NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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A tutta Armenia

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Armenia

La musica è molto importante nella cultura armena: ai giovani interessa tramandare queste tradizioni?

Armenia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)G.D.: “ Io insegno da 25 anni al conservatorio e insegno anche fuori dall’Armenia, facendo masterclass in giro per il mondo, anche a Venezia, che organizziamo da anni con la Fondazione Cini e che ha avuto centinaia di giovani studenti che continuano a dimostrare un interesse profondo nei confronti della musica sia da parte armena che non armena”.

Abbiamo sentito Khachaturian, un grandissimo autore del ‘900, che anche con le sue suite per balletto ha portato tradizione nell’ambito dell’innovazione e nella contaminazione con influenze jazz. Oggi chi c’è che raccoglie effettivamente un’eredità musicale armena contaminandola nella sperimentazione?

G.D.: “Ci sono molti compositori contemporanei giovani, sia armeni che stranieri che fanno delle rielaborazioni e ricomposizioni su dati e caratteristiche delle musiche tradizionali armene e che vengono poi rieseguite da me o da altri con delle formazioni orchestrali sinfoniche o gruppi rock, oppure attraverso operazioni come quella del violoncellista Yo-Yo Ma, famosissimo, che ha ideato il progetto “Silk Road”: varie tradizioni musicali che hanno attraversato la Via della Seta, fino in Cina appunto,mettendo insieme dei compositori di varie origini che hanno rielaborato delle musiche armene che poi sono state eseguite da Yo –Yo Ma e da me e quindi hanno avuto un pubblico abbastanza vasto, non armeno, che è riuscito a sentire questa musica attraverso questo tipo di operazioni”.

Progetti che ripercorrono la Via della Seta dal punto di vista del suono: la musica armena è più leggibile da un pubblico orientale o occidentale?

Minas Lourian: “Io non sarei così sicuro che la musica armena venga capita anche dagli armeni: capire la musica è un discorso difficile, i linguaggi sono diversissimi e l’approccio dei musicisti è diverso tra loro. C’è chi riproduce semplicemente una musica in modo identico al passato, chi cerca di trovare un nuovo linguaggio, come per esempio il grandissimo compositore Tigran Mansurian, che fa un lavoro molto profondo anche sul linguaggio e di cui ho recentemente prodotto un’opera, un concerto per violoncello e orchestra alla Fenice lo scorso 12 aprile, suonato da Mario Brunello. Lui lavora moltissimo anche sul testo perché la lingua armena, come in tutte le musiche modali, ha un ruolo fondamentale: la metrica armena è molto importante, molti armeni che fanno musica o cercano di studiare la musica armena, e che non sanno l’armeno, non possono, in realtà, dirsi veramente capaci di elaborare una musica armena. A volte ci sono dei tentativi di riproduzione di sonorità o atmosfere armene che potrebbero suonare orientaleggianti ma che in realtà non sono armene”.

Armenia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Anche nel Sud d’Italia la musica napoletana è pensata per essere cantata in napoletano, come avviene in altre forme musicali, come quelle del Salento. Forse è un tratto distintivo di quel tipo di musica mediorientale e mediterranea?

M.L: “Sicuramente, fanno parte di una fascia di tradizioni che vengono da un mondo antico, che poi la musica napoletana venga cantata da altri senza conoscere il napoletano, diventa ridicolo come molta musica armena eseguita da altri o armeni che presumono di sapere la musica armena: ai veri intenditori diventano ridicoli, poi magari hanno un loro fascino”.

La danza mi sembra sia comunque un elemento importante, i ragazzi come vivono questa tradizione antica? Al Sud è vissuta tra tradizione e folklore, non tutti i giovani le praticano.

G.D.: “In  Armenia è invece il contrario di quello che avviene in Occidente: c’è molta partecipazione da parte della gioventù a tutte le forme di danze tribali, popolari e urbane di vario genere, soprattutto c’è la consapevolezza che una certa globalizzazione ha comunque messo un po’a rischio e appiattito i valori della propria cultura; quindi c’è questo rientro, non in senso nazionalistico ma di curiosità del proprio essere identitario molte volte anche cercando di contaminare con le altre culture. Ci tengo a dire che il mio obiettivo principale non è di diffondere maggiormente a tutte le fasce di una popolazione: questa gemma, per me ha un valore talmente immateriale e prezioso per la cultura armena che non mi spinge a fare di tutto per diffondere. C’è la tendenza ad andare per le cose facili, di inserire cose della cultura popolare di altre tradizioni e nuovi generi di musica che comunque sono stati introdotti in Armenia, questo tipo di musica la chiamiamo Rabiz, musica più commerciale e popolare; purtroppo è quello che ha una maggiore diffusione e interesse da parte della popolazione. Io voglio conservare la tradizione, la purezza e autenticità, anche se  ha un auditorio più limitato”.

 

nr. 24 anno XX del 20 giugno 2015

Armenia (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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