NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Otello all’ultima spiaggia

Cosa lega il testo di Shakespeare alla musica di Dvorak con l'estetica filmica fassbinderiana di "Querelle de Brest" che voi proponete?

«Il coreografo erano anni che pensava a questa musica con questo testo, ma non aveva mai avuto l'opportunità e il coraggio di affrontarli. Nel momento in cui la cosa è arrivata a maturazione, gli abbiamo dato l'opportunità. Lo ritengo una persona molto intelligente e ha la mente e la cultura sufficienti per poter affrontare queste cose; lui era molto convinto e motivato ed è venuto fuori un bel lavoro. Ha lavorato anche con lo scenografo che ha fatto delle scene scarnite ed efficaci: il muro è l'impossibilità di valicarlo, la banchina è la rappresentazione di un essere che vuole oltrepassarla per andare in un altro mondo e che non riesce ad uscire da un certo concetto».

La lirica e la prosa stano vivendo un periodo drammatico in Italia. il pubblico dimostra di amare molto il teatro e nella danza, particolarmente, c'è una nuova ondata di pubblico giovane grazie anche ai talent show che hanno incuriosito. Perché molte istituzioni sembrano ignorare completamente l'apprezzamento e il desiderio del pubblico e le compagnie e i teatri vengono lasciati da soli?

«Me lo chiedo anche io da molti anni e devo dire che agli alti livelli dello Stato vedo troppa politica diversa dalla cultura. Io ho potuto constatare che ci sono le strutture e le possibilità di ampliare sempre di più e di dare al teatro l'opportunità di portare in scena cose che possono essere utili nella vita dell'uomo e questo è molto importante, perché il teatro non è un fatto effimero e superfluo. Ci sono interpreti e soggetti straordinari che però non vengono utilizzati perché molte volte si scelgono cose più buffe, perché si pensa che sia inutile fare propaganda a cose più serie, nella convinzione che chi va a vedere le cose buffe sia il pubblico che effettivamente va a teatro. In certi contesti può anche essere vero, ma sporadicamente».

Lei ha lavorato con Visconti e con Gassman: negli anni passati la collaborazione tra grandi registi e artisti di altre discipline o anche importanti stilisti ( penso a Versace e Béjart ), hanno dato vita ad operazioni culturali di grande peso. Oggi ci sono molti giovani talentuosi e la fantasia è molto più massificata, anche grazie a internet. Questo porta a una dispersione dei punti di riferimento oppure è una risorsa per una maggiore creatività?

«Secondo me è una risorsa molto povera, perché dovrebbero avere il coraggio di lottare e riformare un criterio: non si può dare al pubblico solo ciò che fa sorridere facilmente, il mordi e fuggi non porta a niente interiormente, è qualcosa di provvisorio che poi passa. Diamo qualcosa che metta anche a disagio, ma che faccia riflettere, questo è molto importante».

Nell'ambito delle arti, anche quelle legate alle avanguardie e alla tecnologia, come si riconosce un artista è quand'è che ci si riconosce artisti?

Un artista si riconosce quando ha il consenso di un pubblico: io posso amare un artista particolare perché lo vedo sotto una forma diversa che mi è congeniale, ma se lo vediamo io e altre 10 persone e il resto della sala non lo gradisce ... non si può fare uno spettacolo di teatro per 10 persone, bisogna cercare di coinvolgere tutti quelli che assistono e se non riesce, vuol dire che ha fallito. Indubbiamente ci sono pubblici differenziati però non basta che si esca da teatro dicendo "bel lavoro", ci vuole qualcosa che rimanga dentro. Il teatro culturale non è detto che non debba far sorridere, ma ci vuole sempre ricerca e qualità. Poi, come ci si riconosce artista è difficile: riconoscersi da se stessi è un limite che ci si pone e la maggior parte delle volte non si arriva a capire più nemmeno se stessi».

 

nr. 03 anno XVI del 29 gennaio 2011

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