NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Fregoléte, per far rivivere i sogni dell'infazia

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Fregoléte - Briciole di Memoria

Cosa sono per lei i ricordi e che importanza hanno?
"Nei racconti brevi di Fregoléte. Briciole di memoria, scritto con la collaborazione di Maria Dindina Pierdicchi, prendono forma sequenze di rievocazioni libere nella mente del lettore. Ecco che il termine “ricordo”, che apposta non compare nel libro, è sostituito da entità più profonde che spaziano creando plurimi legami, anche onirici. La memoria e il sogno. Einstein disse che una persona è vecchia solo quando i ricordi, i rimpianti in sé, superano i sogni. Nella poetica introduzione di Stefano Ferrio si legge una grande verità: se c’è vita c’è necessariamente memoria. È sparsa anche in forma di fregoléte che permangono in noi, in modo più o meno ricostruibile, ma che sono parte di noi e di chi è stato accanto. E di qui l’importanza delle nostre radici, delle espressioni cui spesso il tempo fa oblio. Ora il vento non disperderà più le nostre fregoléte. Presentando il 13 giugno in area milanese ho chiosato che nel libro non c’è ricordo né rimpianto, ma il graffio indelebile del sogno".

Fregoléte - Briciole di Memoria (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Com'è nata la collaborazione con De Marzi?
"È stata duplice: con Bepi De Marzi e con sua moglie Cecilia Petrosino De Marzi. Durante la scrittura dei racconti, oltre alle immagini che si inseguivano rapide nella memoria episodica, era sempre viva anche la parte “audio”: i protagonisti nel loro continuo daffare risultavano inscindibili dagli incisi dialettali. Non avrebbero potuto non essere riportati nel testo. Abbiamo scartata subito la facile via di camillerizzare i dialoghi usando un linguaggio tarocco che, a orecchio, potesse sembrare veneto. Avrebbe inquinato le fregoléte che invece volevamo purissime. Scrivere in dialetto dell’Alto Vicentino, quello sommamente richiamato, studiato e descritto dal grande scrittore del Novecento, Luigi Meneghello, era un’impresa ardua, che necessitava un supporto autorevole. Ho così chiesto aiuto a chi, per amicizia personale e meglio di chiunque, avrebbe potuto rivedere l’idioma dei testi. Richiesta accolta a braccia aperte; esprimiamo loro profonda riconoscenza e stima".

Nei testi c'è molta ironia: quanta importanza ha nella vita per lei?
"Come si fa a concepire la vita senza ironia, e autoironia, che favoriscono una visione ottimistica di quanto ci sta attorno? L’ironia è un modo di dire qualcosa di serio. I racconti sono rievocazioni viste con gli occhi di allora, d’adolescenti maschi e femmine, che esprimono curiosità, apprendimenti, riconoscimento di contraddizioni, di regole e di vincoli per un “mondo” così vicino agli adulti quanto lontano dai bambini. I braghéte curte erano considerati degli adulti dimezzati, anziché germogli con talento, unico, da scoprire e valorizzare. A questo punto, anche allora, le vicende umane avevano bisogno di quel distacco dalle cose che consentiva, proprio con l’ironia, di sdrammatizzare tutta una serie di situazioni insensate, cioè paradossali. Si ritorna quindi al passato con realistico disincanto invocando umorismo e senza dare giudizi: il lettore saprà interpretare. Possiamo senz’altro dire che la vita senza ironia è come un caretin di gelati senza gelati".

È un appassionato (come il sottoscritto) di musica anni '70. Cosa aveva in più rispetto a quella di oggi?
"Allora con Dindina siamo in tre! La musica rock, blues, progressive rock della fine anni ’60 e poi ’70 è stata un grande laboratorio popolato da geni musicali dove le limitazioni tecnologiche strumentali venivano colmate da grandi capacità personali, da collaborazione fra artisti. Bisognava insomma essere innovativi e capaci per emergere. E a parte casi isolati, come i Supertramp, che pur bravi hanno avuto all’inizio la fortuna di trovare un tycoon, la via era difficile dovendo cavarsela da soli mettendoci faccia, fatica e finanze proprie. Tutti si ispiravano a tutti, ma creavano con inventiva cose nuove. Molti gruppi erano super-gruppi: artisti con capacità da solisti. La qualità dei media di allora, a parte alcune soluzioni tecniche degli Yes o di Robert Fripp, non consentiva la finezza musicale raggiunta man mano sino all’era digitale in cui i CD sono sfrìtega-free. La musica sperimentale, ipnotica, dei primi Tangerine Dream - tuttora attivi - lasciava sbigottiti più di Stockhausen".

Fregoléte - Briciole di Memoria (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)A Dindina Pierdicchi abbiamo chiesto com’è nata l’idea del libro e la collaborazione con Crosara.
"Trovandomi spesso con amici d'infanzia di Valdagno a Milano notavo che tutti condividvamo un grande amore per la nostra vallata e quello che aveva rappresentato per ciascuno di noi. Cosi' ebbi l'idea di scrivere un libro che raccogliesse racconti, episodi di tanti amici. Con Sandro iniziammo subito a buttare giu' idee e ricordi e a scambiarci foto che evocavano i luoghi. Siamo andati avanti cosi per un paio d'anni, cercando di includere i frammenti in cui tutti potessero riconoscersi. Alla base di tutto c'era un grande amore per tutto quelo che a Valdagno avevamo visto e vissuto".

Sandro Crosara è nato e cresciuto a Valdagno. Si è laureato in Ingegneria Elettronica a Padova, dirigente nel maggior gruppo di telecomunicazioni italiano, ha svolto le sue attività fra le aree di Milano e Roma divenendo poi executive nella maggior società multinazionale di consulenza. È Business Coach e abita nell’area milanese. Cultore di musica dei vari stili rock dagli anni ‘70 e appassionato di nordic walking, è sposato con due figli.

 

nr. 25 anno XX del 27 giugno 2015

Fregoléte - Briciole di Memoria (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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