NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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L'arguzia affettuosa di un cervello libero

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L'arguzia affettuosa di un cervello libero

L'arguzia affettuosa di un cervello libero (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)LO AVVICINO A OTELLO DI MARIA- Stefano Ferrio, giornalista, scrittore ed esperto di teatro, ha conosciuto Toni Vedù molto da vicino sia come giornalista che come facente parte di quel gruppo per la verità non troppo nutrito che rappresenta il nocciolo della creatività e della cultura cittadina. Spiega che la testimonianza di Vedù è così forte, articolata e impressa nella tradizione e nel linguaggio vicentino che non c'è pericolo di sbagliarsi nel dire che il ricordo non si affievolirà: "Ho fondate ragioni di credere che di Toni Vedù si parlerà "per generazioni". Lo faranno i suoi coetanei, alla cui colonna sonora, composta di musiche e di emozioni, ha contribuito in modo straordinario come fondatore e componente storico dell'Anonima Magnagati. E lo faranno quei loro figli che hanno seguito i corsi di pittura ed espressione artistica tenuti per conto dell'associazione Ossidiana. Nè ci si ferma qui, perché altrettanto coinvolti saranno quanti, delle generazioni precedenti, magari da pensionati, sono divenuti allievi che Toni seguiva con una passione simile solo alle sue infinite conoscenze. Per cui risulta edificante paragonare Vedù al suo predecessore Otello De Maria, altro grande maestro vicentino, protagonista di un analogo cammino, come artista e come "maestro". Resta ora da capire se questo Palladio Pop dei nostri tempi lascia a Vicenza anche degli eredi in grado di continuare, magari con altre forme, la sua identica "mission". È un interrogativo a cui non so rispondere. Di certo, sapendo quanto di buono e utile Toni ha seminato, confido che qualcuno saprà cosa e come "raccogliere" i suoi preziosi insegnamenti".

Questo riferimento di Ferrio all'operazione Palladio Pop di cui Vedù è stato protagonista con la sua Anonima Magnagati, ma anche attorno a questo gruppo, in un operare da solista lungo tanti e suggestivi fronti, non è un'associazione casuale rispetto all'effettivo significato che l'uomo/artista ha riversato sulla cultura vicentina. Verissimo che l'autoreferenzialità non era la parte forte del suo agire, tutto il contrario, ma verissimo che starsene in disparte del tutto non se lo è mai potuto permettere ed è proprio per questa ragione che il messaggio profondo di questo Palladio Pop ha bisogno come minimo di una generazione che ne sappia ereditare il valore. Chi e in che modo ci piacerebbe poterlo immaginare e raccontarlo, ma non siamo in grado di farlo. Certo è che tutto questo comunicare di alto livello e su un terreno così diversificato, appunto alla maniera di Otello Di Maria, giusto per ricordare un caso simile, non può finire in un cassetto, nè quello ufficiale, tipico di Vicenza, che di certe cose dopo un po' ama non parlare più, nè tanto meno quello della creatività nascosta eppure esistente che questa città riesce pur sempre ad esprimere se non esattamente a valorizzare nella misura adeguata.

L'arguzia affettuosa di un cervello libero (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)UN ARTISTA VERO DI QUALITÀ- Antonio Stefani, giornalista e scrittore, ha sempre visto nel talento di Vedù una capacità di andare oltre il messaggio più semplice, per quanto fortemente popolare, ed invece in grado di spaziare molto più ampiamente. Autore di opere minimali alcune delle quali risultano di grande interesse, Stefani si è ovviamente sentito molto vicino al talento di Vedù e forse ancora di più a quella quasi silenziosa caratterizzazione dell'essere vicentino che faceva da contorno essenziale alla stessa personalità di Vedù. Stefani dice che Toni "ha lasciato scritto parecchio tempo fa una specie di testamento a futura memoria: "Amo la pittura perché mi piace guardare". E la stessa cosa -spiega Stefani- accadeva per l’altro suo lato d’artista "quello del musicante cabarettista. Se capitava uno spettacolo che riteneva interessante da vedere, lui tra il pubblico c’era. Se arrivava qualche gruppo o solista folk, specie di area britannica o americana, lui andava ad ascoltare. Così come studiava a fondo i grandi della pittura e della grafica, o della letteratura. Da tutte quelle esperienze traeva linfa per i propri repertori, magari divertendosi a citare le fonti con variazioni sul tema, affinando anche così i suoi originali talenti. E li riuniva tutti quando, sul palco coi Magnagati, contemporaneamente riusciva a recitare e disegnare, cantava e suonava. Di quei talenti, fra l’altro, non era affatto geloso: possono testimoniarlo i suoi allievi di pittura, oppure i ‘cugini’ cabarettisti Seven Gnoms, che proprio lui aiutò generosamente agli esordi e anche oltre”.

L'arguzia affettuosa di un cervello libero (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)IPERREALISTA E SURREALISTA- Tra i testimoni di questa nostra carrellata su Toni Vedù c'è anche Fernando Rigon. Gli abbiamo chiesto questo breve intervento per sottolineare il fatto che vicinanza di supporti culturali o no, la cultura è cultura, e chi ne è protagonista non esita a riconoscere il valore degli altri che in egual modo se ne occupano e vi si immergono. Solo apparentemente estraneo e lontano per specie di talenti e interessi, Rigon è stato a lungo direttore del museo di Vicenza e di quello di Bassano, ma soprattutto ha al suo attivo come scrittore critico e storico dell'arte una produzione di prima grandezza che conta la pubblicazione di libri con gli editori più importanti sul mercato. Ma la distanza Rigon/Vedù era davvero così marcata? Tutto il contrario, ed ecco la spiegazione: "Nel mio sito c'è un disegno di Toni Vedù, un disegno che mi ha fatto impazzire per quanto mi è sempre piaciuto: raffigura una penna che trafigge un foglio bianco; me lo mandò Giacometti e lo apprezzai moltissimo. Vedù aveva un talento unico per le linee, per i colori e molto altro ancora che affascinava. Mi dispiace soltanto che i miei libri abbiano avuto sempre copertine non disegnabili e non disegnate; fosse stata diversa questa condizione che invece è normalmente stabile certo avrei gradito rivolgermi proprio a lui per illustrare e colorare. Un iperrealista e surrealista di valore, questo era, uno che ha segnato una parte importante della cultura popolare e della vita intellettuale della nostra città e che forse, lo dico col dubbio, non ha avuto la considerazione adeguata per quanto valeva. Siamo abituati alla vita che va, ma non si può certo fare a meno di pensare che è davvero un peccato aver perduto proprio uno come lui che tanto avrebbe potuto ancora darci".



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