NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Biancaneve senza... la matrigna

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Biancaneve

Il volume è molto basso, il suono molto puro e pulito e ci sono dei rumori che non si capisce se sono registrati o se sono strutturali. Perché il volume è così basso?

Biancaneve (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Se abbassi un po’ il volume, abbassi anche un po’ il livello di intimità. L’idea del suono è proprio quella di ricreare una dimensione altra e c’è sempre questo gioco che notavi tu di non capire se il suono è reale o è registrato, per creare questo spaesamento. Poi ci sono delle cose per me molto fisiche: avrai notato che tutti gli sgabelli sono molto più bassi".

Sì, a misura di bambino piccolo.

“Esatto. È stato fatto così non perché abbiamo tanti bambini piccoli ma perché ci siamo resi conto che quando, come adulto, stai seduto in quella posizione, hai una percezione diversa".

Io non mi sono mai seduta. Ho toccato un po’ la terra e con un certo timore il cuore sottovuoto ma poi non ho toccato assolutamente nulla.

“Non solo tu e mi ha sorpresa perché in questo lavoro in realtà il pubblico interagisce".

La drammaturgia qui è diversa dalla favola dei Grimm, in cui la madre muore e subentra la matrigna che cerca di ucciderla in continuazione: qui è la madre che in realtà uccide la bambina e noi viviamo la soggettiva della bimba che muore.

“È la prima stesura".

Biancaneve (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Come siete riusciti ad arrivare alla prima stesura, che tipo di documentazione avete trovato a riguardo?

“Abbiamo lavorato tanto su tutta la lettura psicanalitica della fiaba. Bettelheim e Propp sono gli studiosi che si sono addentrati nella fiaba proprio per studiarla a livello psicanalitico e Bettelheim, quando si concentra su Biancaneve, si rifà a questa prima versione: secondo lui il senso della fiaba di Biancaneve è proprio la relazione tra madre e figlia. Questo è stato l’anello di partenza: se tu parti da questo presupposto, cioè una madre che prova in tutti i modi ad uccidere la figlia, la fiaba ha tutto un altro spessore".

Qui i nani sono marginali anche se alla fine date loro molta importanza.

“La figura di Biancaneve ha tanti aspetti e nella relazione tra madre e figlia vanno ad inserirsi delle cose come la figura dei nani che per me rappresentano il contrasto tra la bellezza e la deformità o una bambina che incontra qualcosa di abbastanza torbido che noi andiamo ad evocare come un po’ nella stanza con le scarpe dove lei descrive questa fisicità maschile che viene suggerita".

Una cosa interessante è che, come nella favola dei Grimm più conosciuta, si parla di una bambina di 7 anni. La relazione tra madre e figlia non è di competizione ma è incerta e non è chiara: una donna che paura può avere della figlia, di una bambina piccola?

“In realtà parte dai 7 anni e c’è questo sviluppo di questa bambina che si fa donna. Per me è una fiaba molto legata a questo passaggio, questa bambina che a poco a poco, anche sotto forma di deformità, incontra questa madre che probabilmente diventa consapevole del suo corpo e della sua fisicità. Mi interessava anche questo contrasto tra la bellezza, questa idea molto contemporanea di avere dei modelli fisici, e la corruzione del corpo, una cosa molto anatomica, anche un po’ macabra".

Biancaneve (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)In tutte le favole, almeno quelle nordiche, c’è sempre un bosco come passaggio iniziatico. Forse è dato anche dal tipo di ambiente: non c’è un deserto…

“Eh ma il bosco è anche molto affascinante, è la parte oscura, quello che non puoi attraversare di notte, la nostra parte oscura, quella che ci interessava qui. In tutta la parte del bosco abbiamo messo un corridoio con questo tessuto damascato. I passaggi non sono mai letterari, sono spazi dell’anima, della mente".

Altra cosa molto curiosa è che il principe è un’opzione molto alla lontana, non c’è salvezza per questa bimba: anche nell’ultima stanza, questi oggetti che sembrano buttati quasi con sfregio.

“Questo happy end del principe lo trovo edulcorato e moralistico e mi interessa poco. Mi interessa molto di più questa ragazzina morta messa in una teca di vetro. Non è detto che ci debba essere salvezza, appunto. C’è un punto del testo in cui la voce della bambina dice: “ma quando si muore, si muore per sempre?”. Nella fiaba puoi morire e poi forse il principe ti risveglia, nella vita reale quando si muore è per sempre".

Teatro vuol dire condividere con gli attori e altri spettatori ciò che avviene in quel momento lì. Però il teatro è anche testo: per te questo è teatro?

“È una domanda che ci fanno spesso. Più che sapere se è teatro, arte o performance a me interessa che parli con lo spettatore. È vero che i nostri lavori girano soprattutto in contesti teatrali: se io vedo i festival in cui andiamo, sono spesso festival teatrali molto orientati verso il contemporaneo e le commistioni tra generi e discipline e non andiamo a mostre d’arte per esempio. Probabilmente no, se vogliamo essere veramente eziologici, però mi chiedo se sia importante che lo sia; per me, ad un certo punto, ha smesso di esserlo. È stato più importante riuscire a creare una comunicazione con lo spettatore che forse a teatro trovo meno, a volte".



nr. 32 anno XX del 12 settembre 2015

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