È la provincia con il maggior numero di Americani stanziali e per questo è più internazionale di altre. È la provincia che ha uno dei tassi maggiori di stranieri sulla popolazione (il 16% a Vicenza città). Anche per questo è internazionale. È la provincia che dopo Milano e Torino (di poco sotto i Piemontesi) esporta maggiormente. Validi motivi per far pensare che i Vicentini guardino altrove. Ma il dato diffuso da Unioncamere questa settimana fa davvero riflettere.
In sostanza ogni vicentino nel 2011 produrrà mediamente 710 euro in più di valore aggiunto rispetto al 2010. È quanto emerge da uno studio di Unioncamere, presentato nel corso della 133a Assemblea dei presidenti delle Camere di commercio (Consiglio generale di Unioncamere) che indica la nostra provincia come tredicesima in Italia e prima del Veneto con oltre venti punti in percentuale in più rispetto alla media nazionale. Vicenza è inoltre la provincia italiana per la quale la maggior ricchezza deriva maggiormente dalla presenza sui mercati esteri. La percentuale derivante dall'export è infatti del 56%.
Lo studio in particolare mette in rilievo alcuni dati che riassumiamo. Ogni italiano produrrà mediamente 23.500 euro di valore aggiunto, che, al lordo dell’inflazione, significa 570 euro in più rispetto al 2010. La crescita, però, non sarà uniforme: Milano raggiungerà quota 35mila, aumentando la ricchezza prodotta dai cittadini di 1.360 euro. A tallonarla, Bologna e Belluno, destinate a crescere di oltre mille euro rispetto all’anno scorso. Sul fronte opposto, Imperia, Grosseto e Pesaro Urbino non registreranno alcun aumento del valore aggiunto procapite. Alla fine del 2011, quindi, Milano si confermerà alla vetta della classifica nazionale. Fanalino di coda resterà invece Crotone.
Imprese vicentine lungimiranti
Ne parliamo con Roberto Ditri, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega per l'internazionalizzazione.
Questo dato che ci fa sembrare quasi una provincia straniera...
«In realtà non fa che confermare alcuni temi che da tempo abbiamo posto al centro delle nostre analisi e delle nostre progettualità. Da anni la domanda interna è stagnante e le opportunità di crescita, per la nostra economia manifatturiera, dipendono quasi completamente su export e internazionalizzazione».
Il fatto nuovo è quello della crescita asimmetrica del commercio mondiale, che procede con dinamiche impetuose sui mercati non tradizionali, e in modo molto più lento su quelli che il nostro export serve di più, in particolare l'Europa.
Affrontare con successo i mercati emergenti e lontani ha richiesto e richiede un ripensamento strategico delle strategie di internazionalizzazione, la capacità di organizzare la propria presenza stabile e di innovare e personalizzare l'offerta produttiva.
I dati di Vicenza dimostrano la lungimiranza delle nostre imprese, che ben hanno compreso la necessità di supportare la propensione al commercio estero, da sempre caratteristica del manifatturiero vicentino, con adeguate forme di internazionalizzazione, commerciale e produttiva. Sono segnali che dimostrano anche la bontà delle strategie associative, con le quali supportiamo l'internazionalizzazione del nostro sistema, intuendo la capacità che questi processi hanno di arricchire e non di impoverire il tessuto produttivo della provincia».
Una breve valutazione dello stato attuale: andamento produzione export e settori che trainano maggiormente...
«Il 2010, rispetto al 2009, si è chiuso con una crescita di quasi il 17% del nostro export. Non siamo ancora tornati ai livelli del 2008 ma ci siamo ormai vicini. In questo dato c'è una crescita di quasi tutti i comparti industriali del vicentino, in primo luogo quella delle nostre eccellenze metalmeccaniche ed elettromeccaniche, per certi aspetti le più adatte ad intercettare la domanda dei Paesi BRICS e del mondo emergente.
Non trascurerei però quello che hanno saputo fare anche gli altri distretti industriali, a partire della concia che nel 2010 ha accresciuto il proprio export di oltre il 23%. Sono state buone anche le performance del tessile, della moda e di tutta la filiera agro-alimentare”.