NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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La protesta si è fermata a Padova

Nessuna iniziativa contro la legge Gelmini nelle sedi universitarie di Vicenza, viaggio tra gli studenti tra sfiducia e indifferenza

di Pietro Omerini Zanella
pedro-zanna@hotmail.it

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La protesta si è fermata a Padova

In tutta Italia, come a Londra e Parigi, le università sono in stato di agitazione.

La protesta degli studenti ha raggiunto le prime pagine dei giornali, si manifesta nei musei, sui tetti, per la strada, nei modi più creativi e con la rabbia di chi si vede strappare il futuro a forza di tagli.

Protestano tutti, o quasi.

opo l'occupazione del Martini, mentre la riforma passava alla camera, la protesta sembrava sbarcata a Vicenza. Nell'ultima settimana molti istituti hanno dedicato le loro assemblee alla scuola della Gelmini, quella che il ministro vorrebbe, quella che agli studenti non piace.

Ma se gli striscioni appesi sui muri esterni di molti istituti superiori gridano alla vergogna, un silenzio, quello dell'università vicentina, fa ancora più rumore. All'interno di economia e ingegneria la vita va avanti: lezioni, esami, lauree. Nessun segno della rabbia studentesca.

«La riforma non l'ho nemmeno letta - spiega Beatrice, primo anno di economia - Di politica non mi sono mai interessata, ho letto dei tagli e quelli un po' mi preoccupano, però c'è la crisi...».

Un disinteresse comune a molti, dato forse, anche dalla stanchezza di molti per un metodo, quello della protesta in piazza, che non ha effetti immediati.

«Alle superiori mi davo da fare, c'era la riforma Moratti che effettivamente non doveva essere un granché se stanno cambiando ancora, ma alla fine ho capito che saltare le lezioni non serve a niente, tanto fanno quello che vogliono», spiega Alberto, laureando in ingegneria gestionale.

La riforma, insomma, non interessa.

Eppure, gli stessi studenti a Venezia riempiono piazza San Marco e occupano piazze e monumenti in tutto lo stivale.

Un sondaggio pubblicato da Demos Coop di questi giorni racconta la sfiducia generale dei giovani verso il sistema scuola e la paura per un futuro che sentono sempre meno loro. Il 58% del campione composto da 1032 casi, è convito che l'Università sia peggiorata negli ultimi dieci anni e per il 50% continuerà a peggiorare dopo la riforma.

I problemi che preoccupano di più sono la mancanza di fondi, votata dal 31% e lo scarso collegamento al mondo del lavoro 28%, mentre solo il 9% si preoccupa dell'inadeguatezza dei docenti. I baroni, quelli contro cui lavora, o starebbe lavorando, il governo, non sono, dunque in cima alla lista.

«Non so come sarà il mio futuro, intanto studio - racconta Alessandra al secondo anno di Economia - tutti mi dicono che non c'è da stare allegri, ma a che serve protestare? Tanto non cambia mai nulla. Non so se la riforma servirà a qualcosa, non mi sono interessata e poi, da quello che ho capito, i problemi ci sarebbero soprattutto per chi vuole fare carriera accademica e io non ci penso proprio».

Anche nelle aule studio della Biblioteca Bertoliana, altro luogo caro agli studenti universitari di Vicenza, la riforma Gelmini non è nella top ten dei discorsi più gettonati.

É lunedì, spazio al campionato, all'università ci si penserà un altro giorno.

Francesco, con la Gazzetta rosa sotto il braccio e la tracolla al collo, racconta: «Sono anni che non vado ad una manifestazione, però la riforma non mi piace. Spendiamo per l'Università e la Ricerca meno degli altri paesi Europei, e vogliono tagliare ancora. Faccio Lettere, è ovvio che il mio futuro mi spaventi, ma un conto è scegliere una strada difficile, un'altra cosa è se proprio nessuno vorrà investire su quelli come me. In piazza però non ci vado. Non ho tempo e poi quando mai è servito?».

Sfiducia, dunque, più che indifferenza, ma c'è anche chi della riforma non sa proprio nulla.

«Non ne so nulla - racconta Giulia - ogni volta che qualcuno mette le mani sulla scuola c'è chi sciopera. Però non so nulla di quello che vuole fare il governo. Studio Mediazione culturale, finita la triennale voglio andare a studiare all'estero perché è l'unico modo per sapere bene altre lingue, ma onestamente a me l'università va bene com'è, cioè, ci sono spesso problemi di organizzazione, ma a parte questo mi sembra di avere dei buoni professori e di studiare cose interessanti, il problema è dopo, perché è difficile trovare lavoro».

A prescindere da come andrà il 14 dicembre, quando si saprà se l'attuale governo avrà la forza per portare avanti le sue riforme, la sfida del mondo dei giovani, sembra andare oltre la questione università.

Il malcontento giovanile, più che al bilancio dello stato e ai tagli alla scuola, sembra legato ad una parola: futuro.

Ha scritto Giorges Sorel: «L'avvenire è di coloro che non sono disillusi». Difficile capire a quale generazione, allora, apparterrà il domani.

 

nr. 45 anno XV dell'11 dicembre 2010

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