NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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A tutta Armenia

Le Settimane Musicali dell’Olimpico hanno reso omaggio alla cultura e alla musica del paese dell’ex Unione Sovietica

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Armenia

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

Si è concluso il festival Settimane Musicali al Teatro Olimpico con uno spettacolo unico dedicato alla cultura musicale armena in cui sono state eseguite musiche della tradizione popolare, sacra antica e classica contemporanea. Sul palco la violinista Sonig Tchakerian, la pianista Stefania Radaelli e l’ensemble del M° Gevorg Dabaghian, celebre musicista esperto del duduk, antico strumento a fiato in legno di albicocco. Ospite d’onore della serata l’Ambasciatore della Repubblica Armena in Italia, Sua Eccellenza Sargis Ghazaryan, che ha concesso qualche domanda ai giornalisti. Quest’anno ricorre il centenario del Genocidio Armeno e abbiamo parlato di cultura armena con il M° Dabaghian e con Minas Lourian, direttore del Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena a Venezia. (Foto Luigi De Frenza)

 

Armenia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Molto spesso si parla di Armenia nell’ambito della cultura. Secondo lei quanto oggi le arti performative possono uscire dalla nicchia dei festival per entrare in qualcosa di più massificato e sensibilizzare ulteriormente alla risoluzione di questi problemi?

S.E. Sargis Ghazaryan: “Prima di tutto la civiltà armena ha una storia di almeno 3000 anni: per vocazione e in qualche modo per missione, è stato il nostro il nostro il ruolo di civiltà ai confini tra Oriente e Occidente, di mediazioni e di inclusioni culturali che oggi sono estremamente cariche di un messaggio che diventa sempre più urgente e universale, cioè la trasformazione dei contrasti in sinergie, dei conflitti in pluralismi. Certo è che anche quest’anno il nostro non è soltanto un messaggio teso alla prevenzione dei crimini contro l’umanità. Ma il nostro è un racconto di una civiltà che io non considererei poco nota: due settimane fa alla Biennale di Venezia, il padiglione Armenia, che raccontava l’identità globale armena con 18 artisti della Diaspora Armena, vinceva il Leone d’oro. Questo naturalmente per noi non è un punto di arrivo ma di ripartenza perché abbiamo una narrativa, un messaggio che è quello estremamente urgente oggi, visto il contesto geopolitico in cui operiamo e credo che anche l’arte sia politica, tutto è politica. Abbiamo davvero un retaggio artistico e culturale, anche in termini contemporanei, e stasera ci saranno altri ambasciatori, degli ambasciatori culturali, che ci racconteranno appunto questo percorso lungo almeno 3000 anni”.

L’anno scorso, nell’ambito del Ciclo di Spettacoli classici al teatro olimpico, abbiamo avuto un artista armeno, Simon Akbarian, al quale chiedevo come mai esista un’assimilazione al Genocidio Ebraico però non ci sia un film come Schindler’s List che vince l’Oscar. Come mai secondo lei non c’è ancora uno sfruttamento delle opere di massa come il cinema per esempio?

S.E.S.G.: “ A dire il vero c’è, forse non è molto noto, ma questo sarà ancora un anno di sorprese, che non sono finite e non sarò certo io il guastafeste! Però probabilmente in termini, se vogliamo, speculari, probabilmente questo non c’è stato perché gli armeni non hanno subìto il ghetto: la stessa esperienza veneziana e veneta è un’esperienza di interazioni continue. Gli armeni venivano accolti a due passi dalla basilica di San Marco dove in cui in qualche modo istituivano il quartiere armeno. L’esperienza armena è stata di trasmissione del sapere, penso per esempio alla Congregazione mechitarista di San Lazzaro: arrivano nel 1701 e diventano i “Google” di quei tempi, con la missione di tradurre e far conoscere all’Occidente la civiltà e la letteratura armene ma fare lo stesso anche per ciò che concerne la produzione letteraria dell’Europa occidentale verso il mondo armeno. C’è stato un modello diverso che è stato di integrazione senza l’oblio dell’identità. Sicuramente questo ha arricchito anche i luoghi di arrivo, non soltanto quelli di partenza. Questo sarà un anno appunto di sorprese: spero di tornare a Vicenza e raccontare quest’anno con le sorprese intese in quella direzione che intendeva lei”.

Armenia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)All’inizio abbiamo sentito una musica molto minimale, quando vediamo dei documentari o dei film ambientati in epoche molto antiche si sentono questo tipo di musiche: a quando risalgono e che origine hanno?

Gevorg Dabaghyan: “L’aveva composta San Gregorio di Narek, di recente proclamato dal papa santo e dottore della Chiesa, il più grande mistico del Medioevo armeno. Abbiamo interpretato brani di varie epoche ma quello più antico è quello di Gregorio di Narek, che si chiama “Havun-Havun”. Essendo la civiltà armena antica di migliaia di anni, sicuramente suonando ed esprimendo anche l’anima del popolo armeno, trasmette questa sensazione di antico. Poi, in realtà, questi canti hanno origine nei tempi pagani e sono stati in parte adottati in epoca cristiana e trasmessi per via orale. Facendo parte delle strutture delle musiche modali del vicino Oriente, la trasmissione è per via orale tuttora. Quando si parla delle musiche improvvisate, soprattutto danze modali orientali, quelle vengono imparate per trasmissione orale, invece il 70-80 % del repertorio che suoniamo noi ha una struttura musicale sulla quale noi studiamo per decenni. In realtà, però, in tutta la tradizione della musica, anche quella che è stata scritta per conservare un ricordo e una memoria che è stata trasmessa comunque per via orale, l’annotazione semplice non è sufficiente per interpretare questi canti e quindi la parte orale ha la sua importanza: tutte le sfumature e i dettagli che facciamo non sono annotati”.

Una musica quasi mistica che invita al raccoglimento e alla meditazione. Questa musica sacra ha avuto delle influenze nella nostra musica cattolica occidentale?

G.D.: “Sicuramente è una musica sacra armena autentica che viene dal X secolo. Le musiche del V o del Vi secolo della Chiesa ambrosiana, sono quasi identiche alle interpretazioni delle musiche bizantine o greco-bizantine che assomigliano moltissimo alle musiche modali turche, persiane e armene; da tutto quello che è stato portato qui nel V e VI secolo dall’Oriente con Bisanzio sono poi rimaste e hanno avuto un’influenza nella formazione della musica occidentale”.

Armenia (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)



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