NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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La cambiale del matrimonio

Al via il Festival all'Olimpico

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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La cambiale del matrimonio

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom



La cambiale del matrimonio (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)La XXVI edizione del festival di musica classica e operistica Settimane Musicali al Teatro Olimpico è cominciata con la farsa di Gioacchino Rossini “La cambiale di matrimonio”, scritta dal compositore a 18 anni presentata a Venezia nel 1810. L’opera fa parte di un progetto quinquennale del festival che proseguirà fino al 2021 con la messa in scena delle “farse veneziane” di Rossini. Il debutto, oltre che aprire il festival come occasione mondana con tanto di red carpet e fotografi, è stato applaudito con standing ovation totale. La conduzione è del M° Titta Rigon, direttore artistico del Festival, e la regia del vicentino Marco Gandini, acclamatissimo in tutto il mondo. Si replica ancora venerdì 9 giugno alle 21 e domenica 11 alle ore 18. Tutte le info su www.settimanemusicali.eu - tel 0444302425.

 

La cambiale di matrimonio” è una farsa semplice per piccola orchestra, ha pochi personaggi con una caratteristica un po’ esotica e moderna: alcuni di loro sono americani. Come ti hanno influenzato nella tua creazione, sapendo che l’avresti messa in scena all’Olimpico, luogo tutt’altro che semplice?

Marco Gandini: “La cambiale di matrimonio è una commedia e i personaggi sono molto specificati nelle loro caratteristiche del servitore furbo, la serva Clarina anche lei furbetta nella linea di tutte le Norine, Zerline, c’è la presenza dei due bassi buffi che è molto particolare, quasi una competizione vocale tra loro due, Tobias Mill e Shlook. C’è la Fanny, il soprano, con le caratteristiche che ritroveremo più avanti nelle altre opere comiche di Rossini e nel personaggio comico in generale. La ricerca è nell’impostazione dei personaggi della commedia; i libretti arrivano dalla prosa e la storia non è esclusiva: la vendita della figlia, l’equivoco, i soldi, è un meccanismo della commedia abbastanza riconosciuto. L’Olimpico non è assolutamente limitativo, anzi, aiuta perché sei in un luogo fisico che è la massima espressione della bellezza e della misura classica del bello. Trarre ispirazione da questo vuol dire ricercare una proporzione e una misura classica nella recitazione, negli elementi scenografici, nella dizione, nell’espressione musicale. È un luogo perfetto per la rappresentazione nel contesto e nella categoria del bello. Per me la rappresentazione teatrale deve essere in quella categoria".

Non è la prima volta che dirigi all’Olimpico: 10 anni fa avevi realizzato “Il flauto magico” con una messa in scena che era piaciuta molto sia al pubblico che alla critica. Anche in quel caso avevi usato delle lettere, in caratteri ebraici. Mi sembra di capire che per te le parole, anche come segno visivo, siano molto importanti. Hai fatto il Pigafetta classico: come si sposa la creazione visiva con una forma mentis classicista, spesso anche astratta?

La cambiale del matrimonio (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Ne “Il Flauto Magico” l’impostazione di partenza era un gioco delle relazioni delle coppie: Sarastro-Regina della Notte, Tamino-Pamina, Papageno-Papagena. Però il tema principale del Flauto Magico è il percorso della conoscenza, della ricerca e dell’immanenza della conoscenza delle cose: l’ho applicata a Tamino e Pamina perché lui riesce ad affrontare le prove del fuoco e dell’acqua proprio perché arriva Tamina e insieme fanno questo viaggio quindi è una ricerca della verità. L’uso delle lettere è quello: nella nostra cultura cristiano-ebraica la ricerca della verità è nelle scritture quindi il nome di Dio è la ricerca di questa composizione di lettere base. Nella Cambiale siamo in un contesto di commedia in italiano e per me la parola è la base dell’opera lirica italiana: il suo utilizzo, la sua composizione, il suono, il ritmo, la musica è composta sul suono della parola".

Anche quella volta a condurre c’era il M° Titta Rigon, uno dei maestri rossiniani più celebri. Quando due competenze come le vostre si incontrano, quali scenari di approfondimento e innovazione si creano, considerato che siete entrambi italiani e che l’opera è in lingua italiana?

“Rigon ha un’esperienza e una pratica rossiniana ma la sua caratteristica è anche quella della sua derivazione di pianista, quindi di esecutore e conoscitore di un certo repertorio, e poi di professore e quello che fa la differenza è anche questo: chi insegna ha uno scarto maggiore rispetto a chi è solo esecutore o solo performer. Siccome sono anche io professore, insegno da 20 anni alla Scala e in Giappone, questa qualità arricchisce noi anche come performers e interpreti. Il fatto di essere italiani non è determinante: ci sono tanti italiani, anche artisti, che per esempio la lingua non la parlano bene perché non l’approfondiscono, non ne curano tutti gli aspetti e non la studiano abbastanza quindi c’è anche negli italiani una certa approssimazione. Noi invece andiamo a fondo".

Ho visto che anche in altre occasioni l’impatto visivo che crei non è mai congestionato: metti alcuni elementi distintivi ( costumi, trucchi o elementi scenici) per cui personaggi e storia vengono riletti e caratterizzati con un equilibrio moderno che però rendono l’opera riconoscibile e non la tradiscono. che cos’è l’opera lirica per te?

