NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Quando i mulini non erano solo…bianchi

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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I mulini nel vicentino

Il libro è il terzo capitolo di un'ideale trilogia sul mondo contadino. Perché scrivere e disegnare mulini e mugnai?

I mulini nel vicentino (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"La scoperta del congegno antico che permetteva la rotazione in sicurezza dell’albero della ruota idraulica. Mi riferisco a l’asejo e l’asejara. La punta in ferro interna ed esterna dell’albero in legno della ruota idraulica (asejo), appoggiava sull’asejara, collocata una all’interno e una all’esterno. Si trattava di una conoscenza che era stata dimenticata e sostituita da nuovi sistemi di rotazione basati su bronzine lubrificate. Riscoprire questo meccanismo ha rappresentato uno stimolo ad approfondire tutta una materia fondamentale per la vita di tutti i giorni delle nostre comunità. Una tecnologia semplice, apparentemente, ma frutto di una straordinaria intuizione e di una altrettanto straordinaria capacità di realizzazione pratica. Si torna indietro nel tempo fino a Vitruvio, grande architetto romano, studiato anche da Palladio. I mulini erano anche il frutto di una capacità artigianale di persone che erano spesso più artisti, matematici e ingegneri meccanici (anche se analfabeti) che semplici operai: falegnami, fabbri, scalpellini, tutti accumunati da straordinaria manualità, al servizio di estrema ingegnosità e acuta intelligenza. Questo volume ha integrato un percorso ideale che esamina il cibo e la tecnologia per produrlo. Il lavoro è stato proposto in maniera di facile lettura e alla portata di tutti, sia grandi che ragazzi delle scuole. Siamo anche in tema con l’expo di Milano il cui filo conduttore è la sostenibilità del cibo".

In Tv siamo subissati da pubblicità sui mulini bianchi... ma il bianco che lei ricorda era quello della farina nella sua giovinezza, merce rara un tempo?

"La furbizia dei produttori spacciava e spaccia tuttora la farina bianca come la migliore, mentre la realtà è ben diversa perché, come ormai molti sanno, la farina bianca ha molte meno qualità di quella integrale. Per secoli e secoli la farina è stata solo integrale, il che spiega la bontà, il profumo e la lunga conservazione del pane di una volta e questo fino all’immediato dopoguerra. I mulini che io disegno, visti di persona quando ero giovane, non sono certamente bianchi ma sono luoghi dove la fatica e il sudore e la generosità di persone laboriose ha consentito di superare periodi tremendi fornendo un prodotto fondamentale, spesso unico, per la vita di tutti i giorni. I mulini sono stati un elemento essenziale e vitale per la sopravvivenza. Fondamentale era poi la capacità dei singoli mugnai, capaci di produrre farine talmente buone da diventare un punto di riferimento. Non c’erano strumenti per determinare l’umidità del grano e decidere come e quando macinare ma era l’esperienza ereditata da generazioni e generazioni a far sì che fossero sempre fatte le scelte giuste per dare un prodotto buono e in grado di conservarsi".

Oggi la civiltà contadina dei nostri antenati sembra quasi perduta...

"Sembra davvero perduta perché l’impressione è che l’uomo ormai sia in balia della tecnologia delle macchine moderne che hanno creato una vera e propria dipendenza. Ecco quindi che diventa importante ed essenziale, per non perdere capacità e conoscenze importanti, per tutelare la salute, tenere sempre presente la qualità dei cibi che vengono prodotti, primo tra tutti il pane che da sempre è stato l’elemento fondamentale nella vita dell’uomo. Negli ultimi anni c’è una riscoperta di questi lavori che mirano al recupero di piante autoctone, in contrapposizione ai sempre maggiori ibridi o Ogm e anche il ritorno a colture fatte con metodi tradizionali, senza la costante presenza della chimica, con vantaggio per la salute di tutti quelli che fanno una scelta di questo tipo. In questa direzione vanno, oltre alle colture biologiche, anche le De.Co, che ci permettono di riportare in auge prodotti locali che non hanno nemmeno bisogno di tanti e lunghi trasporti, a vantaggio della genuinità e della freschezza. Ecco il binomio turismo-cibo come carta vincente anche per uscire dalla crisi".

È ancora importante tramandare alle generazioni future gli usi e costumi dei nostri nonni e padri?

