Sono circa 2000 i viventi interessati da seri problemi ai reni, 50.000 le persone in dialisi in Italia.
Un progetto, tutto vicentino si propone di cambiare la qualità della vita di queste persone costrette a trascorrere un'esistenza divisa tra la propria casa e l'ospedale.
Il dottor Claudio Ronco, primario di Nefrologia e ricercatore di livello mondiale, è alla guida del progetto "Carpediem": Cardio renal pediatric dialisis emergency machine, ossia la creazione di un mini rene portatile.
Una meta ambiziosa che quest'anno, come ormai di consueto, trova un aiuto nell'Arma dei carabinieri. L'Ulss di Vicenza promuove un concerto benefico in favore del progetto il 20 aprile alle 20.30 al teatro Comunale. I biglietti si possono già acquistare in tutte le filiali della Banca Popoalre di Vicenza
Profesor Ronco, la banda dei Carabinieri è composta da 102 elementi un bel modo per aiutare la ricerca?
«Il termine Banda è forse riduttivo e si usa per la vesti militari di chi suona. Ma di fatto stiamo parlando di una grande orchestra che darà vita ad un vento musicale di rilievo, un ottimo modo per unire musica e ricerca aiutando il progetto "Carpediem"».
Lo scorso anno con la banda della Guardia di Finanza il concerto benefico dell'Ulss raccolse per le attività del reparto di nefrologia del San Bortolo una cifra notevole, obiettivo di quest'anno è il raddoppio?
«Si raccolsero circa 50 mila euro, soldi che sono stati spesi per tenere in vita due borse di studio che hanno raggiunto riconoscimenti a livello internazionale. Quest'anno per il progetto Carpediem abbiamo bisogno di cifre importanti perciò speriamo di raccogliere molto».
Che costi comportano la ricerca e la costruzione di apparecchiature e brevetti capaci di funzionare come reni artificiali, ma che contribuiscono alla deospedalizzazione dei pazienti?
«In Olanda il governo ha finanziato un progetto simile a quello che io sto elaborando a Vicenza con 40 milioni di euro. Noi ci accontenteremmo di un milione per il progetto microtrend. In sostanza, la realizzazione di apparecchiature portatili capaci di fare tre tipi di dialisi: quella per pazienti con problemi cardiaci, per i bambini, per i pazienti in normale dialisi. L'obiettivo finale è quello di creare un'apparecchiatura per la dialisi indossabile, un rene portatile, una soluzione capace di incidere profondamente sulla qualità della vita di quelle persone che sono obbligate a convivere con la dialisi».
All'oggi cosa significa essere sotto dialisi?
«Vuol dire andare tre volte la settimana in ospedale per farsi pulire il sangue con sessioni di tre, quattro ore, significa essere schiavi di alcune macchine».
A Vicenza si è già raggiunto un risultato di livello europeo deospedalizzando molti pazienti con la tecnica della "peritoneale".
«Siamo punto di riferimento in Europa in questo progetto, questa tecnica permette alla persona una gestione della malattia casalinga, tuttavia non è possibile metterla in atto per ogni paziente e tipologia di disturbo. Proprio per questo, la ricerca continua tentando di trovare sempre nuove soluzioni».
Il progetto del rene minutierizzato e quindi portatile vede, anche tramite la sua persona, rapporti con alcuni centri di ricerca negli Stati Uniti. La crisi economica negli Usa sembra però aver dato una battuta d'arresto ai loro fondi per la ricerca.
«Si è vero, però occorre tener presente che là il governo combatte la crisi finanziando la ricerca che tramite l'università crea posti di lavoro e attrae capitali, quindi hanno ancora delle risorse ampie. Certamente diverse dalle nostre.
-Lei sta cercando di coinvolgere il più possibile le aziende private.
Proprio in questi giorni ho stimolato la collaborazione dell'istituto Rossi, sono certo che le nostre aziende potrebbero darci un valido contributo anche non solo economico, un esempio di collaborazione arriva dalla Dainese, l'amico Lino si è offerto di mettere a disposizione le sue conoscenze riguardo la vestibilità di strumenti tecnici per progettare una giacca che conterrà in una tasca l'apparecchiatura portatile per la dialisi».
Ma di che grandezze stiamo parlando?
«Si potrebbe fare un parallelo con l'evoluzione dei computer, in ospedale si usano macchine per la dialisi grandi come un frigorifero, noi siamo passati a qualcosa delle dimensioni di una radio, l'obiettivo è arrivare alla grandezza di un palmare. In questo senso è strategico progettare apparecchiature per bambini. È una bella avventura perché non essendo così tanti gli ammalati e quindi i potenziali fruitori di questi strumenti, le grandi case "farmaceutiche" non sono interessate ad investire».
Quanto tempo servirà per completare il progetto?
«Non è questione di mesi o di anni ma di milioni di euro, concettualmente le idee ci sono. In teoria, comunque, in diciotto mesi potremo avere un prototipo funzionante per bambini molto piccoli».
Ma lei ha chiesto una cifra molto più bassa di quella per esempio stanziata in Olanda per la ricerca, lei sostiene che con 1-2 milioni si possa fare, come è possibile?
«Io credo nell'italianità, loro devono fare molti passi, noi con la nostra creatività e la nostra capacità di realizzazione possiamo fare più di loro con meno soldi, in questo progetto molti ci stanno mettendo il cuore».
nr. 07 anno XV del 27 febbraio 2010