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Il Cisa tre anni dopo – un mistero vicentino

di Mario Giulianati
30 luglio 2016

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Interventi

«La logica secondo la quale la nostra amministrazione si muove è il superamento della frammentazione che per troppo tempo ha rallentato la crescita turistica e culturale della città. Trasferire in prestito al Cisa questi 792 documenti per il Comune non è una perdita, ma un contributo prezioso che ha lo scopo di rendere ancora di più questa realtà il centro di eccellenza per la ricerca e la valorizzazione dell’architettura del Palladio e dei suoi successori a vantaggio dell’intera città».

basilicapalladiana5 (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Frase molto interessante e indice di una meritoria visione dello sviluppo culturale della città. Ai tempi della Mostra del Palladio in Basilica Palladiana, con l’allestimento, se non vado errato, dell’Albini, il prof. Bruno Zevi, su l’Espresso, quando ancora aveva le dimensioni di un lenzuolo, commentava la mostra dicendo al lettore che bastava guardare fuori dai finestroni della Basilica per vedere la realtà del Palladio. Erano tempi durante i quali per merito dell’avv. Cappelletti, di Danilo Longhi, di Renato Cevese e altri ancora il sogno vicentino di marcare nel nome del Palladio la nostra città stava prendendo forma e sostanza. Tralascio volutamente i nomi illustri che lavorarono attorno a questa iniziativa e che vi profusero energie, intelligenza, esperienza e personale impegno, ma furono tanti e tutti di eccellenza. Fu proprio Danilo Longhi che inserì il dott. Beltramini nelle attività del CISA, ancora quando ci si riuniva alla Domus. Fondato nel 1958, per anni, decenni direi, ridotto all’ultimo piano della Domus Connestabilis, per volontà di alcuni, Cevese e Longhi in testa, venne acquisito, e li trasferito in Contrà Porti, al n.11, in Palazzo Barbaran da Porto. Ma non fu cosa da poco, le difficoltà, di ogni genere furono enormi ma questa è stata una battaglia vinta dalla città. La frase sopra riportata, ripresa da Veneto Economia, è, secondo la rivista, stata pronunciata proprio dal signor Jacopo Bulgarini D’Elci, vicesindaco e assessore alla crescita.

palazzo trissino (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Ma ora con questo gesto, certamente legalmente ineccepibile, ma politicamente e culturalmente assai poco convincente, per non dire di peggio, sta letteralmente assalendo la Istituzione Culturale vicentina più importante agli occhi del mondo della cultura e sta contraddicendo, pesantemente, proprio quello che affermava nel 2013. Non ha certamente l’assessore alla cultura o come preferisce farsi chiamare, reso un servigio alla città. Nessuno mette in discussione la proprietà del Comune di Vicenza dei disegni palladiani e nessuno pretende di impossessarsene, ma il buon senso, la sensibilità per la crescita della città, il rispetto per l’opera di tantissime persone che hanno vissuto l’avventura del CISA come una grande occasione di sviluppo della conoscenza non solo del Palladio ma anche di Vicenza nel mondo, in questi ridicoli e fanciulleschi atteggiamenti non hanno trovato certamente spazio. Non costava molto, in luogo di reprimende e di azioni rumorose, aprire un dialogo e operare per migliorare, se possibile e se ritenuto necessario, un modello che comunque aveva dimostrato di dare buoni frutti. Rimane solo da chiedersi perché di tanto chiasso, inutile e dannoso.



nr. 27 anno XXI del 30 luglio 2016

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