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NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Ingrassia e il "Cabaret"
nella Berlino anni Trenta

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Ingrassia e il "Cabaret"<br>
nella Berlino anni T

Avete fatto un po’ una cosa alla “Freaks” di Tod Browning.

“Bravissima, esatto. Ti dà fastidio, lo vedi d’impatto all’inizio in “Willkommen, bienvenue, welcome”: perché tocca le ballerine? Perché fa questo e quello e si rivolge chissà come…? Abbiamo cercato di rendere un percorso drammaturgico fino alla canzone che non è mai stata fatta, “Don’t care much”, “Non mi importa”, una specie di testamento in cui lui dice che non gli importa più nulla, lui che è sempre stato super partes, che nei suoi numeri prende in giro i nazisti e gli ebrei, che sembra un po’ intoccabile perché è amico dei gerarchi e invece poi alla fine andrà anche lui nel carro merci che li porterà ad Auschwitz".

Il titolo richiama a delle grandi performance, le canzoni sono famosissime, lo si viene a vedere un po’ perché ci sei tu e un po’ è il titolo.

“Soprattutto il titolo”.

Poi c’è Liza Minnelli

Ingrassia e il "Cabaret"<br>nella Berlino anni T (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)“È il film che l’ha lanciata".

Inavvicinabile, icona non solo gay. Che pubblico viene a vedere questo spettacolo?

“Pubblico del settore, poi un pubblico che non conosce Cabaret e che pensa sia un musical, sono venuti un sacco di bambini e c’è stata qualche lamentela però il genitore si deve informare sullo spettacolo che va a vedere: c’è scritto “cabaret” e ci sono io e può essere fuorviante; molti non conoscono la trama, soprattutto i giovani. Ragazzini di 12-13 anni sono rimasti affascinati, qualche signora vedendo qualche “culo” e toccata di troppo, è rimasta infastidita, ma è tutto all’inizio, poi in maniera molto intelligente lo spettacolo ha una spirale che va verso il baratro".

Lei fa la prostituta, si parla di sifilide, almeno nel film.

“Certo, c’è l’aborto di lei alla fine, sono tematiche che, per carità, adesso si vede molto di peggio e molta più violenza anche subdola, ecco perché deve essere vissuto come un classico, come se fosse Molière o Shakespeare a teatro. “Cabaret” come “Oklahoma!” o “Man of La Mancha” sono dei must, dei capostipiti".

C’è sempre la polemica del musical tradotto, però in questo caso forse è un po’ giustificato, sebbene nell’arrangiamento venga un po’ costretto nell’italiano, rispetto all’inglese.

“Beh i puristi amano la lingua originale, in questo caso la canzone è un continuo della storia: mentre reciti poi inizi a cantare ma stai continuando una scena o un monologo, lo continui cantando. Molti non sanno l’inglese per cui, maggiormente, un pubblico che sta seguendo un dialogo, se si attacca a cantare in inglese la vivi come una canzone. Soprattutto in Cabaret, che è quasi uno spettacolo di prosa con canzoni, lo devi vivere come la continuità della storia. O lo fa in lingua originale tutto ma poi chi viene? Oppure lo fai in questo modo, traducendolo bene e adattando alcune cose, lo fai in italiano perché è giusto: siamo in Italia e lo facciamo in Italia".

Il musical in Italia è un genere abbastanza nuovo. un titolo come Cabaret, fatto in Italia, con tutta la (buona volontà ma senza i soldi che possono avere Londra o Berlino, è competitivo su una piazza internazionale?

“In questo caso Cabaret sì: è molto minimalista e asciutto, proprio per dar maggior rilievo ai personaggi e alla storia. Sam Mendez lo ha fatto 20 anni fa, e continua a farlo, molto minimal, con il pubblico proprio attaccato lì, l’orchestrina e gli attori che si portano la sedia. Certo che se devi fare “la Fabbrica di Cioccolato”, “Il Fantasma dell’Opera”, “I Miserabili” devi spendere i soldi. Poi i performer italiani sono molto bravi e all’altezza e molti lavorano in Germania, Inghilterra e Spagna, in questo abbiamo fatto molti passi avanti e ne sono abbastanza orgogliosi".

Ingrassia e il "Cabaret"<br>nella Berlino anni T (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Totò e Peppino e Franco e Ciccio: i primi due mi sembra che siano rimasti un’icona di Napoli nel mondo, Franco e Ciccio non solo della Sicilia ma di una italianità…

“…Soprattutto Totò e Peppino non sono considerati una coppia perché lo sono stati per un certo periodo, mentre Franchi e Ingrassia…”.

Erano indivisibili e non si capiva chi era la spalla di chi perché erano talmente diversi…

“…Capito? Loro hanno avuto anche esperienze singole ma erano la coppia, neanche Vianello e Tognazzi. Quindi Totò rimane intoccabile perché è un’icona pazzesca".

Ingrassia e il "Cabaret"<br>nella Berlino anni T (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Personaggi straordinari con capacità fisiche: Franco Franchi era praticamente un mimo e tuo padre lo hai definito “Il Vincent Price della Trinacria” per lo stile. Come Totò venivano dall’avanspettacolo: tuo padre diceva che la fame li portava avanti ed era oggetto di ilarità. Oggi non è più così.

“Per fortuna".

Perché? Non ci sono soldi e non si riesce a far ridere parlando di povertà.

“Era il periodo del dopoguerra, il mondo era diverso e si è evoluto, nel bene e nel male: la fame che c’era allora anche nell’ambiente dello spettacolo non c’è più. È (vero che non ci sono soldi ma purtroppo chi muore di fame sono i clochard e i senzatetto. Allora fare l’attore era un rischio, erano proprio dei pionieri di questo mestiere e la fame era il motivo per cui uno doveva sfondare. Come in “Rocky”: dopo i primi due lui perde animalità, si imborghesisce e viene sconfitto dall’avversario di colore che arriva dai bassi fondi e che ha talmente voglia di venire fuori. Io sono un privilegiato e il mio approccio verso questo mestiere è molto più tutelato rispetto a come lo faceva mio padre. Però è anche vero che è cambiato tutto, ora prendi una telecamerina e diventi famoso su Youtube".



nr. 02 anno XXII del 21 gennaio 2017

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