NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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IL VIAGGIATORE. C’era una volta in Campo Marzo

Di fronte alla tristezza attuale del parco più antico di Vicenza un bar, pochi ricordi e briciole di sogni danno come somma… il Paradiso

di Stefano Ferrio

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IL VIAGGIATORE. C’era una volta in Campo Marzo

C’era una volta in Campo Marzo.

Che è come dire, parafrasando il famoso film di Sergio Leone, “C’era una volta in America”, tanta è la distanza ormai dilagata tra il presente e il passato a cui ci riferiamo.

Ma se in quel kolossal di trent’anni fa il re del West inventa la feritoia da cui, nel retro di un vecchio locale di New York, si può rivedere il passato dei protagonisti, oggi, nel parco che accoglie i viaggiatori in arrivo davanti alla stazione di Vicenza, è più arduo rinvenire qualcosa di simile. Dopo la chiusura della succursale della Biblioteca Bertoliana per un paio d’anni allestita dal Comune lungo viale Roma – coraggioso, ma troppo forzato tentativo di dare ancora un’identità a uno dei luoghi più antichi della città – Campo Marzo è una sorta di enorme bivacco, frequentato soprattutto da stranieri, pochi anziani, e qualche cittadino invogliato dallo sguinzagliare il proprio cane nell’apposita area dedicata agli animali. Ne consegue che la criminalità occupi le panchine, non manchino episodi di violenza come la recente, gravissima aggressione ai gestori del caffè Moresco, le forze dell’ordine abbiano il loro daffare con clandestini e spacciatori, e, soprattutto, aleggino su viale Dalmazia e dintorni ombre di pericolosità e disagio nocive per tutta Vicenza. Nulla di nuovo sotto il sole, se ripenso agli eroinomani che qui incontravo caldi di buco negli anni Settanta, o ai pedofili da cui, quando ero bambino, dovevano difendermi mia nonna e le mamme degli altri bimbi. Con la differenza che al giorno d’oggi tutto è mediaticamente più gonfiabile e manipolabile.

Restando al presente, fortuna vuole che, dalla parte verso Monte Berico e la salita di Santa Libera, i coraggiosi gestori del bar Smeraldo abbiano messo in piedi uno dei luoghi di ritrovo più utili e benemeriti della Vicenza dei nostri giorni, frequentato da scooteristi che vi trovano il loro animatissimo club, e da appassionati di musica periodicamente messi al cospetto di alcune fra le più ruspanti band del circondario. Proprio passando per lo Smeraldo, la frase “C’era una volta Campo Marzo” sta lì a suggerire che altro si potrebbe aggiungere al bar, la cui terrazza si popola di vocalist e chitarristi sulle orme dei Beatles saliti per il loro ultimo concerto sul tetto della Apple Records di Londra, e degli U2 lanciatisi a suonare la più incendiaria delle “Where the streets have no name” sopra un negozio li liquori della East 7h Street di Los Angeles.

Musiche tuttora perfette per riportare la memoria dei vicentini ai ragazzi che in questi prati giocavano ovunque a pallone, e alle angurie servite fino alle ore piccole dell’estate nei baracchini montati dalla parte del canale Seriola. Durante i week end capita anche ai nostri giorni di incrociare folti gruppi di stranieri che improvvisano una loro divertente partita “tutti contro tutti”, finendo ogni volta con l’evocare l’immagine di un altro, possibile e ben più godibile Campo Marzo. Dove tre o quattro porte da calcio, una bella rete da pallavolo buona anche per le fanciulle, e un paio di chioschi aperti fino all’una di notte sembrano, almeno sulla carta, sufficienti per riportare un minimo di armonia estiva fra i vicentini e questo loro secolare spazio verde, da sempre utilizzato per giochi, sagre e vari eventi popolari. Come le annuali attrazioni della “festa dei Oto”, di ritorno fra un mese, ma negli ultimi tempi meno frequentate dal pubblico un po’ a causa dei biglietti troppo cari, un po’ per un modello di divertimento passato di moda con i suoi belluini autoscontri e le sue scostumate frittelle.

Diverso resta l’impatto degli immortali cavallini e di altre giostre per i più piccoli, sempre amatissime perché estranee ai fragori di un ormai tramontato progresso, motorizzato e sensazionalistico. In modo che, dal bar Smeraldo al caffè Moresco, un nostro immaginario passeggio possa snodarsi fra caroselli di bastardini, liceali in concerto, tornei sportivi rigorosamente per brocchi, rinnovati tempietti della granatina ecologica, famigliole conversanti attorno ai loro bimbi appena messi in arcione, e magari, dulcis in fundo domenicale, una multietnica banda marciante che intona proprio “C’era una volta in America”.

Sembra poco, ma nello stesso tempo sembra un angolo di Paradiso. Luogo mai raggiungibile su questa terra.

Dove non ci resta che sognare, o forse ricordare cosa mai… “C’era una volta in Campo Marzo”.

 

nr. 27 anno XVII del 14 luglio 2012

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