NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
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Danza in Rete festival

Questa settimana ospiti due artisti internazionali per il contemporaneo, libanese-americanoJadd Tank e il marocchino-belga Radouan Mriziga

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Focus Young Mediterranean Choroegraphers 2018

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom



(credits photo MICHELE MEMOLA)



Questa settimana Danza in Rete festival | Vicenza- Schio per la sezione dedicata al contemporaneo ha ospitato due artisti internazionali, il libanese-americano Jadd Tank e il marocchino-belga Radouan Mriziga, entrambi protagonisti del progetto internazionale Focus Young Mediterranean Choroegraphers 2018. Jadd Tank ha presentato la pièce “Bourgeois-z” in cui si analizzano gli aspetti della società attraverso il teatro-danza ispirato al teatro dell’assurdo, sul palco della sala maggiore del TCVI con il pubblico in scena. Radouan Mriziga, invece, al Salone del piano nobile di Palazzo Chiericati con la performance “55” concepita sulla creazione di un disegno geometrico.

 

Focus Young Mediterranean Choroegraphers 2018 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)All’inizio vediamo che tu corri sul posto cambiando direzione come se ci fosse una telecamera con carrello che ti gira intorno. Il linguaggio del cinema influenza la tua danza?

Jadd Tank: “Moltissimo. È interessante ciò che dici perché voglio che la sensazione sia quella di un menù di un DVD, un’idea di loop infinito che non si ferma mai, ma l’azione del correre aumenta e accelera e l’idea di essere scelto per cominciare la performance, quindi la questione è cosa succede se nessuno preme “play”, quanto lontano sono andato, quindi è molto influenzato dal cinema e dal montaggio".

E che cinema ti piace guardare? Chi sono i tuoi registi preferiti?

“Stanley Kubrick e “2001 Odissea nello Spazio”: credo che il montaggio di questo film sia fantastico ed è molto grafico, che una cosa che amo molto. sono molto influenzato da Lars Von Trier, non tanto dalla sua cinematografia, che è bellissima, ma il modo in cui sviluppa i contenuti e le storie è fantastico. Dal passato mi piace Ingmar Bergman. In “Persona” c’è il monologo dell’infermiera, all’inizio, in cui dice come fa a capire perché il personaggio dell’attrice abbia smesso di parlare e questo monologo appare improvvisamente, sembra un errore del film ma è così potente e crea un senso di intimità e ho pensato a come avrei potuto fare una cosa così nello spazio, quindi ho cercato un monologo".

Hai separato lo spettacolo in parti ed ognuna di esse, mi sembra, ha in comune che tu vuoi raggiungere, dire o esprimere qualcosa ma è come se ci fosse sempre qualcos’altro che non ci permette di esprimere ciò che sentiamo e descrivi un’impossibilità.

“Esatto”.

E alla fine c’è questa sessualità ironica, come se il sesso fosse la soluzione più facile per tutto anche per le incomprensioni verso noi stessi, quando non vogliamo accettare qualcosa, ma il problema, l’incomunicabilità rimangono.

“Wow, è straordinario che tu dica questo: se potessi disegnare con uno storyboard il modo in cui avevo pensato la pièce direi che c’è un conflitto, un climax e una risoluzione. In America ciò che interessa di più è la risoluzione, a me interessano solo problema e climax. Questo format, questa curva, è molto simile all’orgasmo maschile: fai, finisci e chiudi. Per me quello femminile è molto più complesso e diversificato, c’è molta più esperienza che può essere aggiunta. In questo caso particolare ho voluto spezzettare tutto perché non c’è risoluzione, c’è sempre una necessità di finire ma qualcosa interrompe, che è esattamente ciò che è la tua idea".

Hai anche detto che il problema di dare sempre questa risoluzione in USA comporta che ogni cosa diventa commedia, per cui più sei tragico più loro ridono perché non accettano il dramma, forse per questo loro apprezzano il cinema d’autore europeo: perché forse siamo più abili nell’andare dentro a queste curve spezzettate.

Focus Young Mediterranean Choroegraphers 2018 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Penso che sia più reale. Il non risolvere mai il conflitto è di per sé la soluzione: approcciare il conflitto per quello che è; è influenzato da filosofi come Slavoj Zizek o Jean Baudrillard. Nel cinema occidentale la storia ha una sua morale e tutto ciò che succede ti viene dato con il cucchiaino fino alla fine. Perché il pubblico non può trovare una propria risoluzione?”.

Perché hanno bisogno che gli si dica che andrà tutto bene.

“Esatto. Io sono curioso di sapere che succede se non gli viene detto".

Per molte persone la cultura araba o gli arabi, parlando davvero molto in generale, sono “gli altri”. Come discutete di ciò che è “altro” per voi e come percepite gli altri che vedono voi come “altri”?

