La stagione della prosa del Comunale di Vicenza si è aperta questa settimana con la pIèce di Tennessee Williams “Un tram che si chiama desiderio”, con un allestimento ad opera del regista Antonio Latella, che ha profondamente diviso il pubblico vicentino come raramente si è visto. In una scenografia ispirata al film “Dogville” di Lars Von Tirer, il regista napoletano dirige magnificamente un cast di attori straordinari che sono stati accolti con grande calore da coloro che hanno deciso di rimanere in sala, fin dal momento in cui, all’apertura del secondo atto, il pubblico ha salutato tutto il cast con un applauso. Uno spettacolo calibratissimo, distribuito in quasi tre ore che volano, dove la violenza è espressa paradossalmente con delicatezza senza mai essere impositiva o disturbante. Una regia originale e appropriatissima che si inserisce perfettamente nel dibattito attuale mondiale sulla violenza alle donne. Lo spettacolo ha riscosso grande successo di critica e ha conquistato molte nomination per il prossimo premio Ubu. Abbiamo incontrato la protagonista dello spettacolo, Laura Marinoni, con la quale abbiamo analizzato le scelte registiche e le reazioni del pubblico.
La pièce fu scritta nel ‘47 e portata al cinema da Elia Kazan nel ‘51 con sceneggiatura dello stesso Tennesee Williams, con Marlon Brando al secondo film, Vivian Leigh che vinse l’Oscar per la parte di Blanche e già strafamosa per “Via col vento”. Elia Kazan è stato uno dei grandi cantori dell’America come prototipo dei capovolgimenti culturali di tutto l’Occidente, pensiamo ai film come appunto questo o “Splendore nell’erba”, “La valle dell’Eden”, “Fronte del porto” e tantissimi altri. Ci sono degli spunti che dal film o da altri film di Elia Kazan vi sono tornati utili?
Laura Marinoni: «Abbiamo allontanato il film dalla nostra memoria anche perché era l’unico modo possibile per inventare una messa in scena che si distaccasse da quella datazione di America anni ’50, che forse era l’unico vero limite del testo. Rispetto al film era impossibile, non perché non fosse un film ispirante ma proprio per trovare una strada personale abbiamo rinunciato a quella del realismo. Il lavoro di Antonio è stato proprio quello di lavorare sulla drammaturgia per farne un punto di vista di Blanche che va verso la follia: tutto quello che la circonda, compresi gli altri personaggi sono sue proiezioni. Antonio ha tolto tutto quello di realistico che poteva esserci fino alla sfida estrema: il costume, gli appoggi, i vestiti, i divani, tutto quello che poteva sembrare quotidiano e su cui gli attori si possono normalmente appoggiare anche per velarsi e mi ha chiesto personalmente di fare un regalo totale di me, Laura-Blanche, togliendo e non aggiungendo elementi di fascino alla persona- personaggio».
Lei ha già interpretato altri testi di Tennessee Williams, “Improvvisamente l’estate scorsa”. Altro esempio di film con interpreti straordinari come la Taylor, Hepburn e Mongtomery Clift. Anche lì vediamo una situazione di disagio e di ipocrisia. Come sono le donne di Tennesse Williams?
«Eh, sono quelle che scoperchiano l’ipocrisia. Ci sono sempre, nei testi di Williams, questi personaggi che appartengono alla categoria dei diversi. Lui evidentemente sentiva sulla sua pelle il problema dell’omosessualità e visse con la sorella, che fu lobotimizzata per volere della madre: la sorella nella sua nevrosi cominciò a dir parolacce e cose sconce, la madre disse ai medici di fare qualsiasi cosa purché tacesse, e questi la lobotomizzarono a 27 anni. Lei tra l’altro era di una bellezza straordinaria e il fratello era “innamorato” e immaginiamoci cosa vuol dire vedere la sorella che è la persona che ami di più al mondo che viene violentata. C’è sempre una figura femminile di grandissima umanità e sensibilità e vicino abbiamo sempre il violento e primitivo e di grande fascino subìto da Tennesse stesso, perché a lui piacevano gli uomini come Kowalsky, non come Mitch».
Lei dice anche che non c’è niente di peggio della crudeltà intenzionale. Queste persone gentili e delicate non attirano questa cattiveria intenzionale?
«Ma è ovvio: le persone come Stanley per vivere hanno bisogno di persone come Stella, che subisce la sua violenza, e Blanche. Non esiste il cattivo se non ci fosse chi lo fa essere. Ma soprattutto in lui la cosa curiosa è proprio la dicotomia per cui da una parte era molto attratto dal primitivo e animalità e dall’altra era un essere estremamente sensibile, per cui anche questo è interessante nel mix di Blanche, perché lei in realtà non è così lontana da Stanley, loro si annusano subito».