NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Al comunale qualcuno è sceso… dal tram chiamato desiderio

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Al comunale qualcuno è sceso… dal tram chiamato de

dogville (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)L’impatto visivo mi ha ricordato “Dogville”

«È uno dei film cult di Antonio, sicuramente. È uno dei film che ci ha consigliato di vedere per caprie cosa voleva fare lui, quindi questa idea di lavorare in uno spazio che non è realistico ma che è trattato come se lo fosse in certi momenti ma può diventare anche altro. Ciò detto, nessuno ha voluto seguire precisamente un filo, nell’ispirazione generale di Antonio c’è Lars Von Trier».

Il linguaggio scenico è violento: luci dirette contro il pubblico che più che spettatore della follia di Blanche ne sembra quasi ostaggio, anche perché spesso voi avete lo sguardo perso nel vuoto; queste interferenze audio che creano un universo parallelo in cui voi fate altro o reiterate gesti e azioni, ironicamente, uno dei personaggi maschili indossa scarpe coi tacchi e magliette con teschi glitterati di cui uno è a stelle e strisce. come si combinano ironia e alienazione in questa rilettura del tram?

04spettacolo (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)«Questo spettacolo, bucando completamente la quarta parete, varia moltissimo a seconda degli spazi: uno spazio come questo, è “mortale”, è troppo grande, c’è troppa distanza tra il pubblico e noi. Ci sono alcuni spazi ideali in cui c’è una grande vicinanza al pubblico, per cui sono salvi tutti i momenti di intimità e si accettano meglio quelli volutamente di invasione, che sono la proiezione di quello che sta passando lei. Io sono accecata dall’inizio alla fine da questo faro da 5000 watt che è esattamente il contrario di Blanche che dice che vive a lume di candela, ed è proprio il ribaltamento, sovraesporre invece che mettere al buio. Questo è il lavoro di Antonio: ha fatto volutamente tutto questo lavoro di mettere in estrema difficoltà e disequilibrio la protagonista. Mi ha messo il tacco 13 e mi ha fatta stare in piedi un’ora e mezza senza mai appoggiarmi, mi ha messa in una situazione di fatica estrema e questo fatto di continuamente parlare senza avere un contatto diretto significa avere un’attenzione strabiliante e capacità di concentrazione: non ti puoi permettere niente perché non hai qualcosa che ti ricorda quello che stai facendo e dicendo. Tra l’altro noi non abbiamo mai lo sguardo perso nel vuoto, guardiamo sempre in faccia il pubblico: questa frontalità degli attori, in realtà, regala al pubblico una quantità di informazioni e sfumature che non vedrebbero mai se noi fossimo sempre, come di solito è, di profilo, interagendo tra di noi. Se io parlo a te come Stella tu ti senti Stella, e dovresti ascoltarmi come se fossi Stella. E c’è della gente che ci sta moltissimo».

Una cosa che mi ha colpito di questo spettacolo è che, per quanto sia tutto estremamente intenso, voi attori non sfruttate molto lo spazio del palco, vi muovete molto sul posto oppure state assolutamente immobili per moltissimi minuti caricando e scaricando tensione continuamente, come se foste delle pile umane. Tra l’altro questa tensione non si scarica mai completamente. Credo che un tipo di performance di questo tipo sia massacrante.

«Si, ma anche estremamente vitale perché per prima cosa è un gruppo straordinario di attori e persone quindi c’è moltissimo ascolto tra di noi, proprio un godimento relazionarci e crediamo molto in questo rischio. Ci vuole molta forza, bisogna essere molto forti perché non sempre il pubblico ci sta e quando non ci sta è una lotta corpo a corpo con il pubblico, la fatica di ieri sera è 6 volte quella di uno spettacolo normale perché noi sentiamo che non c’è risposta. Lo spettacolo è stato accolto benissimo, io ho già vinto due premi, Betta uno, Antonio, anche lui, l’Hystrio alla regia: dal punto di vista della critica siamo pieni di riconoscimenti ma soprattutto del pubblico, tranne un paio di occasioni in cui quasi sempre pubblico molto anziano che fa casino all’inizio per le luci perché non capisce che fanno parte della regia. Qualcuno se ne va sempre, ma ci sta: chi l’ha detto che il teatro lo devono fare tutti o vedere tutti? C’è gente che torna a vederlo anche 3, 4 volte, ha voglia di tornare a vederlo perché entra in altri piani: io ogni sera esploro altre cose, questo è estremamente interessante».

 

nr. 42 anno XVII del 1 dicembre 2012

Al comunale qualcuno è sceso… dal tram chiamato de (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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