NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Ipotesi per un’Orestea

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Darling- ipotesi per un’Orestea

Voi siete famosissimi all’estero, in Francia, in Spagna, in Giappone, in Russia. Come è visto il prodotto italiano contemporaneo all’estero? Alcuni hanno detto “teatro omosessuale”: in Russia avete avuto qualche difficoltà?

“Mah, il discorso di affibbiare delle aggettivazioni e delle etichette racconta più quelle persone che usano quelle etichette".

Eh, però te le porti dietro.

Darling- ipotesi per un’Orestea (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“No perché fortunatamente questo provincialismo è soltanto italiano, all’estero non c’è nulla di tutto questo. Noi torneremo adesso, a giugno, a Mosca con una nuova produzione che faremo, esclusivamente russa, con un testo che è un caposaldo della letteratura russa, che è “Noi” di Zamjatin, che nessuno ha mai fatto perché i russi hanno paura perché è un romanzo che precorreva Orwell, sullo stato comunista e la dittatura comunista e lo facciamo noi. Questa morbosità da magazine femminile che è il nostro teatro italiano, perché è questo è un campiello di piccineria, andando all’estero mi dicono: “Questo è il teatro italiano?” Io dico: “no, non è il teatro italiano quello che facciamo noi, noi facciamo un teatro europeo". Il teatro italiano è un teatro morto che puzza di naftalina e si autoracconta e si autocombustiona da sé".

E come viene visto il prodotto, nel senso della promozione?

“Fortunatamente, non voglio sembrarti ingenuo, ma non so cosa voglia dire promozione, nel senso che noi non facciamo nulla in questo senso: noi andiamo nei posti e nelle nazioni in cui ci chiedono di creare un prodotto, di fare una creazione e poi abbiamo il pubblico che viene a vedere. Credo che si parli di civiltà più che di promozione. Noi non abbiamo mai fatto nessun tipo di domanda ministeriale per le sovvenzioni ci siamo sempre autofinanziati con i nostri introiti, con i cachet dei teatri e con altre forme che erano quelle, essendo bravi anche a scrivere sceneggiature per il cinema e la tv, abbiamo cercato di utilizzare quei capitali per finanziare una compagnia che all’inizio faticava di più. Qualsiasi cosa mi è utile come formazione umana".

Un tema centrale delle tragedie greche è l’omicidio in ambito familiare e la vendetta come espressione di giustizia purificatrice che fonde la dimensione civica con quella mistica. Oggi sembra che di questi temi non sia rimasto nulla e che siano appannaggio culturale di fanatismi.

“Non ci interessa questo, la vendetta, il sangue chiama sangue. Ci interessa recuperare probabilmente una dimensione animale che abbiamo perso. In questo c’è un tradimento verso Eschilo: non crediamo che affidarci a uno stato e un governo e tutelarlo con delle leggi sia in qualche modo la strada più giusta. Abbiamo lasciato gli dei per trovarci in uno stato societario assolutamente fallibile, lo dimostra anche lo stato del nostro paese. Quindi forse questa ricerca continua che loro fanno ( i personaggi della pièce ndr), anche affidandosi agli dei con sedute medianiche, è un tentativo di scoprire se c’è qualcuno: la frase che viene continuamente ripetuta durante il lavoro, “c’è qualcuno?”, perché questo, la solitudine, cercare di capire perché siamo soli, perché non riusciamo ad entrare in contatto con l’altro. Questo è il nostro senso, e probabilmente attraverso una dimensione ctonia, un tentativo di recuperare il senso animale e naturale di quello che siamo senza gli orpelli e gli affastellamenti di una società che ormai è decadente e morta. In questo senso è il binario di indagine".

Ho visto un’organizzazione meticolosa del movimento, attori veramente straordinari e preparazione fisica. L’importanza della musica e del rumore. Sembra un lavoro molto coreografico.

“Beh noi lavoriamo da sempre sul corpo, cercando di esprimerci attraverso qualunque possibilità. L’uomo è a 360 gradi, in quel tentativo di recupero etico anche l’uomo in scena non soltanto con le parole, la laringe ma con tutto, con i denti, coi tendini, coi capelli, qualunque cosa serve ad esprimere. In questo senso un uso tribale dell’uomo per cercare di entrare in contatto con chi sta guardando, per cercare di capire che il fenomeno teatrale, il rito, è qualcosa di differente dal sedersi di fronte a una televisione".

Darling- ipotesi per un’Orestea (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)La scena finale con questi uomini che sono appunto primordiali, nudi che si muovono come delle scimmie, l’unico segno di civiltà che hanno è l’inciviltà dell’elmetto da guerra. Lei ha la maschera antigas e poi il valzer di Strauss e queste luci fortissime. Sembra Kubrick.

“Sì me lo hanno detto ma a noi interessava raccontare la stupidità della guerra, la stupidità dell’”intruppamento”, della capacità di un qualunque assetto di rovinare attraverso delle leggi e dei perimetri la possibilità dell’uomo. Ha una doppia valenza, da una parte c’è un recupero, uno si toglie dallo schema del soldato e cerca la plasticità di quel senso animale che dicevamo, dall’altro c’è un raccontare la stupidità di certe leggi e di certe regole che non ci portano da nessuna parte”.



nr. 05 anno XX del 14 febbraio 2015

Darling- ipotesi per un’Orestea (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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