NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

Franco Di Mare dai teatri di guerra al teatro

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

facebookStampa la pagina invia la pagina

Amira

Ma secondo te, tutto questo movimento neomeridionalista che c’è al Sud? Su FB è una polveriera, un covo di risentimento nei confronti del Nord.

“Non ci credo, non ci credo: sono episodi alimentati da deficienti. Immaginare che questo Paese possa diventare il Nord da una parte e il Sud dall’altra: chi pensa e alimenta questo pensiero qua, è un cretino”.

L’ultimo libro di Vittorio Feltri si chiama “Non abbiamo abbastanza paura”, sull’estremismo islamico. Immagino che forse è il vuoto culturale che permette gli estremismi: se a un certo punto in Italia ci fosse una cultura autoctona più salda che valorizza le differenze ma che al tempo stesso ingloba quelle assimilabili?

“Io una volta sono stato portato, durante la guerra nella ex Jugoslavia, in un posto che si chiamava Veliki Bratovac, in Slavonia, ai confini, dove si combatteva, si sparava e si moriva. Questo cartello bucato dai proiettili aveva sotto, tra parentesi, un altro nome, “Bratovac Maggiore”, in italiano. Allora sono andato a guardare le porte di questo piccolissimo villaggio, erano piene di nomi tipo Toffanin, Furlan, tutti friulani che durante la prima ondata migratoria di fine dell’ ‘800 erano andati a cercare terra perche facevano la fame in Friuli e in Veneto. Nessuno li ha fermati o gli ha detto: “venite coi barconi” o “siete profughi”, “siete diversi”; hanno trovato terra lì e oggi hanno combattuto al fianco dei croati e sono morti con loro perché sono gente croata, oggi, anche se si chiamano Furlan. Una volta eravamo noi gli immigrati. La provocazione di Feltri, che è un provocatore di grande intelligenza, è valida nel senso che è giusto che noi siamo attenti ma è anche impossibile chiudere le porte: dobbiamo applicare quote politiche di immigrazione e chiedere agli immigrati di rispettare le nostre leggi e la nostra cultura. Certo, dovremmo cominciare a rispettarla noi e in tante zone del paese che sono ancora nelle mani della criminalità organizzata, però capisco che le differenze culturali possano essere un impedimento e capisco anche chi dice “vieni da noi e rispetta le nostre leggi”, è una cosa che ci sta. È la stessa cosa che stanno facendo come forma di integrazione culturale anche tanti Paesi con democrazie più elastiche ed accoglienti della nostra, che oggi cominciano a dire: la tua identità culturale viene dopo la nostra legge condivisa, per cui tu non puoi far mettere il burqa a tua moglie perché noi lo consideriamo uno strumento di tortura, non puoi infibulare tua figlia quando ha 14 anni o picchiare tua moglie perché per noi è una violenza e vai in galera se lo fai”.

Le differenze creano anche pregiudizio e folklore che viene molto sfruttato soprattutto al cinema, per cui un cinema più propagandistico e commerciale ma anche un cinema d’autore, allora penso a “Redacted” di Brian De Palma, o “Hotel Rwanda”, o “No man’s land”, tutti relativi a posti in cui sei stato. Secondo te, questi film, fanno un servizio?

Amira (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)“Sì, assolutamente. Quando tu vedi “No man’s land” capisci che cos’è l’ex Jugoslavia, se vedi “Hotel Rwanda” capisici qual è stato il vero problema del Rwanda: erano fratelli e Il giorno dopo cominciano a sparare o a usare il machete per ammazzare. Questi film, oltre che un valore culturale, hanno anche un grande valore di ponte: riuniscono quello che la violenza ha separato. Vedi, io sono convinto che la cultura declinata in tutte le sue forme e dimensioni possibili ( e il cinema è soltanto una di queste) sia un po’come il mare: dipende da come lo vedi. Il mare separa le coste ma unisce anche le coste che divide. Per questo il mare può unire l’Italia e la Tunisia, nel senso migliore del termine, non separarle: la Tunisia oggi sta chiedendo il nostro aiuto ed è uno dei pochi paesi arabi con una democrazia diretta eletta dal popolo, dove le donne non sono trattate come nel resto dei paesi islamici e che si sta battendo per non diventare preda del fanatismo islamico”.

Però hanno tantissimi volontari che vanno nell’Isis.

“Sì certo ma perché hanno tantissimi giovani che non hanno più speranze e la sirena dell’isis, dicendo: “noi siamo uno stato che accoglie tutti” ecc, funziona sulle menti più ignoranti e più deboli”.

Il problema della documentazione in video: quando cominciarono le guerra in Iraq, la prima copertura mediatica di efficacia mondiale, CNN con la Amanpour e tutti in prima linea, si è creato un linguaggio per cui c’è stata una spettacolarizzazione che poi è stata assimilata ed esasperata; allora vediamo i giornalisti inviati col giubbotto antiproiettile e magari dietro uno che non ce l’ha. Quanto la spettacolarizzazione può influire su scelte politiche e sensibilità delle persone?

“Quella è la degenerazione dell’informazione”.

Eh, ma noi che non siamo lì come facciamo a saperlo?

“Ci vuole un po’di cultura in più. È come entrare in internet oggi: trovi bufale, notizie sbagliate, notizie volutamente false… in internet se vai a cercare “Shoah” trovi anche i siti negazionisti. Bisogna arrivare a guardare film e televisione strutturati, difendersi, sapere già e non bere tutto come fosse acqua pura e fresca. Bisogna sapere che tu vai in un posto, che c’è qualcuno che ha intenzione di dire cose che forse non sono tutte vere ma non perché il giornalista sia “cattivo” ma perché forse può essere stato manipolato. Devi essere pronto a capire le differenze. Quindi la cultura, paradossalmente, per essere appresa, ha bisogno di strumenti culturali”.

 

nr. 28 anno XX del 18 luglio 2015

« ritorna

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar