NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Una tazza di polvere

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Una tazza di polvere

Perché ha scelto quel titolo? Cosa significa per lei quella espressione?

Una tazza di polvere (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"Non si tratta di un'espressione, ma appunto di un titolo. A un certo punto, nel libro, dico che è terribile vivere la propria giovinezza con la consapevolezza che di lì a poco non ne resterà che una tazza di polvere. La tazza di polvere identifica il nulla, il senso di caducità che a vent'anni, o giù di lì, ti assale con una forza irresistibile. Di solito si crede che il nichilismo aumenti col passare degli anni e invece non è vero. La scoperta del nulla, quando si è giovani, può essere esplosiva, ma può anche, ed è quello che normalmente accade, irrobustire il carattere. Una tazza di polvere mi piaceva anche per un vago sapore zen, per quel rimando a un vuoto brulicante che è appunto uno degli aspetti più singolari del pensare zen".

All'epoca della storia il '68 non era ancora arrivato, eppure certe inquietudini del protagonista sembrano anticipare gli eventi. Ma che aria si respirava nella provincia vicentina in quegli anni?

"Io non so se le inquietudini del liceale protagonista, che sono per la maggior parte private, sono collegabili alle turbolenze di qualche anno dopo. La scuola era più o meno come la racconto e i contesti sociali e culturali erano schiacciati da una cappa conformista. C'era un'ipocrisia diffusa che purtroppo condizionava seriamente l'espressione del pensiero e anche dei sentimenti. Il '68 fa saltare il coperchio della pentola e le cose, grazie a Dio, non saranno più come prima".

Il protagonista è innamorato di una compagna di scuola, ma non trova il coraggio di dirglielo... avanza e poi arretra. Ma allora, almeno in amore, non è cambiato nulla da ieri ad oggi?

"Non sono uno specialista di questi problemi, non leggo le rubriche dei Cuori Infranti che pullulano sui giornali e dunque non saprei cosa dire. Forse la mia generazione aveva un vocabolario più ampio per questo genere di cose, ma aveva poche occasioni per utilizzarlo. Adesso mi pare un po' il contrario".

Lei cita il filosofo Kierkegaard che afferma "ricordare e dimenticare non sono contrari": in che senso lo intende?

"È un problema un po' complicato, ma in sostanza il ricordare presuppone l'oblio. Le memorie sono sempre selettive e galleggiano su un mare di dimenticanze. I ricordi determinano in larga misura l'identità di una persona, ma attenzione, perché si tratta dei ricordi che abbiamo scelto in mezzo a molti altri in funzione di quello che desideriamo si pensi di noi".

Una tazza di polvere (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)A suo avviso gli anni '60 con la loro cultura anticonformista e di rottura col passato sono stati davvero una linea di confine tra due epoche?

"Direi di sì. Io sono convinto che quel decennio sia una specie di spartiacque politico, sociale e culturale che porta rapidamente a conclusione quello che è stato chiamato «il secolo breve». È quello che pensava anche un giornalista acuto e «irregolare» come Edmondo Berselli. Per certi aspetti la pensava così anche mio fratello Silvio, purtroppo scomparso, che all'Italia del dopoguerra ha dedicato uno studio divenuto famoso".

Da cosa è nata l'idea della foto in copertina? Sembra ispirata al famoso scatto fotografico del francese Robert Doisneau "Bacio davanti all'hotel De Ville".

"L'idea della foto di copertina è dell'editore, non mia. Francamente non mi era venuto in mente che potesse assomigliare alla famosa foto di Doisneau. E poi questa ritrae una circostanza, quella un sentimento eterno"

Paolo Lanaro è nato a Schio e vive a Vicenza, dove ha insegnato filosofia nei licei. Ha pubblicato sei raccolte di versi e l’ultima, Poesie dalla scala C è stata finalista al Premio Viareggio 2011. Su di lui hanno scritto importanti quotidiani nazionali come La Repubblica, Il Manifesto, Il Messaggero, Il Sole 24 ore e altre testate.



nr. 23 anno XIX del 14 giugno 2014

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