NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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L’invidia per i Kamikaze

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Ailuros

Quando queste cose, nel loro essere estreme, saranno diventate una norma accettata che modifica la sensibilità del pubblico, avrà ancora senso parlare di estremismi? Il veganesimo è accettato e certe volte addirittura difeso, il kamikaze no ma nella loro cultura lo è.

Ailuros (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Eh si, sono degli “eroi”. La differenza tra chiamare “terroristi” prima di una guerra quelli che poi se la guerra la vincono diventano partigiani: è l’ambiguità del gioco. Noi non prendiamo le distanze né critichiamo, raccontiamo come a volte si esca dalla nostra umanità o quantomeno dall’avere una coerenza perfetta, inseguendo queste utopie, sogni. Ci saranno nuovi estremismi: l’uomo sposta le sue norme, i suoi dogmi e le sue regole. Abbiano avuto molta cura delle parole, degli argomenti, l‘estetica. C’è una sorta di spazio anche mentale che viene creato con questo schermo molto alto, un gioco di quadri e di separazioni reso con un disegno luci al quale ha collaborato Silvia Vecchiato e l’aiuto regia di Barbara Riebolge”.

Mi ha molto colpita il fatto che, nella sua motivazione, il personaggio parta da una cosa condivisibile, l’amore per gli animali, che lo porta a una forma di etica occidentale esasperata a un’altra etica che noi non condividiamo. È come se ci fosse una linea del cambiamento di data: una non limita la libertà altrui perché uno può dire che non devi però la bistecca continui a mangiarla, l’altra è una libertà di scelta che incide sulla vita degli altri perché l’obiettivo del kamikaze è uccidere altre persone. Siete riusciti a passare dall’altra parte con leggerezza, qual è stata la cosa che vi ha fatto dire: “possiamo arrivare fino a lì”?

“È vero che è un estremismo diverso: un conto è condizionare la mia vita, altra cosa è condizionare quella degli altri. Non volevamo suddividere tra un bene e un male: narrativamente parlando, questi estremismi sono nati collegati tra loro, anche a seconda dei testi, delle letture, delle suggestioni di quanto capitava, magari inconsciamente, sei in un contesto politico internazionale e questo inevitabilmente ti piove dentro”.

Quindi è un testo che guarda all’attualità, se ci sono degli eventi che vi colpiscono, essendo ancora in fase di studio, può essere ancora molto modificato.

“Si sì, certamente. È imbastito e potrebbe essere pronto per l’estate prossima, c’è ancora tanto lavoro da fare, poi se capita l’occasione si possono stringere i tempi”.

Ailuros (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Nella parte finale lui muore, però ha un contatto con “il fuori”, al tempo stesso siamo noi che guardiamo e che rimaniamo che cerchiamo il contatto con quello che se ne è andato: è come se ci fosse una chiusura per cui si confonde chi è andato con chi resta.

“Certo, correttissimo: uno spettatore, che è quello che crea questo gioco con l’attore, nella realtà vale per tutto il pubblico. Non è soltanto una questione di contenuto e di risposta razionale, ma della forza di qualcosa come l’immolarsi, del sacrificarsi, così l’attore dà qualcosa in cambio, c’è proprio questo scambio tra chi rimane e chi resta e comunque tu rimani con le sensazioni che ti ha trasmesso lui, con la necessità di trovare un motivo “per morire” ma in realtà è per vivere”.

Quindi il motivo è forse il dialogo o l’invito al dialogo.

“Sì, certamente. Come Ailuros, da lungo tempo stiamo lavorando sugli spettacoli partecipativi in cui non mettiamo in difficoltà lo spettatore ma, anzi, può dare qualcosa, una possibilità di contatto ulteriore che noi abbracciamo: kinect, telefonino in scena che è sdoganato ma pur sempre tecnologico. Il teatro ancora ti dà questo ed è straordinario. Anche nella pièce di Color Teatri che nasce dalla scuola di Barbara Rivolge, anche lì teatro partecipativo, io ho scritto i testi”.



nr. 31 anno XX del 5 settembre 2015

Ailuros (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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