NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Musica, dialogo tra le culture

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Petite Messe Solennelle

Parliamo de “le Nozze di Figaro”, l’opera di quest’anno: a parte l’ouverture che utilizzatissima in film e pubblicità, le arie che si ricordano di più sono quelle di Cherubino e di Figaro. È la solita questione relativa all’esposizione, cioè più fai girare una cosa più la gente la ricorda oppure, effettivamente, “Non so più cosa son cosa faccio”, “Voi che sapete”, “Non più andrai farfallone amoroso” hanno qualcosa che veramente si imprime nella memoria della gente?

“Secondo me si, poi sono cose ritmiche, allegre; “farfallone” mettici che è in chiusura d’atto poi ha una struttura melodica semplice proprio popolare e molto chiara".

La marcia nuziale mi ricorda quella di Mendelssohn o il “Te deum” di Charpentier: mi sembra che quando si doveva esprimere solennità istituzionale, sia di rango che di rituale, si preferissero forme precedenti.

Petite Messe Solennelle (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)È quello che dicevamo prima: questo mondo della semantica tradizionale, sia della musica sacra che nelle marce, che rimane sempre presente. Poi la marcia è in due tempi perché i piedi sono due; La marcia dei Davidsbündler d Schumann, una marcia pianistica, è in ¾ ma se tu dovessi far marciare dei soldati in ¾ come fai? Poi c’è la ritmica che è uno dei poteri della musica, già dai greci si sapeva questa cosa, di incitare alla marcia e alla battaglia: se pensi agli inni nazionali o delle squadre di calcio, c’è questo fatto che cantare una musica ti dà forza e ti fa sentire unito contro qualcun altro. C’è un po’questo senso di esaltazione: non è solo commovente in senso nostalgico, ci sono vari poteri a cui è legato il ritmo".

Molto spesso si dice che la musica e le arti in genere, quello che devono suscitare nel pubblico è emozione.Musica e danza sono arti complesse e faticose che richiedono assoluta dedizione per essere eseguite in maniera quantomeno soddisfacente. Una maggiore e diffusa competenza tecnica del pubblico può spingere gli artisti a una performance di maggiore qualità?

Non credo questo, secondo me l’effetto è diverso: con un pubblico più educato ci sarebbe più comunicazione e invece tante volte noi artisti facciamo delle cose e vediamo che o veniamo ignorati perché la gente non sa cosa facciamo oppure veniamo fraintesi perché vengono colti elementi esteriori ma il lavoro vero non viene capito. Il direttore d’orchestra è una figura riconosciuta e mitizzata, anche troppo, e quando dici che fai il direttore d’orchestra ti dicono “ah che bravo” e ci possono essere direttori più bravi o meno bravi ma ai musicisti professionisti viene sempre chiesto cosa facciano di lavoro: nei paesi civili il musicista è una figura sociale riconosciuta come l’avvocato, il medico, il commercialista o il notaio. Con i talent si rischia di confondere la musica col circo: un conto è ascoltare un brano per uno strumento, anche virtuosistico, e un conto è andare a vedere il bambino di 6 anni che suona quel pezzo, tu vai a vedere il fenomeno da baraccone. Ci sono tante competizioni e per me hanno molto poco a che fare con la musica: la musica è un linguaggio artistico che uno condivide con tutti. Sicuramente questo tipo di spettacolo ha dei ritmi più lenti e richiede più riflessione rispetto a guardare la televisione però io penso che qualcosa che dobbiamo tenerci molto stretto sennò siamo delle macchine da consumo e basta: a uno che deve vendere il libro interessa che tu lo legga o che lo compri? Nei paesi che ritengo civili praticano molto di più la musica e quasi tutti suonano. Due anni fa sono andato a dirigere a Würzburg, città paragonabile a Vicenza, che ha un legame particolare col Veneto perché la Residenz è affrescata da G.B. Tiepolo, ha un negozio su due piani che vende strumenti di ogni tipo, per bande, o legati ai cori o per orchestre dilettantistiche, e poi c’è un teatro stabile con coro, orchestra e corpo di ballo stabili, ogni sera spettacoli diversi. In realtà in Italia non si è mai coltivata questa cosa ma imparare a suonare uno strumento ti arricchisce e ti dà una tua identità al di là del lavoro".

La musica è l’arte che più si mescola senza dover fare delle rinunce particolari e si presta al dialogo tra le culture. È possibile pensare a dei concerti di musica classica araba o cinese, così come loro già da tempo mettono in scena spettacoli e musica occidentali?

Io sono stato di recente a un concerto di musica classica cinese a Venezia, era organizzato dall’università per cui c’erano accademici e studenti ma è stato molto interessante. loro studiano la nostra musica che piace tantissimo, l’altra sera c’erano 3 ragazzi cinesi (solisti della Petite Messe Solennelle andata in scena all’Olimpico ndr), hanno studiato canto lirico lì. Io non ho paura di questo futuro, loro apprezzano la nostra tradizione e attraverso gli occhi loro impareremo a valutare anche il nostro patrimonio: pensiamo al successo che ha l’opera lirica in Giappone, Cina o Emirati Arabi. Sono stato diverse volte in Korea a dirigere opera, c’è un entusiasmo, vedi che interessa i giovani o la gente, allora forse dobbiamo rivedere un po’ i nostri parametri".



nr. 22 anno XX delL'11 giugno 2016


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