NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Le amiche che non ho più

Francesca Carollo ha affrontato nel suo libro il dramma della violenza sulle donne attraverso le storie di Lucia, Federica e Roberta

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Le amiche che non ho più

A distanza di una settimana torniamo a scrivere di donne e lo facciamo a proposito del libro Le amiche che non ho più - Lucia, Federica, Roberta - (Pironi editore) che la thienese Francesca Carollo, volto noto delle reti Tv Mediaset, ha scritto per ricordare in particolare tre donne scomparse, vittime della violenza dei loro mariti o compagni. Ho scritto questo libro non per accusare qualcuno, ma per tentare di proteggere qualcuno - scrive l'autrice nella prefazione - . L’ho scritto perché le donne si ricordino sempre di tenere gli occhi ben aperti, quando qualcosa non va con i loro mariti, con i loro compagni o, più semplicemente, perché sappiano sempre essere vigili. La mia esperienza nella cronaca – e queste tre inchieste ne sono testimonianza – mi porta ogni giorno a osservare con attenzione quanto succede attorno a me, alle mie amiche, alle donne delle storie che seguo, e a riflettere su quanto siamo esposte, spesso senza rendercene conto, a pericoli. Non è un monito, il mio libro, ma lo specchio di un pezzo del nostro Paese, in cui non siamo abbastanza tutelate.

Le amiche che non ho più (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Come ha sottolineato durante la presentazione in biblioteca Bertolina Everardo Dal Maso, Consigliere delegato alle Pari Opportunità del Comune di Vicenza, anche nella nostra realtà di provincia il problema esiste: il centro comunale antiviolenza con sede in via Torino ha visto purtroppo negli ultimi mesi una crescita del numero di donne che si rivolgono allo sportello in cerca di aiuto e consigli. Francesca Carollo prova a raccontare queste vite, prendendoci per mano e conducendoci attraverso un campo minato, interrogandosi sui mille significati della parola femminicidio. Lucia era un’impiegata di banca, Federica era una pornodiva, Roberta una mamma e una moglie -scrive l'autrice - . Di Roberta non si può dire che fosse o che fosse stata, perché di Roberta non si sa più nulla. Potrebbe anche essere ancora viva, ma per ora Roberta non era e non è più nulla. Le chiamo per nome, queste tre donne che da molti mesi, anni, non sono più tra noi. Le chiamo con i loro nomi di battesimo, non per cognome, come farebbero i giudici o la polizia, né con un soprannome, come, per esempio, erano soliti chiamare Federica i consumatori di sesso a pagamento: Ginevra. Oppure, per esteso, Ginevra Hollander. Di due di loro, appunto, si conosce la fine. Il corpo di Lucia è stato ritrovato e la sentenza per omicidio e soppressione di cadavere è stata emessa. Il corpo di Federica è riemerso da un lago e si attende il giudizio definitivo a carico di uno psicopatico pluriassassino. Invece Roberta è scomparsa, lasciando tracce praticamente nulle che a fatica possono indurre a pensare a una fuga volontaria. La sua presenza si è estinta all’improvviso, senza alcun preavviso drammatico particolare, alcun indizio personale di volontà di morire o di sparire. Anzi, la donna, prima di scomparire, ha lasciato segni del tutto banali, resti di vita quotidiana ordinaria: una lista della spesa incompleta sul tavolo della cucina, un pigiama rosa indossato come ultimo indumento. Una sua amica mi ha detto, un giorno: Roberta viveva per i suoi figli. Ma quando mai li avrebbe lasciati? Tu ora non ne hai, ma se un giorno li avrai lo capirai anche tu. Per una mamma i figli sono tutto. Non li abbandona. Lucia, Federica e Roberta erano donne più grandi di me, appartenevano a una generazione diversa, più o meno la stessa, tutte e tre, ma non la mia, di giovane cronista televisiva, che ha imparato a fare questo mestiere incontrandole senza conoscerle di persona, per paradosso, ma indagando sulle loro vite passate e sul loro angoscioso mistero, fino a presumere di conoscerle per davvero molto a fondo e ad amarle, non solo come persone, per solidarietà umana per così dire, ma come donne che avrebbero potuto essere mie amiche. Quel tipo di amiche che ti trattano come sorelle maggiori, che ti fanno sentire affetto e sicurezza, pur essendo tra loro così diverse e così diverse da me...

A colpire, scorrendo le pagine, è la partecipazione emotiva verso queste tre sfortunate e giovani donne vittime di crimini terribili. Verso due di loro, in particolare: la prima - Lucia Manca - per motivi "geografici": i suoi resti furono infatti ritrovati sotto il famigerato cavalcavia di Cogollo del Cengio, a pochi chilometri da Thiene, città d'orine dell'autrice; la seconda - Roberta Ragusa - il cui intricatissimo caso è ancora oggi irrisolto, per motivi umani ed empatici: Carollo, infatti, racconta con dovizia di particolari tutti i retroscena delle lunghe indagini e delle altrettanto lunghe cronache da lei realizzate in quell'angolo oscuro della provincia di Pisa, dove Roberta viveva e da dove sembra essere svanita nel nulla. Molti dei vicini residenti, durante il suo lavoro, l'hanno accolta in casa loro come un'amica, quasi una figlia, dimostrandole cortesia, attenzioni, affetto. Un dettaglio che fa da contraltare al buio quasi macabro calato su una delle vicende di cronaca più inspiegabili e inquietanti del nostro Paese.

Le amiche che non ho più (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Secondo l’ultima relazione semestrale del Commissario Straordinario per le Persone Scomparse, ammontano a 31.372 le persone ancora da rintracciare, dileguatesi tra il 1974 e il giugno del 2015 - scrive nella postfazione il Generale dei Carabinieri in congedo Luciano Garofano, già comandante del RIS di Parma, chiamato sulla scena di molti casi giudiziari negli ultimi decenni nel nord Italia come la strage di Erba, il serial killer Bilancia, il caso Cogne - . La tendenza, purtroppo, registra un costante e preoccupante aumento: nei primi sei mesi del 2015, infatti, sono state presentate quasi ottomila nuove denunce e solo nel 2014 sono scomparse 5.364 donne, di cui 1.028 non sono state ancora ritrovate. Inoltre, secondo gli stessi dati, sono circa 200 le possibili vittime di reato. Numeri importanti, allarmanti, ma soprattutto devastanti per tutte le famiglie che sono colpite da questa tragedia e che non si danno per vinte: dopo un anno o anche trenta, aspettano ancora i loro cari, esigono risposte, ma si accontentano anche di pregare sulle loro spoglie. Credo che la cronaca fedele, narrata da Francesca Carollo in questo libro, e i tanti casi di scomparsa che sono giunti alla mia osservazione o di cui mi sono occupato personalmente come esperto mi permettono di arrivare a una conclusione. e cioè che questo particolare tipo di evento, spesso frutto di una mano assassina e la cui gravità è dimostrata dai dati che annualmente registrano un inquietante aumento, merita un salto di qualità: se, da una parte, dobbiamo gratitudine alle forze dell’ordine e all’autorità giudiziaria per gli sforzi profusi per la nostra sicurezza e per garantirci giustizia, dobbiamo pretendere, dall’altra, un radicale mutamento strategico-operativo.

Il libro è anche in tutte le edicole d’Italia dal 19 maggio per cinque settimane.

A Francesca Carollo abbiamo rivolto alcune domande.

Le amiche che non ho più (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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