NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Un bolognese sull’Altopiano

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Il giro dell'Altipiano di Asiago

Scrive che amiamo i viaggi a piedi perché ci permettono di rompere l'assedio della città... cosa intende realmente?

Il giro dell'Altipiano di Asiago (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"In città siamo in mezzo alla gente; lungo i sentieri ci ritroviamo più o meno isolati. Eppure, paradossalmente, è in città che finiamo per sentirci soli, alienati, ignorati, mentre quando siamo in cammino lungo i sentieri proviamo la sensazione di essere vivi, autentici e perfettamente in grado di rapportarci agli altri in maniera sincera. Non a caso, scrive Robert Macfarlane che “i sentieri non uniscono semplicemente dei luoghi. Uniscono le persone”. Credo che il punto sia proprio questo: trovo irresistibile l’idea di poter ricalcare alla stessa velocità degli uomini di cento o mille anni fa i percorsi di viandanti e pellegrini, di eserciti e mercanti, di Garibaldi e Anita, dei “Ragazzi del ‘99” o delle bande partigiane della Seconda guerra mondiale. L’Italia e l’Europa tutta possono essere un campo di gioco, un museo all’aperto e un vivo libro di Storia".

Qual è la sua filosofia di viaggio a piedi e cosa si riporta a casa dopo un'esperienza?

"Personalmente mi interessa tutta la gamma possibile dei viaggi a piedi, dalle traversate urbane in giornata ai fine settimana in tenda nei boschi – che, in quanto scout, sono state le mie prime esperienze nella natura; dalle avventure come Italica 150 (ottanta giorni a piedi dall’Alto Adige alla Sicilia, via Asiago, Schio, Arzignano…) ai più classici pellegrinaggi di memoria medievale come la Via Francigena, la Via d’Oltremare che conduce a Gerusalemme e il celebratissimo, forse sin troppo trafficato, Cammino di Santiago. Ognuna di queste declinazioni porta sorprese e conoscenza: mi è capitato di traversare per intero Milano, Roma e Torino con Milanesi, Romani e Torinesi che in tutta la vita non l’avevano mai fatto, e vedevano le loro stesse città con occhi nuovi. E non si può che essere grati per la bellezza del Creato nel risvegliarsi sotto una tenda fra le montagne del Gran Paradiso, del Parco d’Abruzzo o in mezzo al mare d’alberi delle Foreste Casentinesi. I viaggi che preferisco, tuttavia, sono quelli che durano molte settimane. Ti aiutano a metterti in discussione, a essere autonomo, a prendere decisioni a ogni bivio, a separare ciò che è accessorio da quel che davvero è essenziale. E, ogni volta che torni a casa, ti rendi a conto di essere una persona diversa. Vorrei dire migliore, ma forse basta dire più consapevole".

Nei suoi ricordi d'infanzia cita Mario Rigoni Stern: che idea si è fatto dello scrittore?

"Ho amato fin da ragazzino i libri di Rigoni Stern perché mi facevano respirare una dimensione epica che non scadeva mai nella retorica, ma anche perché mi sembrava l’unico fra gli autori italiani che sapeva descrivere con esattezza cosa significhi trovarsi in mezzo alla natura. Fra tanti autori che ti immaginavi rinchiusi nel loro studio, lui spiccava perché era facile immaginarlo all’aria aperta, in comunione con il respiro della terra e il ritmo delle stagioni. Era l’unico autore del quale mi sarei fidato di seguire i passi. Conoscerlo dal vivo, come mi è capitato all’ultimo Salone del libro di Torino al quale abbia partecipato, ha confermato queste sensazioni. E mi ha dato la spinta necessaria per traversare l’Altopiano – o Altipiano”, come diceva lui – a piedi per la prima volta".

Il giro dell'Altipiano di Asiago (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Le sue sensazioni vere nel percorrere i sentieri altopianesi?

