NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Stasera ovulo

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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“Stasera ovulo”

Quasi un talismano.

“Si sì! Abbiamo fatto il dvd dello spettacolo, che è in vendita, anche perché scrivevano. Se tu pensi che il promo di questo spettacolo, su Youtube, e io non sono Ascanio Celestini, non sono popolare alla tv, ha raggiunto oltre i 40 mila click! Un promo teatrale! “Stasera ovulo”! Molti ci scrivono che si sentono meno soli, che hanno fatto pace con se stessi; le lettere che ci hanno scritto le abbiamo mese in un libro dove c'è il testo. Carlotta ha potuto mettere della leggerezza in questo testo, anche perché lei ha compiuto un percorso, si è vista dall'alto e questa cosa solleva automaticamente anche il giudizio su noi stessi e sugli altri: hai il figlio, non ce l'hai, ce l'hai così, non importa, non sei meno donna”.

La società per garantirsi la sopravvivenza ha bisogno di alcune norme: la procreazione viene stabilita in tempi che non sono quelli della natura. La società quindi aggredisce il corpo che, come dite voi nella pièce, si ribella. Come il problema dell'obesità: c'è una quantità di cibo che il corpo non riesce a smaltire, perché questo eccesso al cibo c'è da circa 50 anni, l'uomo da milioni. A livello evolutivo il corpo non ha ancora assorbito questo input che la società gli offre e risponde come sa, creando altri problemi sociali. Non è più semplice organizzare la società in base alle necessità fisiologiche del corpo?

“Stasera ovulo” (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)“Qui entriamo nell'ambito del femminile, del lavoro, dell'autonomia delle donne, che prima devono fare carriera e poi i figli, se non lavorano forse non si possono sposare, entriamo in un ambito della società che non riconosce il bene del fatto di fare figli, non dà servizi alle donne, soprattutto in Italia”.

In Francia ci sono lo stesso tipo di problemi? Visto che la pièce è francese...

“Carlotta è italiana però questa esperienza l'ha fatta in Francia, lei ce l'aveva anche con i medici, con questo modo di fare; sono anche io residente in Francia ma siamo più protette, ci sono più contributi e a sostegno per la maternità e i figli si fanno sicuramente più che in Italia, che è arretratissima sotto questo punto di vista. Lì c'era l'ossessione di avere un figlio ad ogni costo e questo peso che sentiva, quindi prendiamo gli ormoni e via andare e i tumori li vedremo poi. Io ho perso i figli perché non funzionava l'ipofisi perché ho preso per 20 anni la pillola, questa cosa non la dice nessuno, che una possibilità che con gli ormoni di sintesi si addormenti l'ipofisi perché tu non faccia veramente gli ovuli”.

Stiamo parlando di persone sane, in linea di massima: voi parlate di accanimento terapeutico.

“Però la sterilità è considerata una malattia”.

Si ma non compromette la vita però voi fate il paragone con i malati terminali. Quando tu dici che ti bombardi di cose e l'amica ti chiede se un figlio lo vuoi davvero, come a dire se il gioco vale la candela. É un iperbole scenica chiaramente.

“Sì, come se a un malato terminale: “Ma tu vuoi vivere davvero?”, il malato terminale sta morendo, è bombardato anche lui. Il punto su questa questione è anche da parte delle persone più vicine, questo mettere il dubbio: non è che stai facendo tutto questo e poi non lo vuoi veramente e per questo non viene? Perché poi sono tutte queste componenti pseudo psicologiche da due lire che tutti vogliono spiegare, l'amica che dice che hai un problema con tuo padre; infatti lei lo dice: ma non puoi semplicemente dire “poverina mi dispiace”? É ovvio che è drammaturgico”.



nr. 13 anno XX del 4 aprile 2015

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