“Oh come mi piace questa domanda perché hai usato l’aggettivo “riconoscibile”: Il punto fondamentale è la riconoscibilità dell’opera. Se la messa in scena non concorda o comunque il pubblico non riscontra facilmente e con naturalezza una riconoscibilità del testo, della storia, dei caratteri, dei personaggi e della relazione tra loro, quell’operazione è un fallimento. Il ruolo del regista, del direttore d’orchestra e dei cantanti è leggere il testo, analizzarlo, trovare tutte le pieghe e avvicinarci a quel momento generativo del compositore e dello scrittore su quel testo e cercare di farceli entrare dentro e poi riformulare un’immagine in senso lato: anche l’espressione canora produce un’immagine. La composizione di tutti questi elementi deve ricondurre a una riconoscibilità del testo; che poi questa immagine sia d’epoca o contemporanea non importa: usiamo, anzi, gli elementi artistici, anche simbolici della rappresentazione teatrale, ma al fine di rendere ancora più chiaro il testo".

Tu collabori da anni con Zeffirelli. Molte volte viene detto che lui è manierista e non è innovatore. A me sembra che lui porti in scena una conoscenza profonda dell’arte classica e rinascimentale anche dal punto di vista compositivo del quadro. Bisogna avere cultura per capirlo oppure è il gusto del pubblico che si è settato su qualcosa di sperimentale per cui il classico è visto come superato?

La cambiale del matrimonio (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Guarda, con Zeffirelli ho collaborato e continuo a collaborare, mantengo la sua linea artistica in alcuni luoghi, come il Teatro Alla Scala, che vogliono mantenere la sua arte teatrale. Queste criticità che tu hai notato derivano da una intelligencija culturale italiana che vedeva in Zeffirelli soltanto una superficialità e un bozzettismo. Invece lui ha sempre fatto una rappresentazione del bello storico, è stato un grandissimo innovatore ed è diventato importante perché ha riportato il realismo in teatro, una prosecuzione del lavoro di Visconti (scelta artistica adottata anche da Strehler) e nell’opera ha proseguito la linea ottocentesca con grandi orizzonti di scene e cambi a vista della scenografia. È un regista che veniva applaudito in Inghilterra all’Old Vic dirigendo Shakespeare come nessun regista inglese aveva fatto prima, proprio per questo realismo, per l’attenzione alla parola, al rispetto della scena. Lui viene criticato per questa sua estetica del bello, quindi il problema non è di Zeffirelli ma di chi non condivide questa estetica. sicuramente c’è un teatro del sociale e di denuncia che affronta i temi della vita, della morte, della fede e della libertà e oggi c’è una linea, per esempio dei registi tedeschi, dove c’è una volontà a portare in scena l’orrore oppure a traslare il testo, non a fare all’attualizzazione ma proprio a cambiare i rapporti di valore tra i personaggi: quella non è più una regina ma è una cameriera. Puoi vestirla moderna ma le devi lasciare il suo peso. Reinventano i rapporti per cui non torna più nulla".

Hai lavorato in tutti i Paesi del mondo, quali caratteristiche di ogni Paese prenderesti per creare la situazione di lavoro ideale?

“In realtà questo avviene già: quando fai un’opera in Israele c’è l’efficienza esclusiva e grandissima israeliana del management,però gli artisti sono israeliani, inglesi, italiani, russi e il Paese ideale si forma di volta in volta, il bello è proprio questo perché ognuno porta una sensibilità diversa e il suo background. Quando feci La Boheme a Seul io e il costumista eravamo italiani, lo scenografo francese, era l’anniversario del 50°anno della fondazione dell’Opera Koreana, il direttore era Chung (che ha diretto il concerto dal Teatro Greco di Taormina al recentissimo G7 ndr) con i migliori cantanti giovani koreani, siamo andati anche in Cina; con questa formazione di vari paesi e culture abbiamo esportato La Boheme ma a guidare è La Boheme".

Ho visto che il tuo sito ha una musica diversa per ogni sezione, c’è musica di tutti i tipi, anche lounge, ambient, elettronica ecc. gli altri generi musicali come convivono con il teatro d’opera e come ti influenzano?

“La musica è un’organizzazione ed espressione dello spirito, gli antichi ricollegavano i moti dei pianeti con le melodie musicali. La musica è un linguaggio speciale che tocca le corde sensibili dell’uomo e la semiotica della musica è uno studio molto nuovo, un campo aperto: perché il suono in quella tonalità produce questo? Che significato gli si associa? E poi a seconda della differenza della gente che riceve il suono c’è una ricezione. Ascolto tantissima musica elettronica, hip hop, dance, techno o house: per me è musica altissima e assolutamente raffinata perché gioca su ritmo, suono e frequenze. Lo sviluppo enorme e popolare dell’elettronica deriva dalle sperimentazioni fatte in campo classico che fecero Varèse e “compagni”. Non la dobbiamo considerare una musica da discoteca. C’è una pulsazione del tempo che io chiamo cosmica, digitale, perfetta, precisissima: all’interno, tra un beat e un altro c’è un segmento di spazio che non è sterile perché all’interno del ritmo c’è un fraseggio e io uso la musica elettronica per stimolare il fraseggio e ed essere precisamente sulla pulsazione ritmica: lo faccio con i cantanti lirici questo".



nr. 22 anno XXII del 10 giugno 2017

La cambiale del matrimonio (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

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