"È strano, perché qualche anno fa il territorio dei Sette Comuni era per me un luogo mitico, letterario, e invece ora lo considero una seconda casa. La prima volta che ho salito la Calà del Sasso e Col del Rosso per spuntare sull’Altipiano ero a bocca aperta per l’emozione. E così quando mi sono avviato, ciaspole ai piedi, verso Forte Interrotto, il Mosciagh e la Crocetta di Zebio. Bello ritrovare i luoghi conosciuti dai libri del grande Mario, e allo stesso tempo rendersi conto che, dove un secolo fa sono state combattute sanguinose battaglie, oggi regna la bellezza. Da qualche anno con la mia famiglia ho preso casa in paese, e non saprei più fare a meno della luce unica dell’Altipiano e dei suoi purissimi cieli stellati. Mi piace, in particolare, passare ad Asiago le settimane della cosiddetta bassa stagione, lontano dalle feste di Natale o dal cuore dell’estate. È un posto molto adatto per scrivere tranquilli. Andare a tagliarsi i capelli dal Boss, bere il caffè del mattino all’Adler e seguire le partite di hockey su ghiaccio fra la gente del posto sono ormai parte di un rituale che scandisce le mie annate, al pari delle passeggiate nei boschi e sulle montagne".

Cosa suggerisce a chi vuole iniziare "l'avventura"? Cosa portare e cosa lasciare?

"Cito un aneddoto reale. Quando sono partito dall’Alto Adige per raggiungere la Sicilia avevo in spalla uno zaino da venti chili; quando sono arrivato, ne pesava sì e no cinque. Più il viaggio è lungo, più ci si spoglia di quel che non è strettamente indispensabile. Lo si rispedisce, letteralmente, a casa. Non sono insomma gli oggetti il cuore della faccenda. Meglio preoccuparsi, nel preparare un viaggio, della logistica. Dove si dormirà? Cosa si mangerà? E, soprattutto, come fare per arrivare dal punto A al punto B? L’essenziale, se non ci si vuole ritrovare a vagare come hippie fuori tempo massimo, è stabilire una tabella di marcia da seguire rigorosamente. Come al Giro d’Italia, per intenderci: quando i ciclisti partono al mattino, sanno già che percorso seguiranno e dove andranno a finire di preciso. L’esperienza mi insegna che per preparare un viaggio di una settimana ne servono prima due di organizzazione; per un viaggio di un mese, due mesi di organizzazione, e via dicendo. Ogni viaggio ha inizio sognandolo, e trasformando via via il sogno in un piano d’azione. Solo così si può partire senza andare allo sbaraglio, e godere di ogni chilometro lungo la via".

 

Enrico Brizzi (Bologna, 1974) si è imposto giovanissimo come narratore grazie al romanzo d’esordio Jack Frusciante è uscito dal gruppo (1994). La sua produzione letteraria si è intrecciata con la passione per i viaggi a piedi, che l’ha portato a percorrere itinerari di ampio respiro. Fra questi si segnalano la traversata fra Tirreno e Adriatico, a oggi ripetuta tre volte e narrata nel romanzo Nessuno lo saprà (2005); il percorso integrale della Via Francigena tra Canterbury e Roma, ispirazione per il romanzo Il pellegrino dalle braccia d’inchiostro (2007); l’antico itinerario da Roma alla Terrasanta che nel 2008 l’ha condotto a Gerusalemme e, ancora, l’originale percorso fra l’Alto Adige e la Sicilia chiamato Italica 150, concepito per celebrare il secolo e mezzo dell’Unità nazionale, che ha dato vita al documentario omonimo e al romanzo Gli Psicoatleti (2011). Con In piedi sui pedali (2014) ha vinto il Premio Bancarella Sport; il suo romanzo più recente è Il matrimonio di mio fratello (2015). È presidente della giuria del Premio ITAS del Libro di montagna, ruolo ricoperto in precedenza da Mario Rigoni Stern, e guida sin dalla fondazione l’associazione sportiva Psicoatleti, consacrata ai viaggi a piedi.

 

nr. 26 anno XXI del 9 luglio 2016

Il giro dell'Altipiano di Asiago (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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