NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

L’altra natività

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

facebookStampa la pagina invia la pagina

In nome della madre

Interpretare un personaggio vuol dire dargli corpo, quello della Madonna oltre a essere molto lontano nel tempo è determinante nella nostra cultura italiana e mediterranea. Ci sono molti rischi che vanno oltre la trasposizione letteraria anche perché è oggetto di studi molto complessi. Quali sono i rischi della messa in scena in un caso come questo in cui non è solo la storia ma c’è anche la filosofia e la teologia?

“Rischi ce ne sono tantissimi e posso dirti come abbiamo tentato di vederla noi; abbiamo voluto vedere la Madonna come una ragazza. Io non posso capire il suo senso del divino, quindi non lo posso mettere in scena, io posso mettere in scena la sua umanità”.

In nome della madre (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Anche perché mettere in scena il divino è un controsenso…

“Esatto, è una cosa che non saprei neanche capire e non saprei da dove partire per una cosa così difficile e forse impossibile. L’unica cosa su cui potevamo lavorare era l’umanità di questo personaggio, il suo essere donna e ragazza, i suoi sentimenti, cosa che il testo mette in luce. Non ci siamo posti il problema del divino perché il divino è qualcosa che va oltre noi. Sicuramente penso che le persone che credono, nel vedere un tipo di rappresentazione come questa, siano avvicinate ancora di più alla loro fede perché vedono in questa figura della Madonna qualcosa che comunque gli appartiene. Avvicinarsi alla divinità attraverso la propria umanità diventa più interessante della distanza forse mistica”.

La pièce è tratta da un romanzo suddiviso in maniera poetica perché non è in capitoli ma in stanze con un prologo e tre canti finali. Di solito la riduzione dei romanzi in teatro è sempre abbastanza difficile, questa struttura vi ha aiutati a comporre lo spettacolo?

“No, abbiamo sacrificato molte parti di quello che era il testo perché era molto più lungo. Abbiamo cercato di tenere il possibile, per esempio i canti non ci sono ma c’è il monologo finale di lei ecc. Il testo ci ha aiutato a dare corpo al personaggio di Joseph perché anche se è lei che racconta quello che lui dice, i suoi discorsi vengono fuori chiari, per cui abbiamo estratto dal testo questa figura di Joseph e abbiamo dato anche più forza alla contrapposizione: Joseph diventa tutta la relazione con la società, tutto quello che rappresenta la legge e poi la rottura con questa società. Lei invece rappresenta tutto quello che è l’amore e il suo credo nei confronti di questa cosa; anche se ci sono dei momenti di dubbio perché questa umanità sua viene fuori, il fatto che dice: “E se fosse femmina?” Perché capisce che lui si sta giocando tutto per lei”.

Anche perché viene dato per scontato che se Messia deve essere, sarà uomo.

“Esatto, quindi in una società in cui era impensabile che potesse essere una donna. Le voci che si sentono delle donne del villaggio, queste ci sono nel testo, noi le abbiamo tenute come pensieri, qualcosa che si sente e che li circonda perché loro vivono in questo paese che li guarda malissimo e che li vuole allontanare”.

Come attrice e regista tu indaghi nell’animo umano e nei testi. Come percepisci una figura femminile che è la più eterea e al tempo stesso determinante di tutte, non solo per la nostra cultura? Qui non stai facendo la vita di una santa che molto spesso è legata al martirio o a una sofferenza fisica: se ci rimettiamo alla storia del teatro occidentale molto spesso si parte dalla vita dei santi. Qui stiamo parlando di una figura mistica che comunque è vissuta realmente, ci soni documenti, c’è la casa che si può visitare, però al tempo stesso fa parte del dogma, cioè di ciò che non è spiegabile.

“Come attrice sì, nel confrontarsi con un personaggio come questo di Erri De Luca la cosa più difficile è riuscire a far percepire e vivere sulla scena l’amore perché lei è proprio un personaggio fatto d’amore, raggiunge il divino perché è tutta amore. Non è facile portare l’amore sulla scena, sono partita da questa idea e voglio andare avanti perché quello che emerge da questo testo è proprio quello: Maria è una donna innamorata dell’amore, cioè innamorata di Dio, del figlio, del marito, delle persone, lei è fonte di amore”.

 

nr. 43 anno XIX del 6 dicembre 2014

« ritorna

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar