partita la rassegna collaterale di danza “Luoghi del contemporaneo-danza” con una pièce degli anni ’80, “Calore” del coreografo Enzo Cosimi. Lo spettacolo fa parte di un importante progetto ideato dalla Dottoressa Marinella Guatterini, critico di danza e docente di estetica della danza. Il progetto si chiama RIC.CI/Reconstruction Italian Choreography anni 80/90, e si prefigge di rivalutare diffondere le coreografie degli anni ‘80 e ‘90 realizzate dai principali danzautori italiani. In “Calore” 4 ragazzi interagiscono tra loro tramite sia la danza che una gestualità teatrale che, sebbene studiata, risulta molto spontanea. Lo spettacolo di Enzo Cosimi è stato proposto con alcune modifiche: nella versione originaria erano presenti un neonato e un gatto (quest’ultimo abbastanza strapazzato), successivamente sostituiti rispettivamente con le registrazioni di vagiti e con un gatto di pelouche. Abbiamo incontrato Enzo Cosimi con cui abbiamo analizzato lo spettacolo.
Questa coreografia è del 1982, epoca gioiosa caratterizzata dall’esplosione della creatività, la moda, il periodo della “Milano da bere”. Gli anni ‘80, in Europa, sono anche sinonimo di punk e soprattutto post punk, di cui vediamo anche dei riferimenti in scena.
Enzo Cosimi: «Questo è un lavoro post punk, viene da un periodo di fine anni ‘70 in cui il teatro concettuale era molto freddo e glaciale e con questo lavoro io volevo aprire una nuova porta, per questo si chiama “Calore”, un titolo assolutamente fondamentale. Certamente risente moltissimo del punk e di questa energia. Il punk è “No future” qua invece non c’è la vena nichilista del punk perché qui c’è futuro e c’è l’energia. Io do un’impalcatura e poi mi piace che uno si faccia il proprio spettacolo guardandolo; io sono felicissimo di tutte le repliche che stiamo facendo, i giovani lo scoprono come se fosse uno spettacolo di oggi, nonostante suoni e musiche sia tutto di 31 anni fa».
A me è sembrato anche molto pop, per questo che volevo chiederti se tu avevi già capito all’epoca che il punk e il post punk inglesi, quella cultura che anche tu definisci appunto nichilista, da noi non avrebbe attecchito particolarmente perché la nostra è una cultura mediterranea oppure se avevi percepito che il post punk da noi sarebbe stato più New Wave e quindi poi pop?
«All’epoca io arrivavo da due anni di permanenza a New York e mi ero anche imbevuto di suoni e ci sono i compositori che ascoltavo all’epoca nei club. Glenn Branca: io lo scoprii in un locale punk di New York e rimasi sconvolto perché lui lavora solo con chitarre elettriche e batterie. Il glamour fa parte comunque del mio lavoro, magari oggi è più mascherato oppure è diverso, il mio ultimo lavoro “Welcome to my world” non è che non contenga il glamour, però ha preso un nuovo vestito».
Il glamour che vediamo è un glamour che risente, secondo me, di una estetica che è figlia della moda: è diversa da ciò che poteva essere tipico di un’estetica come quella che poteva essere di Siouxsie o se vogliamo anche dello stesso Bowie.
«Certo. I ragazzi sono giovanissimi e hanno la stessa età che avevo io all’epoca».
Che film gli hai consigliato di vedere?
«Gli ho detto di vedersi i Sex Pistols su Youtube, che loro non conoscevano, per loro era una cosa nuova. L’avventura e la sfida, per me, è renderlo fresco e attuale: gli spettacoli dopo 3 anni, 4 anni possono invecchiare e invece la cosa che mi fa piacere è che sembra proprio che l’abbiano fatto loro. Ho dovuto smussare certe cose come il gatto o il bambino».