“È complicato ed è bello che tu mi faccia questa domanda: il motivo per cui ho scelto questo scritto in italiano era proprio per spezzare questa idea di “altro”e quindi andare tra il pubblico e scivolare via è un’indicazione che io sono tra voi, parlo in italiano anche se impreciso, perché se sai che un performer proviene da un certo posto, ti aspetti che lui esprima quel posto. Io ho sperimentato la diversità all’inizio della mia carriera: quando mi esibivo in America dicevano che ero molto europeo, in Medio Oriente che ero molto americano. Bisogna accettare la performance per quella che è. Penso che la cosa più importante sia creare uno spazio per comunicare e credo che la parola sia il linguaggio più dirottato da estremismi religiosi e politici e penso che il teatro dell’assurdo e la danza o qualsiasi forma di arte astratta siano la via per rendere la conversazione più ricca, aperta ed accogliente perdendo il senso di diversità, includendo anche lo scontro che può essere una via espressiva di coscienza intellettuale reciproca".

Focus Young Mediterranean Choroegraphers 2018 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Radouan Mriziga: “Per me chiunque è “altro”, che si arabo, cinese o giapponese, e non incontro questo tipo di persone. Penso che nel mondo dell’arte la gente pensi, sia brillante e creativa e che pensi con un prospettiva più umanistica. L’arte è importante perché è l’unico spazio in cui puoi essere chiunque tu voglia, nel mio lavoro “7” c’erano 7 performers da Brasile, Francia, Ungheria, Belgio, io dal Marocco, e questo è il futuro; io mi relaziono molto con le nuove generazioni e ho una grande speranza su di loro, sono molto più aperti alla diversità, quindi per me non è un grosso problema. Certo, vedo le notizie e sento esperienze orribili di persone ma che ci puoi fare con la gente stupida? Se c’è un problema in una parte del mondo è una questione di tempo: in ogni tempo e luogo ci sono stati i problemi e la gente dovrebbe capire il mondo come se fosse un ciclo che non lasci mai sempre bene o sempre male quindi è meglio lavorare insieme perché i tempi belli e i tempi brutti cambiano ovunque e in tutte le epoche".

Non c’è musica ma piccole parti e suoni e la tua principale fonte di ispirazione è l’architettura, che relazione c’è per te tra musica e spazio?

Radouan Mriziga: “Per me suono e musica sono geometria: quando batti un tempo in 8 puoi marcare 8 punti che nello spazio sono visivi: una è una composizione nel tempo l’altra nello spazio ma matematicamente si possono fare entrambi".

La tua danza non racconta storia ma è astratta, mi ricorda l’arte araba, molto geometrica e decorativa; come mai non senti il bisogno di una narrazione?

“Prima di tutto io non sono arabo, ma Amazigh, berbero, ed è molto importante: queste geometrie non sono solo arabe ma molto mediterranee. Ho una cultura araba ma i miei riferimenti e strumenti provengono sia dalla cultura araba che da quella Amazigh e quella mediterranea. Non sento il bisogno di una narrazione perché la vedo una cosa molto soggettiva e non mi sento di dire alla gente cosa debba capire o pensare. Per me danza e performance sono un oggetto che provoca molte cose e nel mio lavoro ci sono molti riferimenti a luoghi: sono di Marrakesh ma vivo a Bruxelles da 10 anni, la prima cosa che vedo è la geometria che è ovunque intorno a me e trovo sempre dei modi per leggerla e percepirla, è affascinantissima senza che si conosca alcuna storia. Per me è il futuro".

Focus Young Mediterranean Choroegraphers 2018 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Quindi per te geometria, matematica e suono sono il miglior modo per descrivere il mondo?

“Sì, so che è molto romantico da dire, ma è vero che è un linguaggio universale. La mia storia è ciò che accade ora, come vediamo le cose e da quale prospettiva e capirle. Questo per me è molto importante perché voglio che il mio lavoro sia sull’essere umano e non su un tipo di persone, non voglio essere rappresentativo di nulla".

Bruxelles è la capitale del Liberty e dell’Art Deco, un’architettura completamente diversa da quella mediterranea. Come vivi questo contrasto e come questi stili diversi ti ispirano?

“Penso che più a fondo si vada più si trovino influenze da altre culture e arti decorative: quando vedi questi edifici a Bruxelles vedi molti riferimenti a tecniche di decorazione mediterranea. Per me arte e scienza non appartengono a nessun posto o cultura, nella storia trovi molta gente che si è ispirata ad altri: l’arte islamica è correlata con quella greca, quella romana con quella persiana, quindi è tutto mescolatissimo, tutto proviene da tutto".

Quali sono le differenze tra Marocco e Belgio negli aiuti istituzionali, negli argomenti scelti dai coreografi, le tecniche ecc?

“È molto diverso perché in Belgio c’è un sistema che dà un sostegno grandissimo alla scena artistica e in Marocco quasi nulla, specialmente per la danza. La danza è sempre esistita in Marocco ma il sistema si sta sviluppando ora, non ci sono scuole o infrastrutture. Io sono a Bruxelles, in una scena internazionale, ma in Marocco non ci sono né soldi né spazi, qualcosa si sta muovendo, molta gente sta lavorando e molte cose stanno accadendo ma se hai bisogno di un teatro per fare un lavoro lo devi fare altrove perché nei teatri è praticamente impossibile lavorare come vuoi tu se fai contemporaneo, devi creare nuovi modi per fare le cose”.



nr. 13 anno XXIII del 7 aprile 2018

Focus Young Mediterranean Choroegraphers 2018 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

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