Qual è, nella sua prospettiva, la Vicenza nascosta che ha descritto?
"La città nascosta che descrivo è quella che sedimenta, giorno dopo giorno, nell'anima e nella coscienza di un individuo alla ricerca di un proprio equilibrio, in un contesto in cui appare sempre più difficile e improbabile trovare una buona armonia col mondo circostante. Nelle peregrinazioni cittadine, intorno e dentro le mura, restando sempre sul piano della routine quotidiana, si sviluppa un sentimento alterno, di fuga e di lotta, di amore e di angoscia, che scava dentro la città per scoprirne le voci recondite e un silenzio ancora accogliente. In questa prospettiva anche la pioggia esprime un conflitto, riflettendo ora il triste presagio di uno scenario irreversibile ora la tenerezza di una conciliazione ancora possibile con la natura e con la società. Incontreremo una Vicenza segreta di bar defunti, di bar vagheggiati, di bar tramortiti dalle clave del progresso, isole che riflettono gli stati d'animo del protagonista. Ma anche la Vicenza segreta di chi silenziosamente condivide i tempi morti del giorno e della vita, in uno strano sodalizio che accende ineffabili corrispondenze tra persone che non si conoscono".
Si sente più artista o scrittore? E come cambia la visione della città nelle due diverse ottiche?
"Non mi sento più una cosa o più l'altra. Sia la pittura che la scrittura si sono manifestate in modo del tutto spontaneo. A scuola riempivo i quaderni e i bordi dei libri di piccoli disegni. Quasi sempre erano dei volti, una specie di ossessione, o corpi che si libravano nell'aria. Era come se dovessi colmare un vuoto e questa esigenza è tuttora presente. La scrittura è nata come necessità poetica, credo nel momento in cui per la prima volta ho avuto il senso di un distacco, di una perdita, che era la perdita del tempo incantato dell'infanzia. In ogni caso non cambia la visione della città, che può solo arricchirsi attingendo ora da una forma di espressione ora dall'altra".
Se oggi descrivesse Vicenza ad un forestiero, quali aspetti o caratteristiche metterebbe in risalto?
"Vicenza è una città minuta, raccolta, al forestiero si può solo dire di camminare e guardarsi attorno con attenzione perché ogni angolo della città è una sorpresa. Un buon consiglio potrebbe essere quello di non andarsene prima di aver assaporato il profumo selvatico delle colline".
Giorni fa l'amministrazione ha diffuso i dati sul turismo: con il 12% di presenze in più del 2014 la città ha la miglior performance tra i capoluoghi veneti: lei pensa che Vicenza sia ancora un piccolo gioiello da scoprire?
"I dati diffusi dall'amministrazione non devono illuderci. Vicenza è senz'altro ancora un gioiello da scoprire. Ma è un gioiello in grande e crescente pericolo. Chi potrebbe difenderla dalla barbarie imperante non ha voce, rimane schiacciato da un sistema ormai totalmente squilibrato a favore del potere. La barbarie vincente è, per capirci, quella del nuovo tribunale che offende in modo mostruoso e tuttavia accettato il paesaggio di Vicenza, col cemento che gareggia con la linea delle colline, all'entrata in città. Ma la barbarie è anche nelle piccole cose, nel coccodrillo rosa assiepato in una rotatoria, negli smaccati, inappropriati colori buranesi di alcune case ridipinte in piazzetta delle Erbe, nell'incuria in cui versa la Loggia Longhena e potrei proseguire a lungo ma è meglio fermarci qui".
Dunque non è ottimista per il futuro?
"In verità, in questa città, i Neri Pozza, i Cevese - per citare alcune prestigiose figure che hanno davvero amato e difeso Vicenza - si sono rosi il fegato... E ora non ci sono più, e non c'è nessuno che li sostituisca. Per questo dico che Vicenza è in grande pericolo e purtroppo nei giovani vedo solo tanta assuefazione, una piatta immedesimazione in questa civiltà dei parcheggi e dei telefonini".
Giuseppe Lupi è nato a Vicenza e dopo gli studi classici si è laureato in giurisprudenza all’Università di Padova. È autore di alcuni testi poetici, tra cui Cambiare di poco (1995, Campanotto Editore), La stufa ventriloqua e ripensamenti (2008, Tipografia degli Operai) e La sedia dell’inverno (2012, Ponte San Michele). Come pittore, ha realizzato alcune mostre personali nella sua città natale. Cronache della città nascosta è la sua opera prima di narrativa.
nr. 12 anno XXI del 2 aprile 2016