"Se guardiamo quello che ci è rimasto delle prime civiltà ci accorgiamo che anche per le comunità più semplici, all’alba della civiltà, le prime espressioni artistiche erano rappresentate da piccole statuette con la raffigurazione di una donna gravida. Il che sta a significare il grande e intuitivo legame con la natura madre e i suoi ritmi. Bisogna quindi non dimenticare questi riferimenti. Le generazioni precedenti producevano i cibi senza il ricorso alle elevate quantità di energia che caratterizza la produzione moderna. Sapevano sfruttare in modo intelligente le energie di cui disponevano, prima tra tutte la forza motrice dell’acqua. Sicuramente l’insegnamento che viene da quelli che sono impropriamente definiti secoli bui è quello di utilizzare al meglio le forze della natura, in armonia con essa e senza sprecare. Il messaggio che vorrei far passare è che un cibo è buono indipendentemente dalla grandezza, dalla perfezione della forma e dall’aspetto, tutti elementi su cui punta invece l’industria. Ma tutti sappiamo benissimo che la qualità è indipendente da forma, grandezza e aspetto esteriore. Ci sono delle mele piccole e brutte che hanno un gusto inarrivabile".

La crisi colpisce i giovani senza lavoro: consiglierebbe oggi ad un giovane di tornare a lavorare la terra?

I mulini nel vicentino (Art. corrente, Pag. 3, Foto generica)"Il giovane che lavora la terra vede il frutto del lavoro e della fatica trasformarsi in cibo di grande qualità, se sa resistere alle tentazioni delle sovrapproduzioni frutto delle moderne tecniche. Già stiamo assistendo ad una inversione di tendenza. Molti si stanno dedicando alle colture ecocompatibili e nel ritorno alla terra trovano una alternativa ad una vita spesso alienante. Lavorare la terra è faticoso ma permette anche di vivere in armonia con il creato. Fortunatamente anche i consumatori stanno divenendo più attenti e prova ne è l’espandersi dei mercatini De.Co., dei negozi bio e anche di aree dei supermercati dedicate ai prodotti naturali. Lo stesso sta avvenendo anche per quanto riguarda la medicina. Ci sono sempre più erboristerie e la riscoperta che molti malanni possono anche trovare sollievo da erbe e prodotti della natura".

Veladiano, lei ha curato la pubblicazione di una cinquantina di libri ma è anche autore di alcuni interessanti romanzi e saggi. Qual è il suo interesse prevalente in campo letterario?

"Sono due campi distinti. L’attività lavorativa mi ha portato da molti anni a interessarmi di molti progetti finalizzati a valorizzare la cultura locale. Ho ritenuto di fare cosa utile proporre, ogni qualvolta se ne è presentata l’occasione, la raccolta in pubblicazioni di alcune ricerche che meritavano di essere conservate e condivise. Un libro è uno strumento straordinario per preservare e trasmettere la memoria. In particolare i libri di Rosset hanno una duplice utilità: riscoprono tradizioni che rischiano in breve tempo di essere dimenticate, mettendole al tempo stesso a disposizione dei giovani che, per la loro età, non hanno avuto modo di conoscere degli stili di vita, dei lavori che pur non essendo lontanissimi in termini temporali, parliamo di una cinquantina d’anni o poco più, sono distanti anni luce se usiamo come metro di misura l’evoluzione tecnologica che caratterizza i nostri giorni. Analogo interesse, anche se a un diverso livello, per una collana - Venezia e l’Oriente - sviluppata grazie alla collaborazione con alcuni docenti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dedicata alla riscoperta di cronache di viaggi di veneziani e veneti lungo le via che portano ad oriente. Sono già stati pubblicati tre volumi ed un quarto è in arrivo per il tardo autunno. I miei romanzi e saggi sono invece frutto di un interesse personale per alcuni argomenti e per alcune situazioni. Le storie sono infatti ambientate in luoghi come Afghanistan, Syria, India, che ho conosciuto, direttamente o indirettamente, attraverso progetti di collaborazione internazionale ai quali ho collaborato. Come molti altri autori italiani ho scelto la strada dell’auto pubblicazione essendo molto difficile accedere ai grandi editori, indipendentemente dalla qualità o dall’interesse di un’opera. Ritengo che questa scelta rappresenti una buona opportunità per i tanti ai quali è preclusa la grande editoria. Non si spende nulla e i libri, grazie alla rete capillare di Amazon, sono disponibili a tutti nell’arco di due, tre giorni dall’ordine. Ho avuto la soddisfazione di ricevere, via e-mail, molti apprezzamenti tra i quali quello di padre Paolo Dall’Oglio - rapito a Raqqa, in Syria, ormai da due anni - che mi ha scritto anche una interessante prefazione".

 I mulini nel vicentino (Art. corrente, Pag. 3, Foto generica)



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