NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
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Tra danza e voce
la valanga dei ricordi

Lo spettacolo di danza contemporanea "Avalanche"

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Tra danza e voce<br>
la valanga dei ricordi

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

Questa settimana alla sala del ridotto del Teatro Comunale di Vicenza è andato in scena lo spettacolo di danza contemporanea “Avalanche” del coreografo Marco D’Agostin che lo interpreta insieme alla danzatrice portoghese Teresa Silva. I due protagonisti interagiscono tra loro tramite gesti e suoni partendo da frammenti di memoria che si ricompongono dopo una catastrofe che ha determinato la fine del mondo. La piè-ce rientra nel cartellone di Danza in Rete Festival Vicenza_Schio ed è stata costruita grazie a molte residenze artistiche in diversi paesi d’Europa. Marco D’Agostin ha vinto il Premio Ubu di quest’anno in qualità di miglior performer under 35 in ex equo con Piergiuseppe di Tanno. Per info prossimi spettacoli del festival : www.festivaldanzainrete.it

 

All’inizio abbiamo dei frammenti di parole in varie lingue che sembrano un vero e proprio codice. Nel programma di sala c’è scritto che si fa riferimento a ciò che sopravvive alla catastrofe. Questi frammenti di parole che voi dite si sposano con segmenti di movimento molto fluido che poi si bloccano come se ci fosse uno stop e ricominciano, sembrate un po’ dei robot. Come il linguaggio della parola appartiene a quello del movimento?

Marco D’Agostin: “In realtà non sono d’accordo che il movimento sia robotico: come dicevamo dopo lo spettacolo, anche laddove il movimento sia frammentato, in realtà, tra una piega e l’altra e un gesto e l’altro il corpo ribolle di memoria e di immaginazione. La relazione si costruisce più nell’esperienza dello spettatore perché i processi che hanno portato alla partitura testuale e i sistemi somatici si attivano durante lo spettacolo. Due processi distinti. Poi in un secondo momento ho sovrapposto quel testo a quei sistemi di movimento, per cui non c’è un relazione decisa da me, c’è una relazione che si costruisce nell’esperienza dello spettatore".

Poi ci sono delle parti in cui cantate. Anche l’uso della voce per te è importante quanto il rigore del movimento?

“Si sì, è una cosa che io e Teresa abbiamo allenato molto meno, nella nostra vita, rispetto al corpo ma per questo lavoro ci siamo avvalsi di Melanie Pappenheim, una cantante lirica inglese che lavora proprio a contatto con i danzatori che usano la voce insieme al movimento, quindi abbiamo proprio imparato questo piccolo training vocale".

Tra danza e voce<br>la valanga dei ricordi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)C’è un inizio, uno svolgimento e una fine ma non c’è un racconto: questi due personaggi hanno effettivamente una motivazione oppure sono due accadimenti che si trovano nella stessa situazione e la loro interazione è primordiale, quasi una specie di auto alimentazione energetica, come se fossero due cariche elettriche che si fanno forza l’una con l‘altra senza interazione narrativa, affettiva…?

“La questione è molto complessa: sicuramente si auto alimentano e si alimentano a vicenda. Non direi in modo primordiale perché sono molto sofisticati i sistemi con cui ricarichiamo l’energia io e Teresa, anche i sistemi somatici e il porgere il testo sono questioni che hanno un grado di complessità molto alta in questo lavoro. C’è un racconto che si snoda però non consequenziale, direi per associazione di immagini. Tra me e Teresa c’è un sentimento di profonda amicizia che sicuramente è parte di quel sistema di cariche energetiche di cui parlavi tu prima".

Ci sono dei rumori di fondo che potrebbero essere di un ambiente, nella mia esperienza uno mi è sembrato di cascata.

“Ci sono delle tracce musicali di Pablo Lilienfeld, un musicista".

Questa piè-ce è pensata esclusivamente per la sala o potreste farla anche in un ambiente esterno urbano o anche naturale?

“Guarda, è una bella domanda che ci siamo posti anche noi: abbiamo immaginato che potesse avvenire in un museo o comunque in uno spazio chiuso o molto asettico; questi due personaggi che lavorano con l’invisibile… chiaramente l’invisibile in un palcoscenico è molto influenzato e informato dalla struttura di quel palcoscenico quindi l’ambiente sicuramente determina l’orizzonte in cui noi proiettiamo la nostra immaginazione, influenza molto quello che noi riusciamo a vedere e come reagiamo a quello che vediamo. Quindi sarebbe molto interessante farlo in luoghi in cui l’orizzonte arriva davvero lontano: noi immaginiamo sempre di essere in un deserto, sarebbe molto bello farlo in un deserto".

Nell’incontro col pubblico hai detto che la premessa è impossibile. Se è impossibile non è risolvibile eppure tu parli di una fine, cioè la valanga che è la fine e come diceva una ragazza del pubblico una possibilità di resurrezione. Questa fine però presume che ci sia un accadimento che funga da premessa: come può esserci una fine senza una premessa?

“La premessa c’è ma è impossibile: si può fare uno spettacolo di danza che parli della fine dell’umanità? È impossibile farlo perché non l’abbiamo vissuta e chi la vivrà non vivrà abbastanza per fare uno spettacolo di danza. Io lavoro sempre nell’impossibilità dell’istruzione: la cosa che per me è interessante di danzare e creare spettacoli è darsi obiettivi impossibili e lavorare per cercare di arginare quello spazio tra te e quella cosa impossibile. Lì c’è la creazione: in quel fraintendimento e in quel margine. È uno spettacolo sulla fine perché nessuno di noi la vivrà e la vedrà. Mi piaceva agire in questa impossibilità dell’obiettivo, è una questione eminentemente poetica, sì".

Voi parlate di archivi, di collezione, di immagazzinamento dei dati che poi vengono ripresi. Attingete a una memoria per creare degli input e per proiettare verso il pubblico questi dati. Però fate una distinzione tra archivi e collezioni.

“L’archivio è un insieme di oggetti che sono legati tra loro da un vincolo archivistico, cioè una regola che determina che cosa debba entrare in quell’archivio e cosa no: l’archivio delle lettere che si sono scambiati Ada e Piero Gobetti comprende solamente le lettere che Ada ha scritto a Piero e Piero ha scritto ad Ada, tutto il resto no. La collezione è anch’essa un insieme di oggetti di uno stesso tipo, legati da una caratteristica comune ma che mira a completarsi all’infinito: tutte le lettere d’amore, tutti gli esemplari di elefantini di legno".

I dati della memoria possono essere canzoni, film, avete detto che sono cose che vi piacciono. Nella tua concezione di questo spettacolo è un archivio o una collezione?

“Sono archivi. Sono varie regole che ci siamo dati per dire cosa entrava e cosa no. Ci sono tanti archivi dentro lo spettacolo, alcuni si creano nel tempo reale della performance che cambia ogni sera, cambiano gli archivi, gli elenchi di cose che diciamo, movimenti, le traiettorie, i vettori, gli stati d’animo. È fatta per essere estremamente permeabile, meteorologica direi, quindi cambiare".



nr. 08 anno XXIV del 2 marzo 2019


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