NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il jazz, la storia e Enrico Rava

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Enrico Rava

Il free jazz è un genere che si è sviluppato nell’ambito dei diritti civili dei neri americani. È una musica abbastanza difficile per un ascoltatore medio. Il fatto che alcuni generi musicali identifichino chiaramente un gruppo etnico e sociale può ostacolare un processo di sensibilizzazione verso una massa che non si riconosce in quel genere, facendo perdere interesse verso la causa per cui si lotta?

“Negli anni ’60-’70 in Italia si identificava il free jazz con la “rivoluzione” e quello più ortodosso con la CIA, una cavolata grande come una casa, si era arrivati a dei punti di follia: a Umbria Jazz di quegli anni c’erano i gruppi che oggi chiamerebbero “antagonisti”, Prima Linea, che distribuivano i volantini :”non fate suonare Count Basie, sfruttatore dei neri -che lo era anche lui- musicista ella CIA”. Non lo hanno fatto salire sul palco, non volevano far suonare Chet Baker, ha dovuto salire Elvin Jones sul palco, mettergli un braccio intorno alle spalle e dire che era un amico. Questa follia assoluta: si diceva “la creatività al potere”, a me sembrava “la stupidità al potere”. In America non c’è stata assolutamente il tipo di risposta che c’è stata qui perché qui per alcuni anni il free jazz era la musica della “sinistra della sinistra”, ma in America era una cosa per 4 gatti: l’unica cosa a cui è servito il freejazz è stato di allontanare il pubblico nero perché non gliene fregava niente, preferivano andare ad ascoltare, giustamente, Aretha Franklin o James Brown, una musica che gli arrivava e li emozionava, questa era una musica per fricchettoni . Io all’epoca suonavo quella musica però non ho mai condiviso questa visione: quando l’arte viene condizionata da un’ideologia perde la propria libertà ed è un dato negativo che la musica, la pittura diventino così l’emblema di una certa ideologia, qualunque essa sia. È un freno”.

Parlando coi musicisti jazz tutti mi dicono di quanto il jazz sia un genere musicale fortemente influenzato dalla musica classica, molti mi citano Bach, le fughe, soprattutto per le improvvisazioni. Anche certa musica classica o operistica era nata come musica d’intrattenimento, seppur scritta da grandi compositori. Oggi la musica “di massa” la percepiamo come qualcosa di poco raffinato: è nelle nostre aspettative che sia semplice, immediata e poco strutturata. Quali sono i prodotti destinati alla massa che in realtà sono di una qualità paragonabile alla classica o a un certo tipo di jazz?

“Io non penso che il jazz sia fortemente influenzato dalla musica classica, proprio per niente, anzi penso che la musica classica contemporanea sia stata fortissimamente influenzata dal jazz. È ovvio che nel jazz si usano le regole della teoria musicale che chiaramente viene dall’Europa ma non si può dire che sia stata influenzata da Bach, è diverso completamente il senso. Io non penso che ci siano delle musiche superiori o inferiori: per me il ‘900, dopo i grandissimi compositori, Stravisnky, Bartok, Schönberg, da un certo punto in poi ci sono i jazzisti e quelli del pop”.

Quelli di colonne sonore?

Enrico Rava (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Dipende: per me Bernard Herrmann è un grandissimo però la colonna sonora è condizionata da un film, io ho fatto le colonne sonore, le gestiscono i registi come vogliono loro: magari uno ha fatto un pezzo che si sono raccomandati durasse un minuto e 3 secondi perché va in quella scena lì poi lo mettono in un’altra, lo accorciano, lo allungano, per cui la colonna sonora è una storia laterale, non fa parte di questo grande fiume di musica”.

Il jazz è una musica tipica del ‘900, esistono tracce di proto-jazz nei secoli precedenti? Ipoteticamente fino a che epoca si potrebbe risalire? Ci sono tracce di jazz nel ‘700, per dire?

“Assolutamente no: si risale alla fine dell’800 quando, per l’appunto, si cominciano a mescolare musicisti perché per esempio a New Orleans prima di un certo anno e delle leggi di Jim Crow, la famosa legge che teneva i bianchi e i neri… prima di quello c’era l’orchestra di Jack Papa Laine, un’orchestra di fine ‘800 dove c’erano bianchi e neri e c’era praticamente l’embrione di questa musica che una decina di anni dopo si sarebbe sviluppata e sarebbe diventato il jazz primigenio: è stata una cosa velocissima perché nel giro di 20 anni da un jazz che si suonava per strada o nei bordelli, molto primitivo, anche se influenzato da musica sacra inglese, da questo e quell’altro, ci troviamo un Armstrong 20enne che veramente inventa, praticamente, la musica e come si suona uno strumento”.

Enrico Rava (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Quanto l’elettronica e le tecnologie hanno influito sul jazz? Sono state così importanti come le sono state per il rock e il pop? hanno aiutato i musicisti a creare nuove forme e suoni nuovi?

“Adesso si, difatti lavoro molto con l’elettronica: ho fatto un concerto con Matthew Herbert che è un grande dell’elettronica. È di certo uno strumento in più ed è stata assimilata già da molti anni nel jazz. L’elettronica come la si intende oggi (che poi molti di questi musicisti inglesi sono dj) sta avendo adesso un contatto molto forte con alcuni jazzisti, pochi, io sono uno di questi”.



nr. 20 anno XX del 28 maggio 2016

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