NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Storia vera di un'odissea
dall'Albania alla Puglia

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Lireta

Le parti in cui lei racconta il governo, la scuola, Il padre, il maschilismo sono scandite dalla musica della canzone “Bammenella” di Raffaele Viviani. Come mai hai cambiato le parole e hai usato la musica per sottolineare i momenti e tratti salienti della vita di questa donna?

“Avevo bisogno di fare sintesi perché altrimenti sarebbe diventato uno spettacolo di 3 ore: la musica ti consente di farlo attraverso gli stilemi del cabaret e dell’avanspettacolo, infatti in quel pezzo lì riecheggiano sia Raffaele Viviani che Kurt Weill. Quindi le atmosfere del cabaret tedesco e in 4 versi messi in rima riesci a sintetizzare passaggi che se avessi dovuto raccontare maniera narrativa ci avrei messo un quarto d’ora. Questa è una tecnica tipica del cabaret".

Lireta (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Molto spesso si dice che noi dobbiamo rispettare, che è giusto che loro si vestano come vogliono ecc. però molto spesso dall’altra parte non vediamo una tensione verso di noi, anzi, abbiamo persone che magari arrivano da culture dove la religione è molto presente e in cui non vengono contemplati i diritti civili e ci sono anche degli atteggiamenti discriminatori: qui si lotta per i diritti dei gay e contro la violenza sulle donne, là invece…

“Eh, infatti scappano. Bisogna tenere conto che chi emigra, tendenzialmente sono le fasce più basse culturalmente. Chi credevi che emigrasse nelle miniere del Belgio? Il cittadino di Venezia o di Verona? Venivano dalle valli vicentine perché la Chiesa aveva detto che erano cattolici, morigerati, stavano zitti e di portarli lì. Se ti prendi la briga di guardare il New York Times, che non è un giornale razzista o conservatore, dal 1900 al 1910, ogni giorno c’è un articolo dedicato agli italiani avvezzi a vendere i figli, ammazzare, risolvere liti al coltello, vivere in promiscuità, cucinare riempiendo di puzza i palazzi. Semplicemente erano poveri cristi che (lo ricordo con chiarezza: in stragrande maggioranza da Veneto e Friuli), si erano portati le cipolle e cucinavano in 20 in una casa perché in 20 si stava per poter stare e per gli americani erano incivili e bestie, solo nel 1910 conquistano lo stato di esseri umani, prima erano parificati alle scimmie. Ci vogliono due o tre generazioni per adattarsi: una donna che arriva qui e ha vissuto in un paese dove da secoli devi portare il velo… ce le siamo dimenticate le nostre bisnonne con i veli in testa? Bisognerebbe avere una visione più larga e ricordarsi chi si è stati".

Però la lotta oggi è cercare di non essere più quello che si è stati ma di andare avanti...

“I ragazzini di 15 anni che si vestono e comportano come i nostri figli adattandosi alle nostre regole e convenzioni sociali non fanno notizia, la fa la ragazzina che va a scuola col velo e il preside che decide che non si porta. Il problema fondamentale è che uno che ha un livello culturale alto capisce che la prima cosa che deve fare è imparare la lingua per poter comunicare e imparare le nostre abitudini".

Nel testo lei dice che la Puglia con le sue luci sembra braccia che accolgono come vedono il fatto che oggi siamo noi ad andare a fare impresa da loro?

“Stanno cominciando tutti a tornare: qualcuno che ha fatto un po’ di soldi lavorando qua adesso va ad aprirsi il barettino o la piccola azienda, hanno capito che qui non c’è più ciccia per gatti".

Si dice che dobbiamo fare impresa dove ci sono le guerre in modo che loro non vengano qua però noi stiamo andando in Nordeuropa o Scandinavia e i politici non fanno in modo che non ce ne andiamo.

“Bisognerebbe chiedere ai nostri politici perché un laureato col massimo dei voti se ne deve andare per trovare lavoro, l’albanese fa il lavoro che non vuoi fare tu, ho conosciuto un falegname albanese che dice che è richiestissimo e che i ragazzini italiani che vanno in ditta dopo due mesi scappano via. Mi piacerebbe un mondo in cui io posso andare a lavorare in Cina e tu in Italia semplicemente secondo la domanda del mercato. Il mercato lo abbiamo insegnato anche ai paesi dove non c’era, lo abbiamo imposto alle vecchie dittature comuniste, al terzo e al quarto mondo, quindi se c’è bisogno in Uganda ci vado perché la mia qualifica mi porta lì. Non sono gli spostamenti di masse che creano problemi al Paese, altri se ne devono andare perché non ci sono lavori qualificati e lo stato non protegge i talenti. Mia cugina fa il medico in Svezia, se domani verrà un medico albanese, magari molto più bravo di un altro, ne sarei felice".



nr. 44 anno XX del 10 dicembre 2016

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