NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Parole dal fronte

Il libro di Saverio Marijello ci porta a scoprire quella parte del dizionario italiano che è stata scritta durante la Grande Guerra

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Parole dal fronte

Se parole come gavetta, sbobba o ghirba vi dicono qualcosa, o anche se semplicemente vi incuriosiscono o vi fanno sorridere, allora è forse il caso di approfondire la questione e chiedersi da dove provengano. L'origine risale a circa un secolo fa, in no dei momenti più bui della nostra storia, e anche di quella del mondo intero. Lo scenario è quello della Grande Guerra, di cui proprio in questi mesi si celebra il Centenario, anche se il termine celebrazione in questo caso non assume un significato propriamente felice. Ma torniamo alle parole, per chiederci: quali di esse venivano usate dai soldati italiani nella Grande Guerra? Attraverso quali modi di dire quei ragazzi poco più che ventenni, mandati al macello senza alcun preavviso, esprimevano i loro pensieri e le loro emozioni? Durante il conflitto del 1914-18 nacquero e si diffusero una grande quantità di vocaboli e locuzioni. Grazie al loro normale utilizzo, i combattenti iniziarono finalmente a parlare un comune linguaggio, raggiungendo così, insieme con l’unità delle forze, anche quella spirituale. Per rispondere a queste domande e per far luce su uno degli aspetti forse meno esplorati di quel grande universo che risponde al nome di prima guerra mondiale, è uscito di recente un libro scritto dallo storico vicentino Saverio Mirijello dal titolo 1914-18 Parole dal fronte: la nuova lingua italiana nata durante la Grande Guerra, pubblicato dall'editore bassanese Attilio Fraccaro.

Parole dal fronte (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il libro è un contributo allo studio della genesi di termini e frasi di uso abituale, confluiti successivamente in larga parte nel dizionario quotidiano, plasmati in un periodo che fu anche un laboratorio per la futura lingua nazionale. Oltre a riportare la descrizione di centinaia di voci e frasi introdotte nell’uso popolare con la Prima guerra mondiale, il volume contiene uno studio dei giornali destinati ai militari ed una speciale sezione riservata ai passatempo di trincea, i cosiddetti “giochi di pazienza” pubblicati sui fogli riservati alle truppe italiane, qui riproposti in una selezione significativa, suddivisi per tipologia. Il libro contiene i risultati di uno studio di tre anni sulla lingua italiana nata in trincea nel corso del Primo conflitto mondiale, riportando centinaia di esempi di nuovi vocaboli e locuzioni utilizzati dai combattenti e termini divenuti di uso abituale nella vita civile e giunti fino ai nostri giorni.

La prima guerra mondiale - si legge nell'introduzione - fu il primo conflitto moderno per molti aspetti, non ultimo quello della creazione e dell’introduzione di nuovi termini che sarebbero rimasti per sempre nella nostra vita comune. I vocaboli della nuova lingua parlata si diffusero tra i soldati in tutte le forme, originati dal gergo della prima linea, dalla disciplina di caserma o introdotti dalla terminologia tecnica. Una parola è qualcosa in perenne movimento e trasformazione: quando viene scritta o pronunciata, essa può viaggiare in avanti, verso il futuro, oppure tornare indietro, nel passato. Dietro ad ognuna seguitano a scorrere i pensieri di innumerevoli persone che ci hanno preceduto, di tanti uomini che ci accompagnano e ci seguiranno. Ogni parola non scompare mai del tutto e può veder modificato il suo significato, partendo da un tempo e da uno spazio geografico lontani, attraversare il presente e aprirsi al domani.

Parole dal fronte (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Le parole, siano vere o artefatte, possono trasmettere comunque un’idea della realtà, generano l’azione e ne custodiscono la memoria, sopravvivono ai fatti e agli uomini che le hanno modellate, attualizzano e rendono condivisibile il pensiero, e hanno anche la capacità di far ricreare in noi stessi un mondo che non esiste più. Numerosi modi di esprimersi presenti in questo libro erano sicuramente già in uso nel linguaggio militare e civile di fine ‘800-inizio ‘900, e nuovi termini si erano già andati accumulando prima della Grande Guerra, introdotti dal gergo coloniale durante la guerra italo-turca del 1911-12 e formatisi attraverso il contatto con la cultura delle popolazioni locali. Nonostante esistano termini e locuzioni che hanno una datazione e localizzazione più certe, l’accenno all’origine antica di molte parole raccolte in questo libro è proprio per confermare che la lingua parlata e scritta non cessa di espandersi, contrarsi e svilupparsi, ed etimologicamente non esiste mai un certificato univoco di nascita.

Quello che il libro vuole trasmettere, in fondo, non è un glossario esaustivo, né l’autore ha inteso che fosse possibile realizzarlo, con tutti i termini e modi di dire coniati nel corso della Prima guerra mondiale, ma di un testo pensato per coloro che intendono approfondire lo studio sia della comunicazione da e verso la trincea durante la Grande Guerra, sia del modo di esprimersi di uomini appartenuti ad un altro tempo, con parole e locuzioni plasmati in un periodo che fu anche un laboratorio per la futura lingua italiana.

All'autore del libro abbiamo rivolto alcune domande.



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