NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Altaburg, la fiaba che “vive” sull’Altopiano

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Altaburg, la fiaba che “vive” sull’Altopiano

Oggi viviamo in un tempo pragmatico, dominato dal pensiero razionale: secondo lei uomini e donne moderni hanno bisogno di riscoprire il lato onirico e più femminile della vita?

«Nel nostro tempo, la scienza e la tecnologia fanno da padroni e grazie al progresso abbiamo elevato la nostra qualità di vita, ma è sempre l’immaginazione a dare la spinta verso nuove scoperte anche in quei campi del sapere. In epoche diverse, dopo periodi di eccessivo razionalismo, si è approdati a filosofie dove il sentimento e il romanticismo riaffioravano prepotentemente. Nella nostra società i ruoli del maschio e della femmina sono meno marcati che nel passato. Però, per esempio nell’innamoramento, uomo e donna sfuggono alla sfera razionale».

Altaburg, la fiaba che “vive” sull’Altopiano (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)All’inizio del libro lei cita una frase di suo padre: Le fate regalano sogni a quanti credono in loro. Pensa che sia così anche nella vita? Bisogna crederci per vedere?

«Mio padre ha scritto quella frase nel suo Dizionario della lingua Cimbra, come esempio, sotto il termine fata. Nella frase ho voluto leggere un messaggio metaforico che è questo: l’uomo ha bisogno di credere fortemente in qualcosa per coltivare la speranza di realizzare i propri sogni. Per questo il poema Altaburg è dedicato agli amori impossibili e a quelle persone che rincorrono degli ideali nonostante la strada da percorrere sia lastricata di rischi e talvolta causi dolore. D’altronde mio padre ha scritto che le fate regalano sogni, non realtà».

Lei è nativa dell’Altopiano, ma vive in città. Cosa si porta dentro di quella terra e quanto c’è di questo retaggio nelle sue opere?

Altaburg, la fiaba che “vive” sull’Altopiano (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)«Il mio cuore e quello dei miei genitori è sempre stato legato all’Altopiano e al loro paese d’origine: Mezzaselva di Roana. Io sono nata a Vicenza, ho studiato a Venezia nove anni fino alla laurea, ma fino ai trent’anni ho abitato lassù per poi stabilirmi a Vicenza definitivamente. Ho voluto però che le mie figlie nascessero ad Asiago proprio in virtù del forte legame che ho con le mie montagne. Mi porto dentro tutti i valori che mi hanno tramandato i miei genitori, l’amore per la terra d’origine e il rispetto per la natura; l’orgoglio di una cultura autoctona radicata nell’anima. Mio padre ha attraversato l’oceano per tornare tra abitanti di Mezzaselva dai quali aveva appreso l’elementare saggezza delle persone laboriose e semplici,come lui stesso affermava e a me ha insegnato che le diversità fra i popoli sono valori aggiunti e che la libertà è il bene più prezioso. Lui mi narrava le leggende del suo territorio ed esse mi hanno incantato, tanto che sono entrate a far parte della mia vita. Ancor oggi quando entro in un bosco particolare, o mi trovo in un luogo suggestivo, ritorno bambina e volo con la mente verso universi fantastici».

Leggendo il libro si entra nel mondo dei Cimbri: cosa sopravvive di quella cultura ?

«Mio padre ha trascritto in un Dizionario la sua lingua, prima che i tempi moderni inghiottissero ciò che rimaneva di quell’idioma. Inoltre ha scritto racconti e poesie che alimentano lo studio e l’interesse di studiosi italiani e stranieri. Mio padre parlava a volte cimbro con mia madre e italiano con noi figli, perché l’italiano ha lentamente preso il sopravvento già dopo la prima guerra mondiale. Grazie a studiosi e amanti della cultura Cimbra, come mio padre, si è potuta fermare la scomparsa della lingua, riscoprire la mitologia e ristudiare le tradizioni dell’Altopiano che vanno dai canti alla cucina, ai lavori tradizionali che sono stati per secoli alla base della nostra cultura».

Paola Martello ha le sue origini a Roana e attualmente vive a Vicenza con la famiglia. Da suo padre, Umberto Martello Martalar, autore del Dizionario della Lingua Cimbra, ha ereditato l’interesse per le tradizioni della sua terra. Amante delle storie fantastiche montane, ha pubblicato il libro di leggende C’era una volta… Ista gabest an Botta, i libri/gioco La fiaba dipinta nel gioco delle 40 carte - leggende e fiabe dell’Altopiano e Fabulando con le 56 carte- leggende e fiabe delle Dolomiti. Architetto e docente di Scuola Media, ha illustrato libri, partecipato a concorsi e convegni regionali sulle leggende e sulle fiabe. Ha esposto i suoi dipinti in numerose mostre. Dal 2010 è Presidente del Cenacolo Poeti Dialettali Vicentini e le sue poesie appaiono nelle pubblicazioni di settore.

 

nr. 09 anno XVIII del 9 marzo 2013

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