NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Moni Ovadia, le rovine di Delfi e la volgarità dei turisti

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Delfi cantata

Seguiamo le palettine col numero!

“Mamma mia, ma lei si rende conto? Sono andato più volte a Gerusalemme, anche perché facevo il corrispondente per Il Corriere della Sera, l’ultima volta che sono andato era un porcaio turistico e consumistico che non si può guardare: vado nella Basilica del Santo Sepolcro per accompagnare due amici che non erano mai stati, c’era una devota slava col fazzolettino, vuol fare un atto devozionale, fino a qui ci siamo, bello. Si inginocchia per baciare la tomba del santo che c’è prima, però ha le borse della spesa. Cosa faccio con le borse ella spesa? Sopra la tomba del santo. Un’altra devota russa, una bella donna, col fazzolettino che copre i capelli però ha due tette così, con la camicia aperta sul reggiseno a balconcino e il crocifisso che ballonzola e il marito, che invece non entra dentro al Sancta Sanctorum perché non gliene frega niente, petto villoso, camicia aperta e medaglione come i tamarri truzzi, macchina fotografica e le dice in russo:“Vera! Girati ti faccio una foto!”, lei si gira con le lacrime e poi col flash: plaaack. Questo è andare nei luoghi?”.

Ne ho viste di peggio al Santo Sepolcro, col pope lì.

“Ecco. Io non vado più”.

Delfi cantata (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ma il significato dei luoghi che noi visitiamo cambia a seconda che, appunto, ci siano i turisti o meno? Ormai c’è gente che dice che non va a Venezia perché sembra Las Vegas.

“Esattamente: per andare a Venezia e godersela bisogna attuare delle strategie: prima di tutto “fottitene” di Rialto e San Marco perché appena esci di lì sei con pochissime persone e ti godi i canali e le bellezze, è tutta bella ovunque vai. Poi alzarti all’alba, tra le 5 e le 7, ti prendi l’alba, cammini, è deserta è tutta tua la città, le voci dei pochissimi veneziani, non ci sono rumori. Bisogna fare così perché ormai Venezia è una bolgia, a Milano c’è una bellissima parola: rebelot. Noi siamo responsabili della qualità del paesaggio: tu puoi andare a Paestum, con questi templi di una bellezza, di un nitore, li guardi e resti abbacinato. Abbassi lo sguardo e vedi braghette, marsupietti, pinocchietti, magliettine schifose!”.

Ma non è che possiamo andare in giacca e cravatta!

“Signora, non c’è bisogno di giacca e cravatta, ma un paio di pantaloni di lino bianco e una bella camicia blu o bianca…”.

Si vede anche quello!

“Sì ma sono l’1‰!!! Le chiamano scarpe tecniche, quei cingolati! Dobbiamo avere un rapporto d’amore: lei si presenta al matrimonio di una sua amica con le infradito in chiesa?”.

Io personalmente no.

“Ecco. Mi ha invitato la mia amica, mi metto un abito carino o un cappellino spiritoso per farle festa, per essere con lei, per essere rispettosa dell’ambiente. Non sono obbligato andarci ma secondo me dovremmo avere un altro rapporto coi luoghi sapendo che anche noi facciamo parte del paesaggio”.

L’Olimpico ha una scena che è considerata intoccabile, con Studio Azzurro è stata coperta e con le proiezioni è stata data un’altra fisionomia.

“Beh abbiamo tenuto conto della nostra performance, perfetta per questo luogo: ha un testo che parla di un luogo di rilevanza monumentale. Qui è l’Olimpico, in Grecia è Delfi”.

In questo spettacolo c’è danza con un fortissimo richiamo alla plasticità delle statue. La mobilità della statua è data dal fatto che ci si muove intorno.

“Certo: si dinamizza lo spazio”.

La danza e le statue hanno in comune la visività. La musica occupa il tempo: cos’ha in comune con l’arte visiva e con qualcosa di concreto come le statue?

“Mah, vede, abbiamo messo in scena un tema greco, il Rinascimento fa riferimento alla grecità, la musica è tratta da strutture greche ed è in relazione con un testo che parla di statue, classicità e bellezza e indirettamente entra in relazione con lo spazio, le statue e la visualità, credo che la bellezza e l’arte abbiano un solo codice: l’espressività della creatività umana con mezzi diversi ma il senso è lo stesso: una grande sinfonia è una costruzione monumentale ne più né meno che una grande area monumentale, un tempio o una cosa del genere”.



nr. 36 anno XX del 15 ottobre 2016

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